Sharon, scoppia la polemica sul presunto killer: non sulle prove, ma sulle sue origini. E Avs non si smentisce
Dopo la confessione di Moussa Sangare: «Ho visto Sharon e l’ho uccisa» perché, rivela la procuratrice Rota, «sentiva l’impulso di accoltellare»; il rinvenimento nell’Adda di vestiti e coltelli, con la Procura che punta sulla premeditazione, il drammatico caso dell’omicidio di Sharon Verzeni, uccisa senza un perché, lo sconcerto e l’indignazione spostano i riflettori sul killer: con tutto il corollario di recriminazioni e strumentalizzazioni intestate al garantismo di segno politicamente corretto che non rendono giustizia alla vittima. Già, la vittima: una 33enne di cui si è inutilmente cercata qualche possibile ombra in una vita invece specchiata. Punteggiata da relazioni ordinarie. E vissuta negli ultimi 3 anni accanto a un compagno che, va sottolineato, non è mai stato indagato, seppure indagini e commenti non lo abbiamo risparmiato… E ora le speculazioni sulla nazionalità del killer di Sharon…
Omicidio Sharon Verzeni, scoppia la polemica sul presunto killer (sulla sua nazionalità)
Sì perché nei casi di femminicidio si indaga subito a stretto raggio nel giro delle parentele e delle conoscenze delle vittime. Oppure, si estende il campo e ci si ritrova, come in questa vicenda, alle prese con un violento che scaglia la propria ferocia su un soggetto qualunque. Se poi però emerge che il sospettato è uno straniero o – come nel fatto in oggetto, una persona di origini straniere ma con cittadinanza italiana – subito si aizza la canizza dei buonisti dem che evocano arbitrariamente sospetti di caccia alle streghe e ostracismo strisciante. E i confini si slabrano: finendo per delineare una impronta che, in nome dell’anticonformismo, finisce per diventare conformisticamente buonista nel senso più demagogico del termine.
Non sulle prove della sua colpevolezza, sul suo status anagrafico
E allora si spiega perché, al termine di una lunga estate calda passata a dibattere e disquisire su Ius scholae e Ius soli, e funestata dalla vicenda di cronaca arrivata da Terno d’Isola nella Bergamasca, per esempio, in poche battute su X Claudio Borghi, senatore della Lega, con riferimento al fermo del presunto omicida di Sharon Verzeni, rilevi tra le righe di un non detto, (che aprirebbe a una discussione infinita): «Oh, abbiamo i giornali che per una volta ci dicono la nazionalità di un criminale. È italiano. Si chiama Moussa Sangaré».
I post di Borghi e Ravetto sul vizio del politicamente corretto dei buonisti a tutti i costi
Così come, sempre dalla Lega, la deputata Laura Ravetto, responsabile del dipartimento Pari opportunità del partito, giustifica con una considerazione più ovvia che allusiva esiti delle indagini e considerazioni, sottolineando: «L’uomo sospettato di aver ucciso Sharon è stato identificato come un 31enne nato a Milano, di origine straniera, e con problemi psichici accertati. La giovane donna avrebbe perso la vita per mano di questo presunto assassino, apparentemente senza motivo. Un episodio tragico che devi farci riflettere. Davvero sono questi i nuovi italiani a cui aspiriamo?».
Omicidio Sharon Verzeni, il profilo (anagrafico) del presunto killer
Perché per essere italiano, anagraficamente Moussa Sangare lo è: ha la cittadinanza italiana… Così come è altrettanto inoppugnabile che sia un italiano di seconda generazione, con origini nordafricane. Nato a Milano da una famiglia di origine maliana, il 31enne viveva a Suisio, un paese della Bergamasca, distante appena cinque chilometri da Terno d’Isola. Un disoccupato con precedenti per maltrattamenti a madre e sorella. Una fotografia insomma, la sua, come tante di quelle scattate nei commissariati e nelle caserme del Bel Paese, di cui non c’è che prendere atto.
Il post di Salvini e il casus belli sulla nazionalità del killer
Senza scattare subito sul chi va là come fatto, per esempio, in queste ore da Luana Zanella, capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera. La quale, sentenziando sulle parole postate su Facebook dal leader della Lega, Matteo Salvini, ha immediatamente scatenato la caccia all’untore. Ma andiamo con ordine. Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, alla notizia del fermo dell’uomo in biciletta accusato di essere il killer di Sharon Verzeni, ha commentato online: «Fermato Moussa Sangare, origini nordafricane e cittadinanza italiana, sospettato di aver assassinato la povera Sharon. Spero venga fatta chiarezza il prima possibile e, in caso di colpevolezza, pena esemplare, senza sconti. Complimenti ai Carabinieri!».
La levata di scudi di Avs
Una ricognizione sugli eventi che però l’esponente Avs pensa prontamente di impugnare con piglio “politicamente corretto”: «Ovviamente Matteo Salvini ha già sentenziato la colpevolezza di Moussa Sangare, chiedendo pena esemplare, cioè potenziata? Ciò che è orribile nel suo post è il tentativo di accreditare una origine etnica del femminicidio»… Ci si permetta allora solo di sottolineare che il post di Salvini ci sembra limitarsi ad elencare i fatti: quelli anagrafici del sospetto omicida reo confesso, innanzitutto. E ci si consenta, nel frattempo, di confermare quanto adombrato dal senatore Borghi: i giornali (e sovente anche le agenzie di stampa), spesso non indicano appositamente la specifica della nazionalità del fermato, specie se il soggetto in questione è uno straniero.
A voi le conclusioni…
Infine, per completezza dell’informazione e obiettività, va riportato quanto segnalato dall’Ansa sul caso Verzeni e sul fermo dell’uomo in bicicletta: «All’identificazione del fermato hanno collaborato due cittadini stranieri che si trovavano su luogo. Le due persone che hanno collaborato alle indagini sono “cittadini stranieri di origine marocchine inseriti nel territorio, incensurati. Due lavoratori, due onesti cittadini che si trovavano sul luogo del delitto». Dato che nessuno ha interesse a censurare. Ora traete voi le conclusioni…