E ora il Pd trema pensando all’Umbria: così il sogno delle regionali è diventato un incubo
Ancora alle prese con i contraccolpi e gli psicodrammi della sconfitta in Liguria, Pd e opposizione si trovano ora a fare i conti con un altro serio motivo di preoccupazione: l’Umbria. Nella Regione si vota domenica 17 e lunedì 18 novembre, in un mini election day che coinvolge anche i cittadini dell’altra regione chiamata a rinnovo in questa tornata, l’Emilia Romagna. Tempi strettissimi, insomma, per cercare di ricucire gli strappi di un campo largo che non è mai davvero nato, ma che è già gravemente consunto. E se a sinistra si confida che l’Emilia Romagna possa ancora mantenere la sua tradizione di (ultima) roccaforte rossa, l’Umbria è diventata più che un grattacapo. Lo schema di una vittoria 3 a 0, che Elly & co si erano disegnati nella mente, infatti, non solo è già saltato, ma potrebbe diventare facilmente un 1 a 2 e potenzialmente anche uno 0 a 3 per il centrodestra. Da sogno a incubo, insomma.
Il Pd trema per l’Umbria: “Come va? 1-x-2”
In Umbria “la partita è aperta”, si confortano i dem, facendosi forza di sondaggi che parlerebbero di un testa a testa tra la presidente uscente Donatella Tesei, sostenuta dal centrodestra, e la sfidante Stefania Proietti, sostenuta da un centrosinistra che è riuscito a ricomprendere anche Italia Viva solo grazie all’escamotage delle liste civiche: ci saranno i candidati, ma non il simbolo. Epperò a fronte di un certo ottimismo pubblico e dello sprint che si cerca di imprimere alla campagna elettorale, nell’anonimato degli off the record non c’è più traccia dei trionfalismi della vigilia pre-ligure. “Come va in Umbria? 1-x-2”, ha detto un parlamentare Pd che segue da vicino la sfida all’agenzia di stampa Adnkronos.
In ballo c’è molto più della presidenza della Regione
Dunque, c’è poco da stare tranquilli, in una situazione in cui in ballo c’è molto più della “sola” presidenza della Regione. Un big dem descritto dall’Adnkronos come “non proprio vicino alla segretaria” ha liquidato l’ipotesi del tritacarne per Elly Schlein in caso di sconfitta: “Ma no”, ha detto, rivendicando che “il Pd va bene e andrà bene come percentuali anche in Umbria”. La lettura consolatoria delle percentuali raggiunte dal Pd in Liguria, però, non basta a sciogliere i nodi politici del voto e le sue ricadute nazionali. Perché, come praticamente tutti gli osservatori hanno notato, Elly avrà pure portato a casa il risultato del partito, ma ha fallito completamente la sfida della leadership del centrosinistra, che era il vero bersaglio grosso di questa tornata.
La lettura consolatoria dei dem: colpa degli altri
In casa dem spostano la traiettoria fuori dal perimetro del Nazareno, guardando ai risultati altrui invece di interrogarsi sull’incapacità della segretaria di interpretare il ruolo di federatrice. “Nessuno si aspettava un crollo così pesante dei 5 Stelle in Liguria”, sono le riflessioni dei dem sul voto ligure, che trovano eco nelle parole della stessa Schlein, secondo la quale “servono alleati solidi” e in Liguria “sebbene la coalizione fosse affiatata, alcune forze politiche non hanno avuto risultati in linea con quelli delle elezioni europee”. Anche il tema della debacle al centro – dimostrata dall’analisi dei flussi elettorali sul voto dell’ex Terzo Polo andato pressoché esclusivamente al centrodestra – viene risolto così, con il fatto che i dem si siano trovati senza sostegni pure nella sfida di attrarre il voto moderato. “Il Pd da solo riesce a intercettare solo in parte un elettorato moderato di centrosinistra”, viene detto. Ma anche questo parla del fallimento politico di Schlein, che da un lato ha schiacciato il partito su posizioni sempre più radicali e dall’altro non ha saputo mettere in campo una strategia di coalizione che sanasse quel vuoto, nonostante i ripetuti allarmi arrivati anche dal suo partito.