Il libro. Riscoprire il “Pensiero forte” di Kelsen per comprendere la crisi della democrazia
Può esistere la democrazia senza i partiti? E possono esistere i partiti in assenza di comunità umane e ideali vive e attive? E che valore potranno avere i parlamenti in futuro se le organizzazioni partitiche hanno deciso di trascurare sistematicamente la funzione della rappresentanza che è stata loro affidata? Si tratta di interrogativi che meritano risposte urgenti e – allo stesso tempo – riflessioni profonde. Alberto Cardillo, che tra le altre cose è il presidente per la provincia di Catania di Fratelli d’Italia, tenta di sciogliere la matassa evocando Hans Kelsen (1881-1973), il teorico della reine rechtslehre, la «dottrina pura del diritto». Ovvero: il padre delle Corti costituzionali, del moderno parlamentarismo e dei principi che, dal dopoguerra in poi, regolano il diritto internazionale.
Il libro su Hans Kelsen
Il libro ha per titolo Pensiero Forte. Viaggio con Kelsen nella crisi della Democrazia ed è pubblicato da Bonfirraro editore. La prefazione è a cura del presidente del Senato, Ignazio La Russa. All’interno ci sono i contributi di Gaetano Galvagno (presidente Ars), Saro Sorace (giornalista e politico di formazione socialista), Salvo Andò (giurista e ministro della Difesa a cavallo delle Stragi di mafia) ed Enzo Trantino (già parlamentare di Alleanza nazionale).
Kelsen, probabilmente, non è mai stato tra i pensatori più frequentati dalla destra politica e culturale. Anzi, non lo è stato affatto. Da quelle parti, ben prima che a sinistra cominciassero a studiarlo, si preferiva leggere l’alter ego Carl Schmitt. Un’opzione che – c’è da scommettere – resterà immutata per tanto tempo ancora. Ciò non significa però che il saggio di Cardillo sia un colpo di pistola sparato a salve, tutt’altro. Segnala semmai come la strada imboccata dal partito guidato da Giorgia Meloni sia battuta con serietà anche dai suoi quadri territoriali.
La via del conservatorismo
La via del conservatorismo. Un percorso che impone un confronto serrato e allo stesso tempo critico, con gli statuti epistemologici delle liberal-democrazie. Statuti entrati anch’essi in crisi a causa di quella trasformazione avvenuta nei nostri sistemi istituzionali, che hanno optato gradualmente per la riconfigurazione – per dirla con Carlo Galli – nelle democrazie-liberiste. Un passaggio epocale che deve essere ancora metabolizzato e capito dai più.
La destra politica dimostra però di avere le antenne tese, tentando di correre ai ripari. In un certo qual senso, le riforme messe in cantiere dal governo Meloni sul versante del fisco, della giustizia, del premierato elettivo e dell’autonomia differenziata si muovono nella direzione di riportare equilibrio tra i poteri dello Stato e rimettere al centro del motore politico il demos. Quel popolo, cioè, che dà senso e valore tautologico alla ricetta democratica. Venisse compresso da certi media (che preferiscono invece sventolare un allarme fascista privo di sostanza filosofica) anche il dibattito pubblico avanzerebbe nelle direzioni della profondità e della credibilità.
La prefazione di La Russa
Ed è La Russa a sottolinearlo: «Oggi più che mai – si legge nella prefazione – i media possono raggiungere ogni angolo del pianeta, ma anche condizionare le principali dinamiche sociali, economiche persino politiche, favorendo anche disinformazione e mostri mediatici come le fake news. Potenzialità che aprono a nuovi interrogativi etici a cui tanto la politica quanto tutti coloro che lavorano in questi ambiti, devono dare risposte rapide e risolutive a presidio della nostra democrazia e della nostra libertà»