“Avanti ragazzi di Buda”: era il 23 ottobre ’56. Quel sangue versato per un’Europa libera… (video)

23 Ott 2024 14:34 - di Gloria Sabatini

Sono passati 68 anni dalla rivolta di Budapest, quando un manipolo di studenti universitari (era il 23 ottobre 1956) del circolo Sandor Petofi scesero in piazza contro la dittatura comunista per solidarietà con le agitazioni degli operai polacchi. Nell’immaginario comune è  una data insignificante, di cui i giornali europei non si occupano molto, esattamente come allora. La manifestazione, inizialmente pacifica, finì sotto i cingoli dei carri armati sovietici che invasero l’Ungheria nella notte tra il 4 e il 5 novembre. Dodici anni prima dell’insurrezione di Praga (memorabile l’immagine iconica di Jan Palach che si dà fuoco in piazza) quando altri giovani alzarono la testa contro la divisione imposta all’Europa dagli accordi di Yalta.

La rivolta di Budapest 68 anni dopo

Nell’Ungheria finita sotto il cappio del Partito comunista sovietico nel 1949, il 23 ottobre 1956 migliaia di studenti, braccianti  e operai (come recita la canzone scritta da Pingitore nel ’66, diventato di fatto l’inno ungherese) scesero in piazza nel centro di Budapest. Ben presto gli abitanti andarono a ingrossare le fila dei manifestanti, in una rivolta contro la dittatura sovietica. Il discorso alla radio del primo ministro e segretario del Partito, Ernő Gerő, di condanna dei dimostranti esacerbò la situazione. La folla raccolta sotto l’edificio della radio attaccò i soldati e la polizia giungendo allo scontro armato. Il giorno dopo, le truppe sovietiche entrarono in città. La rivoluzione ungherese fu repressa duramente nel sangue con 500 condanne a morte, decine di migliaia di persone internate o incarcerate, in 200mila lasciarono il Paese. Il 25 ottobre il nuovo premier Imre Nagy  concesse gran parte della richieste dai manifestanti in un programma in sedici punti che  il ritiro delle truppe sovietiche e la democratizzazione della vita politica. Il 1° novembre l’Ungheria uscì dal Patto di Varsavia e dichiarò la propria neutralità. Ma il 3 novembre il Kgb arrestò a tradimento il neo ministro della Difesa e il giorno dopo l’Armata Rossa arrivò alle porte di Budapest con i carri armati appoggiati da incursioni aeree. Fu un olocausto.

Il cappio dell’Urss dal 1949

La rivolta sedata nel sangue ebbe forti ripercussioni nel Partito comunista italiano spaccato a metà tra Palmiro Togliatti, sostenitore dell’intervento dell’Urss, (perché “si sta con la propria parte anche quando questa sbaglia”) e Giuseppe Di Vittorio schierato con la Cgil contro i carri armati dell’Urss. Lo scontro tra le due posizioni portò molti ad abbandonare il partito, tra questi Italo Calvino. Fu un ‘genocidio’ nel silenzio generale dell’Occidente. Tristemente note le richieste di aiuto provenienti dalle trasmissioni dei radioamatori ungheresi che lanciavano il disperato allarme all’Europa, che invece sacrificò l’Ungheria al sogno aberrante del “paradiso stalinista”. Solola destra,  il Msi e l’organizzazione giovanile dell’epoca, la Giovane Italia, in quei mesi fecero conoscere la tragedia che si stava svolgendo Oltrecortina agli italiani, abbagliati dal boom economico. Lo stesso accadde nel 1968 con la  rivolta di Praga. Scintille di libertà, sangue innocente versato per un’Europa libera, forte e indipendente. In parte ancora da costruire.

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