125 anni fa l’inizio della battaglia di Fiume: il Vate e quell’impresa mancata rimasta nella storia

12 Set 2024 17:26 - di Giulia Giani
Fiume

125 anni fa Gabriele D’Annunzio si mise alla testa di un gruppo di volontari e iniziò la battaglia di Fiume, per la restituzione del territorio all’Italia. Una battaglia che di fatto sarebbe durata 15 mesi concludendosi con la creazione di uno Stato autonomo.

D’Annunzio e l’impresa di Fiume

L’intento fu quello di proclamare l’annessione della città all’Italia forzando in tal modo la mano ai delegati delle potenze vincitrici della prima guerra mondiale, all’epoca impegnati nella Conferenza di pace di Parigi. La spedizione fu capeggiata da Gabriele D’Annunzio e organizzata da una coalizione politica guidata dall’Associazione Nazionalista Italiana, cui parteciparono esponenti del mazzinianesimo, del Futurismo e del sindacalismo rivoluzionario. L’occupazione iniziò il 12 settembre 1919 e durò 16 mesi con alterne vicende, tra cui la proclamazione della Reggenza italiana del Carnaro. Quando i ribelli si opposero al trattato di Rapallo, il governo italiano sgombrò la città con la forza durante il Natale 1920, per permettere la creazione dello Stato libero di Fiume.

La lettera a Mussolini

Ai primi di settembre D’Annunzio garantì ai cospiratori che il 7 settembre avrebbe raggiunto Ronchi per guidare il ritorno dei granatieri a Fiume. I molti dubbi e un’improvvisa influenza lo costrinsero a onorare l’impegno solo l’11 settembre 1919.

Prima di partire, D’Annunzio informò uno dei principali sostenitori della ribellione adriatica: Benito Mussolini, direttore del giornale Il Popolo d’Italia e fondatore dei Fasci italiani di combattimento.

“Mio caro compagno, il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d’Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile… Sostenete la Causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio”.

La carta del Carnaro

Un anno dopo Il Vate promulgò la Carta del Carnaro, una sorta di sindacalizzazione di Fiume che rimase solo come atto formale e politico e non fu mai attuata.

Già nella Premessa vi si affermava la chiara volontà di entrare a far parte integrante dello Stato Italiano e allo stesso tempo, consequenzialmente, l’italianità di Fiume e vi si sosteneva un futuro stato rivoluzionario-corporativo. Proprio dalla Carta del Carnaro “dannunziana” anche il regime fascista in seguito prenderà spunto per la propria dottrina politica economica riproposta nella Carta del lavoro del 1927, dove attraverso la politica del corporativismo si voleva istituire un sistema antagonista nei confronti sia della società capitalistica che di quella marxista.

Fiume rimase una sconfitta per D’Annunzio. E insieme, la consapevolezza di un atto ardito reso immortale proprio dalla mancata vittoria.

 

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