Da Fox News ai corridoi di Washington: Kamala Harris, la donna che nessuno sopporta
L’intervista di Kamala Harris a Fox News è stata, per usare un eufemismo, l’ennesimo scivolone. Nonostante un tentativo ben orchestrato per nascondere come sempre la pressione dietro il sorriso irritante, la vicepresidente ha dato un’immagine di sé che oscillava tra la rigidità istituzionale e la disperazione politica. Intervistata da Bret Baier, uno dei giornalisti di punta della rete, Kamala si è ritrovata in una situazione dalla quale è difficile dire che ne sia uscita vincente.
The Kamala Fall: non solo una stagione
«In via ufficiosa, ok? Ho lavorato con Kamala e la odio. È la persona peggiore per cui abbia mai lavorato. Guardandola fallire così tanto, mi sono detto: “Wow, le persone davvero cattive ottengono cose davvero buone nella vita», non un commento rubato tra i corridoi di Fox News, ma una dichiarazione tagliente captata al Democratic National Convention di Chicago da un inviato dello Spectator. A quel tempo, tutti gli altri erano ancora in modalità lavaggio del cervello, ma ora forse stanno aprendo gli occhi.
Con l’autunno, è giunto anche il declino dei numeri nei sondaggi e nei betting markets, dove Donald Trump si riafferma come favorito per il 5 novembre. Soprattutto tra gli elettori afroamericani, l’entusiasmo estivo, fatto di trend e meme tanto amati dalla GenZ, sembra essersi trasformato in scetticismo. Non è bastato nemmeno l’endorsement dell’Obama Family, che ha tentato di scuotere le coscienze giocando il fattore della razza, né l’”opportunity agenda” lanciata dalla Harris, con incentivi economici mirati per le comunità nere. La sensazione generale? Un candidato che, nonostante i tentativi, non riesce a fare breccia.
Un tentativo disperato da Fox News
La Harris, nella sua ultima “scommessa disperata”, ha deciso di giocare in casa del nemico: Fox News. Intervistata da Bret Baier, si è trovata a difendersi, ma il risultato, non è stato forse quello previsto. Tra scambi di battute e accuse di non ascolto, Harris ha cercato di mostrarsi empatica di fronte alla storia di una madre che ha perso il figlio a causa di migranti illegali, ma il suo sforzo è sembrato forzato. Ha tentato di smarcarsi dalla figura di Biden, affermando: «Lascia che sia molto chiara. La mia presidenza non sarà la continuazione di quella di Joe Biden- aggiungendo- Io, per esempio, non sono una persona che ha trascorso la maggior parte della sua carriera a Washington».
Il problema è che questo bilanciamento, tra fedeltà al presidente e necessità di rinnovamento, rischia di essere un boomerang. La retorica della Harris appare ora come un gioco di specchi, un’impresa impossibile per una politica che, più che attirare simpatia, sembra accumulare avversari interni e delusioni esterne.
L’odio per la Harris tra i corridoi di Washington
In effetti, tra i sussurri dei corridoi di Washington si parla di tensioni crescenti tra il vecchio team Biden-Harris e la nuova squadra Harris-Walz. Biden, nonostante tutto, ha ancora fedeltà intorno a sé, mentre Harris, nota per aver bruciato staff e collaboratori, continua a scontare la reputazione di “boss” intrattabile. I subalterni scontenti hanno descritto l’atmosfera come «abusiva», e peggio ancora, «uno spettacolo di merda».
Forse, alla fine, il vero problema di Kamala Harris è proprio questo: l’assenza di una connessione genuina con l’elettorato. Il suo argomento principale è che lei «non è Donald Trump». Ma basta davvero questo per raggiungere la Casa Bianca? In politica la simpatia conta, ma servono argomenti, e la candidata democratica pare non avere né l’uno né l’altro.