La strage di Paderno e l’omicidio Verzeni, gli esperti: “No all’equazione violenza uguale malattia”

8 Set 2024 15:00 - di Redazione
La strage di Paderno e l'omicidio di Sharon

La strage di Paderno, dove un ragazzino ha sterminato la famiglia, e l’omicidio di Sharon Verzeni, sono avvenuti senza un apparente motivo. Viene chiamata in causa la psichiatria e la possibilità che gli autori avessero un disturbo mentale. Ma molti hanno sottolineato come la violenza, anche quella più inspiegabile, faccia parte dell’essere umano e come siano necessari interventi educativi. Ii criminologoRolando Paterniti, autore di importanti perizie, e Paolo De Pasquali, e Donatella Marazziti, docente di psichiatria a Pisa, hanno affrontato con Il Secolo le due vicende di cronaca.

La strage di Paderno e l’omicidio Verzeni: “La violenza non è malattia mentale”

Paterniti sottolinea come, ” è indispensabile ricordare che in psichiatria ogni valutazione necessita del rapporto diretto con il paziente e che qualunque opinione rimane solo ipotetica in mancanza del colloquio clinico. Nessuno può esprimere pareri scientifici sulla base di scarne notizie apprese dai giornali o dalla tv”.

“Respingo in ogni caso l’equazione “malattia mentale= violenza”. Molto più spesso i pazienti psichiatrici sono vittime piuttosto che autori di violenza”.

“Il raptus non esiste “

Il criminologo sottolinea che, “La violenza di per sé è un comportamento umano che prescinde dalla malattia mentale. Spesso viene invocato il termine “raptus” per tentare di spiegare la motivazione degli omicidi ma quello è un termine popolare che non ha riscontro in psichiatria. Le droghe usate oggi tendono a slatentizzare comportamenti violenti e a ridurre drasticamente la tolleranza alla frustrazione”.

“Attenzione ai modelli culturali”

Nel caso specifico di Sharon Verzeni, Paterniti dice: “Non sappiamo quanto abbia pesato un eventuale  abuso di sostanze stupefacenti e quanto una malattia mentale. Sappiamo che l’uomo ha scelto di uccidere la persona più fragile, cioè una donna che camminava da sola di notte, e questo può discendere anche da modelli culturali che poco hanno a che fare con la malattia mentale. Inoltre, risulta che l’uomo era già stato segnalato per comportamenti disturbanti e maltrattamenti senza che nessuno sia intervenuto”.

“Su Paderno aspettare prima di giudicare”

“Per quanto riguarda la strage di Paderno-continua Paterniti- bisogna ricordare che la psicopatologia non si presenta sempre secondo i criteri diagnostici del DSM (manuale di classificazione per le malattie mentali): ci sono forme di psicosi che si presentano con scarsi sintomi clinici e con un funzionamento sociale pseudo normale. Per questo motivo non è possibile esprimere non solo un giudizio ma nemmeno un orientamento diagnostico senza prima aver incontrato e visitato il soggetto”.

“Evitare l’effetto emulazione”

Rolando Paterniti precisa un fatto importante: “L’uccisione di familiari da parte di giovani ci sono sempre state anche se ne avevamo scarse notizie: bisogna evitare l’effetto emulazione che può suggestionare molti giovani fragili che non riescono a controllare le proprie emozioni, in particolare quelle di rabbia, frustrazione e gelosia”.

“Quando ho sentito la notizia di Paderno mi è tornato alla mente un caso avvenuto nel 1835 in Francia in cui un giovane uccise la madre, la sorella ed il fratello. Questo caso è stato magistralmente descritto da Michel Foucault nel suo libro: “Io, Pierre Rivière, avendo sgozzato mia madre mia sorella e mio fratello…”.

Il criminologo parla anche del narcisismo: “Riguardo all’abuso del termine narcisismo si può dire che viviamo immersi in una ‘società narcisistica’ in cui ciascuno pretende il suo momento di notorietà e può ottenerlo facilmente attraverso i social. Si vive, cioè nella società dell’apparenza. In ogni caso bisogna distinguere tra aspetti narcisistici di competenza sociologica e disturbo di personalità narcisistico di competenza psichiatrica”.

Marazziti: “In nessuno dei due casi si può parlare di follia”

“Non voglio avventurarmi in conclusioni azzardate ma ritengo sbagliato derubricare fatti gravissimi come la strage di Paderno o l’omicidio di Sharon a fatti psichiatrici: c’è un male che esiste da sempre e, purtroppo, se c’è una cosa in cui l’uomo eccelle è quella di ammazzare il suo prossimo”. Lo afferma Donatella Marazziti, docente di psichiatria a Pisa.

“Per Sharon Verzeni e per le vittime di Paderno c’è stato il comune denominatore della ‘mancanza di movente’. Ancora più singolare quando un ragazzo stermina la sua famiglia. Ma, ripeto, senza per questo anticipare giudizi, non vedo follia ne nell’uno, ne nell’altro caso. C’è una banalità del male storica- aggiunge Marazziti- e , nel caso di questo ragazzo, le sue possibilità di recupero passano anche e soprattutto attraverso il ‘castigo’: la funzione della pena è questa. I casi in cui sono coinvolti disturbi mentali sono pochissimi-conclude Marazziti- mentre la violenza è un problema sociologico ed educativo che viene trascurato da sempre”.

De Pasquali: “Sangare potrebbe essere un serial killer”

Paolo De Pasquali, anche lui importante criminologo , parla dell’ipotesi che Sangare possa essere un serial killer: “Sangare in effetti ha tutte le caratteristiche di un serial killer: fantastica negli anni l’omicidio, immagina come realizzarlo, si allena con una sagoma umana, sceglie una vittima a caso ma facile da colpire, è freddo e spietato nell’uccidere, non ha sensi di colpa. Inoltre ha detto di aver conservato il coltello con cui ha ammazzato allo scopo di rivivere nel tempo l’emozione gratificante ottenuta con l’omicidio (in criminologia si definisce feticcio). Non penso che in passato avesse già commesso altri omicidi, come qualcuno ipotizza (Gianna del Gaudio, ex insegnante 63 anni e Daniela Roveri, manager di 48 anni, accoltellate a distanza di pochi mesi nel 2016 in quelle zone: due casi ancora aperti), ma è possibile che avrebbe continuato ad uccidere, se non fosse stato fermato. E’ da considerarsi un serial killer potenziale, pericolosissimo, irrecuperabile sul piano sociale, che non dovrebbe mai più uscire di galera, nemmeno per permessi premio o per misure alternative alla detenzione, che gli consentirebbero di tornare anche parzialmente in libertà. In sostanza la sua è una pericolosità sociale perenne”.

“I narcisisti e l’antisocialità e l’uso di droghe”

Sul ragazzo di Paderno, De Pasquali dice che, “Tipicamente questi soggetti schizoidi, dopo l’uccisione dei propri familiari, non provano alcun sentimento: né senso di colpa, né rimorso, né dolore per quanto hanno commesso”. Sugli omicidi senza movente, De Pasquali aggiunge che, “Nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte a disturbi di personalità molto profondi, il più delle volte di tipo borderline o narcisistico, in una minoranza dei casi a quadri psicotici di tipo schizofrenoide” e mette in guardia dall’uso delle droghe, che “slatentizzano violenza e impulsività”.

“Non esiste la famiglia da mulino bianco”

“Spesso- continua De Pasquali, allievo di Francesco Bruno, considerato uno dei più grandi criminologi italiani- nei casi di stragi in cui un membro della famiglia, all’improvviso e senza alcun preavviso, nel cuore della notte, stermina l’intero nucleo familiare, si parla nei termini di famiglia modello, unita, al cui interno non c’erano mai screzi, in cui la mattina tutti uscivano insieme, con il padre che dà il bacio sulla fronte ai figli che vanno a scuola e abbraccia affettuosamente la moglie prima di andare al lavoro… In realtà questi quadretti idilliaci possono nascondere realtà ben diverse, invisibili all’esterno, ignote finanche ai familiari più stretti. Ciò detto, va premesso che del drammatico episodio in oggetto sappiamo ancora ben poco, per cui le mie considerazioni si basano esclusivamente sui dati a nostra disposizione e sulla mia esperienza di psichiatra forense, che ho riportato nel volume “L’orrore in casa” e soprattutto, per quel che riguarda la presente fattispecie, in “Figli che uccidono”.

“Le poche parole che ha pronunciato il giovane famiglicida -conclude De Pasquali-sono indicative del grave disagio che egli provava ad insaputa di tutti. Al di là di un apparente buon funzionamento sociale e scolastico, di normali relazioni interpersonali, dello svolgimento di attività sportive anche a discreti livelli, emerge una profonda e lacerante sofferenza interiore, abnorme, che trascende dalla abituale sofferenza di molti adolescenti “in rotta” col mondo e con la famiglia”.

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