Su Fitto solo “Repubblica” vede la disfatta dell’Italia. Perfino il “Manifesto” la smentisce
Mistero Fitto, in Italia, lato sinistro della politica. I giornali di questa mattina sono tutti più o meno d’accordo sulla vittoria dell’Italia e di Giorgia Meloni nella battaglia per le poltrone europee, con la nomina alla vicepresidenza esecutiva e la delega alla Coesione e alle Riforme di Raffaele Fitto. Poi gli accenti sono diversi, nell’interpretazione politica della svolta di Bruxelles: c’è chi parla di compromesso della Von der Leyen, per non perdere il sostegno dell’Italia, chi pone l’attenzione sulla rabbia e sulle minacce della sinistra europea per la “svolta a destra”, chi invece pesa il portafoglio dell’esponente italiano valutandone il possibile impatto sui conti italiani. La lettura sul “massimo risultato” possibile ottenuto dal governo italiano, per un Paese che non ha votato il programma della Von der Leyen, è più o meno unanime, perfino in giornali come Il Manifesto, organo che ancora si definisce comunista, che ovviamente si duole della sterzata a destra della commissione Ue, a conferma, come detto, che la Meloni qualcosa, se non molto, ha portato a casa.
La nomina di Fitto non piace a “Repubblica”
A sorpresa, ma non troppo, “Repubblica” invece critica fortemente l’operazione-Fitto, titolando a tutta pagina che l’Italia ha perso, è più debole, che ha vinto la Von der Leyen e roba del genere. “Una Commissione ‘Ursulacentrica con due satelliti: la Francia e la Spagna. Il resto è accessorio. Nasce così il bis di von der Leyen con sei vicepresidenti, tutti esecutivi (ossia con poteri di coordinamento rispetto agli altri commissari) tra cui Raffaele Fitto. Una “medaglia” che viene lucidata dal governo Meloni come se fosse aurea ma che invece è composta da una lega molto spuria. Il treno di testa dell’Unione europea viene infatti affidato alla locomotiva tedesca della presidente e ai due vagoni di Parigi e Madrid. L’Italia, esce di fatto dal cosiddetto triangolo che guidava l’Europa, e ottiene il distintivo della vicepresidenza esecutiva ma con un portafoglio molto debole, imparagonabile a quelli degli alleati franco-spagnoli. E soprattutto riconsegna gli Affari economici ad uno dei commissari uscenti più “falchi” (il lettone Dombrovskis). Il governo Meloni ottiene dunque una vittoria politica per conto dell’Ecr ma una sconfitta in relazione al Paese o a quello che si potrebbe definire ‘interesse nazionale’…“. Vabbè. Se lo dice “Repubblica”, forse è meglio passare al “Manifesto”…