Accuse transatlantiche: Trump denuncia il Labour di Starmer per «sfacciata» ingerenza elettorale
Un nuovo capitolo delle elezioni presidenziali americane si apre con l’accusa partita direttamente dal quartier generale di Donald Trump, di «sfacciata» interferenza del Partito Laburista britannico. L’ex presidente, ora di nuovo in corsa, ha puntato il dito contro il primo ministro Keir Starmer, reo di aver permesso ai volontari del suo partito di collaborare apertamente con la campagna della vicepresidente Kamala Harris. Un’accusa che ha subito fatto il giro di Washington, con il team di Trump che ha presentato una denuncia ufficiale alla Federal Election Commission (Fec), chiedendo un’indagine approfondita su quelli che definisce «contributi illegali» da parte del Labour.
Attivisti stranieri e campagne elettorali: un dejavù
La collaborazione tra attivisti stranieri e campagne elettorali americane non è una novità: è consuetudine che i volontari del Partito Laburista, storicamente affiliato ai Democratici, si muovano oltre oceano in periodi di elezioni. Basterebbe ricordare che anche l’attuale segretaria del Pd, Elly Schlein aveva fatto pratica proprio tra i Dem durante le due campagne Obama. Tuttavia, questa volta la denuncia di Trump accende i riflettori su un caso specifico. Stando a fonti anonime del governo britannico, alcuni consiglieri di alto livello del Labour avrebbero incontrato strateghi democratici negli ultimi mesi, forti del successo elettorale registrato a luglio. L’obiettivo? Esportare la strategia vincente che ha permesso a Starmer di riconquistare le ex aree industriali perse nel 2019.
Dalla Trump Tower alle accuse di ingerenza
Il leader British, nel frattempo, ha minimizzato l’accaduto, sostenendo che «Lo stanno facendo nel loro tempo libero, lo stanno facendo come volontari, stanno pensando con altri volontari laggiù». Aggiungendo: «È davvero semplice». Tuttavia, nonostante The Donald abbia elogiato Starmer lo scorso settembre durante un incontro alla Trump Tower, rimane saldo il suo legame con la destra britannica, da Boris Johnson a Nigel Farage. Ora, però, la denuncia rischia di mettere a dura prova questo fragile equilibrio diplomatico, trasformando quello che sembrava al tempo un sorriso di circostanza in aria tesa.
La legge sugli agenti stranieri
La questione si gioca sulla sottile linea tra volontariato e contributi finanziari. Secondo la legge americana, infatti, i cittadini stranieri possono partecipare come volontari nelle campagne elettorali, ma non possono contribuire finanziariamente. Il nodo centrale è proprio qui: la campagna di Trump ha citato un post su LinkedIn, poi cancellato, di Sofia Patel, responsabile operativa del Labour party, in cui si affermava che quasi 100 tra membri attuali ed ex del partito si sarebbero recati negli States nelle prossime settimane per sostenere Harris. Patel aggiungeva di avere ancora dieci posti liberi in North Carolina, annunciando: «sistemeremo noi il tuo alloggio».
Le dichiarazioni non convincono
Il Labour ha prontamente replicato che qualsiasi partecipazione sarebbe stata a spese dei singoli membri, con l’alloggio fornito da altri volontari. Le dichiarazioni non convincono: troppo vicine alla linea rossa delle regole elettorali statunitensi anche per la Fed, che in passato aveva multato la campagna di Bernie Sanders dopo che il Labour australiano pagò voli e cibo dei suoi volontari per recarsi negli Usa.
“L’interferenza è sotto gli occhi di tutti”
Il team di Trump non ha mancato di sottolineare, con tono polemico, che chi cerca interferenze straniere nelle elezioni americane «deve guardare oltre il post di LinkedIn… L’interferenza è sotto gli occhi di tutti». In un comunicato stampa dal titolo evocativo «The British are coming», ha ulteriormente accusato il partito di estrema sinistra inglese di ispirare «le politiche e la retorica pericolosamente liberali di Kamala».