Assange rompe il silenzio al consiglio d’Europa: “Il giornalismo non è un crimine”

1 Ott 2024 18:53 - di Laura Ferrari
Julian Assange

”Alla fine ho scelto la libertà, piuttosto che una giustizia irrealizzabile”: ancora provato dalla lunga detenzione, il fondatore di Wikileaks Julian Assange parlando a Strasburgo davanti a una commissione del Consiglio d’Europa in quello che è stato il suo primo intervento pubblico da quando è stato rilasciato carcere di massima sicurezza di Belmarsh a est di Londra a giugno.

“Oggi sono libero dopo anni di carcere perché mi sono dichiarato colpevole di giornalismo, di aver cercato informazioni da una fonte, di aver ottenuto informazioni da una fonte e di aver informato il pubblico su queste informazioni”, ha affermato Assange parlando accanto alla moglie.

“Non sono ancora pienamente pronto a parlare di ciò che ho sopportato”, ha affermato Assange a proposito della battaglia legale che ha dovuto affrontare per 14 anni. “L’isolamento ha lasciato il segno e sto cercando di superarlo”, ha aggiunto riferendosi alla detenzione nel carcere londinese dove è stato trasferito nel 2019 dopo aver trascorso sette anni all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador.

Julian Assange è sotto accusa da 14 anni

L’udienza è stata promossa dalla Commissione per gli affari giuridici e i diritti umani dell’Assemblea del Consiglio d’Europa, nel contesto di una relazione sull’argomento. In un recente progetto di risoluzione, basato sullo stesso rapporto, il comitato ha espresso profonda preoccupazione per il trattamento sproporzionatamente duro riservato ad Assange, mettendo in guardia dal suo “effetto agghiacciante” e ha invitato gli Stati Uniti, uno stato osservatore del Consiglio d’Europa, ad indagare su presunti crimini di guerra e violazioni dei diritti umani rivelati da Assange da Wikileaks.

La commissione ritiene che le “accuse sproporzionatamente dure” mosse contro di lui dalle autorità statunitensi, nonché le severe sanzioni previste dall’Espionage Act per la produzione di lavoro giornalistico, rientrino nei criteri stabiliti in una risoluzione dell’Assemblea del 2012 sulla definizione di “prigioniero politico”. Domani l’Assemblea – che riunisce i parlamentari dei 46 Stati membri del Consiglio d’Europa – dovrà discutere e votare il progetto di risoluzione del comitato.

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