Lo scossone di Draghi delude la sinistra: “La Ue deve riformarsi se non vuole spegnersi”

9 Set 2024 14:49 - di Stefania Campitelli

Cambiamento radicale, doppio piano Marshall, stop all’eterno rinvio, semplificazione e concretezza. Sono le parole chiavi del Rapporto di Mario Draghi sul futuro della competitività europea, presentato a Bruxelles insieme alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Due documenti, uno riassuntivo di una sessantina di pagine e l’altro approfondito di oltre 300 pagine. La relazione, che non ha fatto sconti all’Unione e alle sue criticità, “ha il merito innegabile – ha commentato il capodelegazione di FdI al Parlamento europeo, Carlo Fidanza – di richiamare l’Ue alla concretezza delle grandi sfide e di scrivere finalmente la parola fine su una stagione dominata troppo a lungo da una dannosa ideologia ultra-ambientalista e anti- industriale”. “Serve una nuova stagione di concretezza e pragmatismo per rilanciare competitività e produttività delle aziende europee dopo la sbornia ideologica di questi anni”, ha proseguito Fidanza, focalizzando il cuore del rapporto.

Ue, il Rapporto di Draghi: uno scossone allo status quo

“Questo rapporto – ha ricordato l’ex numero uno delle Bce – arriva in un momento difficile per il nostro continente. Dobbiamo abbandonare l’illusione che solo rimandando si possa preservare il consenso. In realtà, la procrastinazione ha solo prodotto una crescita più lenta. E di certo non ha prodotto alcun consenso. Siamo arrivati al punto in cui, senza agire, dovremo sacrificare il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà”.

Parole forti e uno scossone per i portabandiera dello status quo. “L’Ue esiste per garantire che gli europei possano sempre beneficiare di questi diritti fondamentali. Se l’Europa non sarà più in grado di garantirli avrà perso la sua ragione d’essere”, scrive Draghi nell’introduzione al suo Rapporto. “L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale. L’unico modo per diventare più produttiva è che l’Europa cambi radicalmente”. La linea è tracciata. Costosa, ma necessaria e urgente. “Sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell’Ue nel 2023. Per fare un paragone, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all’1-2% del Pil dell’Ue”, si legge ancora.

L’Europa deve cambiare radicalmente o si spegnerà

“Abbiamo detto molte volte che la crescita sta rallentando, ma lo abbiamo ignorato. Fino a due anni fa non avremmo mai avuto una conversazione del genere perché in genere le cose andavano bene. Ma ora non possiamo più ignorarlo: le condizioni sono cambiate”, dice ancora l’ex numero uno della Bce. “Il differenziale tra la crescita economica negli Usa e quella nell’Ue si è ampliato negli ultimi anni, e a pagarne il prezzo sono le famiglie europee. L’Europa si preoccupa del rallentamento della crescita dall’inizio di questo secolo”, dice Draghi, sottolineando che “si sono avvicendate varie strategie per aumentare i tassi di crescita, ma la tendenza è rimasta invariata”.

Aumentare i finanziamenti e concentrarli sul iniziative comuni

Il rapporto di Draghi (che fonti del Ppe hanno definito un bazooka) raccomanda di “aumentare i finanziamenti europei” per la Ricerca e Sviluppo (R&S) nel campo della difesa e di concentrarli su “iniziative comuni”. Un approccio “rivoluzionario” da svilupparsi con nuovi programmi e una proposta di progetti europei di difesa di interesse comune “Nessuno Stato membro – dice Draghi – può finanziare, sviluppare, produrre e sostenere efficacemente tutte le capacità e le infrastrutture necessarie per mantenere la leadership nelle tecnologie più avanzate di oggi”.  L’emissione di asset comuni su base più sistematica coinvolge necessariamente le regole di bilancio. “L’aumento del debito comune  deve essere accompagnato da un percorso più sostenibile del debito nazionale”.

Cooperazione, rimuovere gli ostacoli e armonizzare regole e leggi

Anche sul capitolo cooperazione la “ricetta” è chiara: rimuovere gli ostacoli, armonizzare regole e leggi e coordinare le politiche. “Esistono diverse costellazioni nelle quali possiamo avanzare. Ma ciò che non possiamo fare  – scrive Draghi – è non avanzare affatto”. A breve termine, l’Ue deve attuare la legge sulle materie prime critiche. Il rapporto raccomanda d’integrare questa legge “con una strategia globale che copra tutte le fasi della catena di approvvigionamento dei minerali critici, dall’estrazione alla lavorazione al riciclaggio”. Per rafforzare la posizione europea  nella fase di approvvigionamento, si propone di creare “una piattaforma europea dedicata alle materie prime critiche”. Un cambio di marcia più volte sollecitato dal governo  Meloni.

Riformare il bilancio a sostegno dei privati

Il bilancio dell’Ue deve essere riformato e semplificato, “oltre a essere meglio sfruttato per sostenere gli investimenti privati”.  Nel Rapporto, con buona pace della sinistra fan e vittima dell’Agenda Draghi, non mancano bordate “all’atteggiamento regolatorio” dell’Ue nei confronti delle compagnie tecnologiche che ostacola l’innovazione. “L’Unione europea, con la sua produzione legislativa in ambito tecnologico, che costringe le aziende a dedicare sempre più persone alla compliance, sta uccidendo le proprie piccole imprese attive nei settori più avanzati dell’economia. Che non possono permettersi uno sforzo simile, a differenza dei colossi del settore, peraltro non europei”.

Reagire alle dipendenze che generano vulnerabilità

Anche sul piano geopolitico Bruxelles deva cambiare marcia e “reagire a un mondo meno stabile, dove le dipendenze stanno diventando vulnerabilità. Non può più fare affidamento sugli altri per la sua sicurezza. Decenni di globalizzazione – continua Draghi – hanno prodotto un livello elevato di interdipendenza strategica tra le principali economie, aumentando i costi di qualsiasi rapido disimpegno. Ad esempio, mentre l’Ue dipende in gran parte dalla Cina per i minerali critici, la Cina dipende dall’Ue perché assorba la sua sovraccapacità industriale”.

 

 

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