Roma Tre, laboratorio trans per minori: Pro Vita deposita 35mila firme e Rampelli sfida il rettore

28 Set 2024 16:27 - di Elsa Corsini

Dopo giorni di polemiche il Laboratorio trans e gender per bambin* (con l’immancabile asterisco) promosso dall’Università Roma Tre, con il via libera del Comitato etico, si è svolto. Ma in semi-clandestinità. Il progetto, finito nel mirino di FdI (con la denuncia di Fabio Rampelli) e di Pro Vita e Famiglia è semi scomparso. Nessuno sa dove si è svolto il laboratorio. “Si è tenuto questa mattina, in una sede concordata dai ricercatori direttamente con le famiglie”, fanno sapere dall’Ateneo. Insomma si sono nascosti dopo il clamore? Il pressing però non si ferma.

Laboratorio transgender, Pro Vita consegna le firme

Pro Vita e Famiglia in mattinata ha consegnato al rettorato – tramite mail Pec – le oltre 35.000 firme raccolto per dire no al laboratorio. “Chiediamo al Rettore Massimiliano Fiorucci di pubblicare i documenti e i verbali prodotti dal Comitato etico che ha dato il suo ok all’iniziativa”. Così Jacopo Coghe, portavoce dell’associazione. “Cittadini e famiglie hanno il diritto di sapere su quali basi, argomenti e presunte evidenze scientifiche il Comitato ha detto sì a questo laboratorio. Che tra l’altro, per stessa ammissione del Rettore. vuole essere una “ricerca esplorare territori di confine, lungo i quali non sono consolidate conoscenze adeguate”. Dunque un esperimento sulla pelle di bambini che vanno dai 5 ai 14 anni, con la netta impronta ideologica Lgbtqia+ dei suoi promotori”.

Rampelli sfida il Rettore che minaccia di portarlo in tribunale

Dopo l’interrogazione alla ministra dell’Istruzione Anna Maria Bernini (che ha fatto sapere che il progetto è un’iniziativa autonoma di Roma Tre) Rampelli torna a incalzare il rettore. “Università e scuole non possono essere campo politico e ideologico per promuovere l’Agenda Lgbtqia+. Come spesso vediamo con l’adozione della carriera alias, dei bagni neutri, di progetti gender, con finanziamenti a iniziative di associazioni arcobaleno e con finte ricerche scientifiche. Ecco perché chiediamo ai ministri Valditara e Bernini azioni concrete per fermare l’ideologia gender in tutte le sue forme dalle scuole e dalle università”.

Fuori l’ideologia gender da università e scuole

Poi la sfida diretta del vicepresidente della Camera, dopo la notizia che l’università si riserva “il diritto di adire le vie legali” per tutelare la presunta disinformazione.  “Bene – risponde il deputato di FdI –  se citato a giudizio sarò pronto a rinunciare all’insindacabilità parlamentare, se il signor rettore non impegnerà nella causa i fondi dell’ateneo. Ci sarò”. Nell’attesa, incalza con tre domande. Il rettore ha comunicato che “le attività proposte durante l’incontro non fanno riferimento diretto all’espressione di genere dei bambini e delle bambine”. “Domanda: perché allora usare la parola ‘laboratorio per bambin* trans’ nella locandina dell’evento?” E ancora – prosegue Rampelli – “Leggiamo che le 7 famiglie, che hanno scelto volontariamente di partecipare, svolgono già da tempo attività di questo tipo all’interno di un’associazione. Di quale associazione parla il rettore? Nella locandina non compare alcuna associazione. Forse – chiede il parlamentare di FdI – ci si riferisce a quella in cui opera la dottoressa Michela Mariotto, che tratta famiglie con figli transgender e che è promotrice del laboratorio stesso?”

Le tre domande irrisolte all’ateneo romano

Nel comunicato si dice che le 7 famiglie sarebbero scosse dal clamore mediatico scoppiato intorno a questo laboratorio. Domanda di Rampelli: “E della preoccupazione delle altre 15 milioni senza asterischi il rettore non si preoccupa nel ruolo pubblico che riveste?. Poi la questione dei fondi. “Se è vero che questo laboratorio ‘non è finanziato’ – aggiunge il parlamentare – chi pagherà per il locale, le utenze e gli strumenti utilizzati? È vero che un componente della commissione è anche il capo coordinatore del progetto della Mariotto? Non si configura un conflitto d’interessi?”. E ancora: “È vero che il Comitato etico che avrebbe autorizzato il progetto è composto da tre professori emeriti (cioè in pensione) di Diritto internazionale, filosofia del diritto e di Storia contemporanea, oltre a un avvocato penalista e a una docente di Storia del Teatro?”. “Se sì – conclude Rampelli – possiamo conoscere le attinenze con l’etica, la bioetica e la psicologia? In questo Comitato è garantito il pluralismo ovvero sono presenti tutte le sensibilità culturali? Mi auguro che si abbia l’umiltà di ammettere di aver commesso un errore grave. E spero che il rettore possa rispondere a tutti questi interrogativi. Con o senza tribunale”.

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