Consiglio Ue, l’Italia guida la svolta a destra: la linea sui migranti è rimpatri e confini esterni
Tradizionalmente “divisivo”, tanto da essere spesso accuratamente evitato, il tema dei migranti è invece stato centrale nel Consiglio europeo di questo ottobre. Sugellando la svolta a destra già ampiamente emersa nei dibattiti della vigilia e dovuta essenzialmente al nuovo corso che l’Italia ha saputo imprimere al dossier.
Roma guida la svolta a destra del Consiglio europeo sui migranti
Anche in questa giornata di summit a dettare il passo è stata Roma: con il modello Albania, al centro anche di un vertice informale tenuto da Giorgia Meloni con altri 11 leader, ha messo sul tavolo una di quelle “soluzioni innovative” sui rimpatri che sono state il focus del vertice. Il via libera alle conclusioni sulle migrazioni era stato in forse, ma poi è arrivato insieme a quello sull’Ucraina. È proseguito invece a oltranza il confronto sul Medio Oriente, segnato – secondo trapelato – dalle forti perplessità manifestate da alcuni leader sull’atteggiamento da tenere nei confronti di Israele dopo gli attacchi a Unifil.
Rimpatri e trasferimenti in Paesi terzi: il modello Albania fa scuola
“Asilo sì, ma non necessariamente nell’Ue”, ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Per la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, poi, “senza una politica di rimpatri non ci può essere una politica migratoria coerente”. Il tema dei trasferimenti in Paesi terzi diversi da quelli di origine dei migranti ha attecchito trasversalmente: l’Olanda sta seriamente lavorando all’idea di allestire in Uganda degli hub per richiedenti asilo provenienti dalla regione, la cui domanda sia stata già respinta nell’Ue, in attesa di poterli rimpatriare; il primo ministro danese, la socialdemocratica Mette Frederiksen, guarda al Kosovo come destinazione per i suoi detenuti di nazionalità straniera e si è rallegrata del fatto che “finalmente” i Paesi Ue discutono seriamente di cambiare la politica di asilo. “Non possiamo continuare ad accogliere così tante persone” in Europa, ha detto.
Dai leader europei “ampio sostegno” alle conclusioni sul dossier migrazioni
Nella sala dei leader c’era “ampio sostegno” per le conclusioni su migration, ha spiegato una fonte Ue, anche se il premier polacco Donald Tusk ha puntato i piedi per inserire una frase che riconoscesse la situazione particolare in cui si trova la Polonia, che ha sospeso la concessione del diritto d’asilo per via degli arrivi dalla Bielorussia. Portando a casa il risultato: nel testo si esprime “solidarietà alla Polonia e agli Stati membri” che devono affrontare queste sfide e si riconosce che “situazioni eccezionali” richiedono “misure appropriate”.
Sulle migrazioni c’è stata una discussione “lunga e approfondita” tra i leader, che “raccomandano” una “cooperazione maggiore” con i Paesi di origine e di transito, attraverso “partnership mutualmente benefiche”. Nelle conclusioni si esorta ad agire in modo “determinato” a “tutti i livelli” per “aumentare e velocizzare i rimpatri”, materia alla quale serve un “nuovo approccio”. Il Consiglio Europeo, nelle conclusioni, ribadisce anche l’impegno ad “assicurare il controllo efficace dei confini esterni dell’Ue con tutti i mezzi disponibili” e suggerisce di “valutare nuovi modi per contrastare l’immigrazione irregolare, in linea con il diritto internazionale”.
L’Ue ribadisce “l’incrollabile impegno” per l’Ucraina
Per quanto riguarda l’Ucraina, il cui presidente Volodymyr Zelensky è arrivato personalmente a Bruxelles per illustrare il “Piano per la vittoria”, le conclusioni del Consiglio Europeo ricalcano in parte le precedenti, ribadendo “l’incrollabile impegno” dell’Ue a fornire aiuti, inclusi quelli militari, “per tutto il tempo necessario” e “con l’intensità necessaria”. La Russia “non deve prevalere”. Ora i capi di Stato e di governo rimarcano, soprattutto, “l’importanza di rispettare gli impegni presi nel G7” di erogare all’Ucraina aiuti per 45 mld di euro (50 mld di dollari) “entro fine anno” per sostenere i bisogni “attuali e futuri” di Kiev in campo “militare, economico e per quanto riguarda la ricostruzione”. È un punto controverso, a causa dell’Ungheria: sul pacchetto da 35 miliardi di euro di aiuti, la parte che l’Ue coprirà in attesa che anche gli Usa possano partecipare, l’accordo nel Consiglio Ue è arrivato a maggioranza qualificata.
Il “nodo” Israele dopo gli attacchi a Unifil
Sul Medio Oriente, uno dei nodi era il linguaggio usato per condannare gli attacchi di Israele contro le postazioni dell’Unifil. Nella bozza delle conclusioni, si afferma che “questi attacchi costituiscono una grave violazione del diritto internazionale e sono totalmente inaccettabili. Devono cessare immediatamente”. Sui conflitti nell’area, tra gli Stati Ue c’è l’unanimità nel chiedere il cessate il fuoco a Gaza e di evitare l’escalation, sulla necessità di fornire “più aiuti umanitari” e sulla “soluzione a due Stati”. Divisioni invece sono emerse su quanto siano legittimi gli attacchi sferrati dall’Idf contro Gaza e Libano e sulle responsabilità del conflitto. Tuttavia, una fonte Ue ha riferito che nella sala la sensazione è che la condotta di Israele sia sempre meno “accettabile”.
Gli altri temi al centro del Consiglio europeo
In agenda c’era anche la competitività dell’Ue, anche se il grosso del dibattito dovrebbe svolgersi a Budapest l’8 novembre, nell’informale (l’ultimo presieduto da Charles Michel), dove verranno discussi i rapporti redatti da Enrico Letta e Mario Draghi. Nelle conclusioni, in materia di competitività, si invitano Consiglio e Commissione a “portare avanti il lavoro”, in particolare “in risposta alle sfide identificate” dai rapporti Letta e Draghi. Il Consiglio Europeo, inoltre, esprime sostegno per l’ordine internazionale “basato sulle regole”, notando che c’è una “tendenza allarmante a trascurare il diritto internazionale”. Tra gli altri punti, come Moldova, Georgia (prossima alle elezioni) e Venezuela, sono stati inseriti nelle conclusioni anche la situazione ad Haiti, su richiesta della Francia, e un punto sul Marocco, su richiesta della Spagna, dopo la sentenza della Corte di Giustizia Ue che mette in dubbio la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, provocando la furia di Rabat.