Gioventù violenta (e killer): per la specialista Migliarese c’entra il lockdown in pandemia

5 Ott 2024 16:29 - di Gabriele Caramelli

I delitti di Paderno Dugnano, Viadana, e gli infanticidi di Traversedolo, potrebbero essere un effetto del lockdown durante la pandemia. Lo sostiene la neuropsichiatra Mariolina Ceriotti Migliarese in un’intervista a La Verità.

“La pandemia e l’isolamento – dice l’esperta a Maurizio Caverzan – hanno tolto ai ragazzi uno dei motori fondamentali della crescita, ovvero agire nel mondo attraverso il corpo. Il senso di solitudine, isolamento e noia così comuni in adolescenza non hanno potuto trovare il loro antidoto naturale nell’uscire, aggregarsi, fare esperienza: tutto è diventato virtuale, accentuando così il valore dell’apparenza, dell’immagine, a scapito dell’autenticità dei rapporti reali”.

Per la psicoterapeuta Migliarese, anche i social network hanno un particolare impatto sul disagio giovanile: “Per chi è nato negli ultimi 20 anni una vita senza connessioni virtuali è assolutamente inimmaginabile”. Sull’utilizzo smodato delle connessioni online: ” I nostri ragazzi sono immersi nel mondo virtuale, un mondo eccitante e pervasivo che sembra poter rispondere a ogni necessità e a ogni curiosità. Una comfort zone che dà a ragazzi chiusi nella loro stanza l’illusione di avere molte relazioni, di poter avere scambi affettivi, di conoscere il mondo perché lo vedono da uno schermo. Per crescere, invece, è indispensabile misurarsi con la realtà”.

Migliarese e le differenze sulla Gioventù violenta tra ieri ed oggi

Per spiegare evoluzioni e differenze della gioventù violenta, La dottoressa Migliarese ha fatto un parallelo con gli Anni di Piombo: “Pensiamo alle violenze e agli omicidi degli anni Settanta e Ottanta. La differenza sta nel fatto che in quel caso la distruttività non era fine a sé stessa, ma era spinta da un’idea: bisognava uccidere “il nemico” per dare spazio a un ideale di cambiamento. La violenza, pur nel suo orrore, era pensata come un male necessario in relazione a un progetto”.

L’introduzione sul connubio di sostanze e violenza

Partendo dalla strage di Paderno Dugnano, sulle motivazioni del caso, per Migliarese “il terribile caso di Paderno è tuttora misterioso, e non credo si possa escludere una frattura psicotica della personalità. Molti casi di violenza improvvisa e immotivata sono collegati all’uso di sostanze, che alterano la già precaria capacità di controllo dell’adolescente. Ma questo non è sufficiente per dare ragione del fenomeno. Esplosioni così violente fanno pensare anche che manchino in chi le attua presupposti essenziali: l’abitudine consolidata a riconoscere l’altro come persona e il progressivo allenamento al controllo. Sono competenze che vanno insegnate fin dalla prima infanzia, perché da solo il bambino non ne è capace: serve l’accompagnamento paziente dell’adulto perché impari a regolare le emozioni e controllare gli impulsi”.

Il delitto di Viadana, in cui un diciassettenne ha ucciso una donna di 42 anni per “sapere cosa si prova” o il delitto di Cesano Maderno, in cui un sedicenne ha colpito a morte un uomo di 60 anni con una mazza da baseball senza motivo, “colpisce e lascia attoniti – dice Migliarese – perché mostra che l’altro non è più percepito come persona, ma solo come un oggetto tra i tanti. Sembrano saltati i capisaldi più semplici e condivisi del nostro essere uomini. E sembra scomparsa la distinzione più elementare tra bene e male”.

 

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