Golpe dei giudici sui migranti, la strana premonizione della toga rossa: “Verificate l’accordo con l’Albania”

18 Ott 2024 18:30 - di Leo Malaspina

Correva il febbraio del 2024 quando in Parlamento approdava la “ratifica ed esecuzione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023″, non senza polemiche della sinistra, ovviamente. Correva invece il 7 maggio del 2024 quando il governo includeva alcuni paesi d’origine dei migranti tra i paesi sicuri per i trasferimenti; correva l’8 maggio dello stesso anno, il giorno dopo, dunque, quando con una micidiale tempestività la presidente della corrente di sinistra dei giudici, Silvia Albano, ai vertici di Magistratura Democratica, vergava sul sito dell’organizzazione un articolo nel quale quell’accordo con il quale il governo si proponeva di trasferire in Albania i migranti da espellere o non in regola, veniva fatto a pezzi  e si argomentava su come sarebbe stato possibile bloccarlo, norme alla mano. Oggi quel giro si è chiuso con la clamorosa decisione della sezione immigrazione del tribunale di Roma che ha deciso di non convalidare il trattenimento dei migranti all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader in Albania. Chi ha deciso? La giudice Silvia Albano…
Il provvedimento era stato disposto per i dodici stranieri dalla questura di Roma il 17 ottobre scorso,
i quali fanno parte dei 16 migranti (dieci provenienti dal Bangladesh e 6 dall’Egitto) trasportati in Albania al Cpr di Gjader dalla nave Libra della Marina militare italiana. Un “golpe” vero e proprio, su cui si sono scagliate le critiche del centrodestra e del premier Meloni, a cui ha fatto da contraltare l’esultanza della sinistra.

Migranti, ecco la premonizione della toga “rossa”

“Il decreto Ministeriale è fonte normativa secondaria e deve rispettare tanto le fonti sovraordinate, come la Costituzione e la normativa della UE, quanto la legge ordinaria; quindi i giudici dovranno verificare se il Paese designato come sicuro con decreto ministeriale, possa essere effettivamente considerato tale in base a quanto stabilito dalla legge”, scriveva la presidente Silvia Albano, ragionando sui paesi più o meno sicuri.  Con il DM 7 maggio 2024 è stato allargato l’elenco dei Paesi sicuri a ulteriori Paesi, includendo così i Paesi di origine da cui proviene la maggioranza dei migranti. Attualmente l’elenco dei Paesi di origine sicuri è così composto: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Camerun, Capo Verde, Colombia, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Peru’, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. Rispetto al DM 17 marzo 2023 ove erano stati inseriti Paesi come la Nigeria e la Costa d’Avorio, sono stati aggiunti Bangladesh, Camerun, Colombia, Egitto, Perù e Sri Lanka. Forse la necessità del così ampio allargamento deriva dall’esigenza di attuare il protocollo con l’Albania, posto che potrebbero essere lì trattenuti solo i richiedenti asilo provenienti da Paesi di origine sicura”, commentava la Albano. Da qui la premonizione: “Il giudice in adempimento del dovere di cooperazione istruttoria deve, tra l’altro, valutare la effettiva natura di Paese sicuro del Paese di provenienza del richiedente anche qualora il Paese sia inserito negli elenchi contenuti nei decreti ministeriali… Il decreto Ministeriale è fonte normativa secondaria e deve rispettare tanto le fonti sovraordinate, come la Costituzione e la normativa della UE, quanto la legge ordinaria… È lo stesso art 38 della direttiva 2013/32/Ue (nuova direttiva procedure) a prevedere la necessità di una verifica della effettiva sicurezza del Paese da parte dell’autorità giudiziaria sulla base dei criteri indicati nella norma… Uno Stato non appartenente all’Unione europea può essere considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione quali definiti dall’articolo 7 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone…”.

In sintesi, era l’invito, “i giudici dovranno, quindi, verificare se il Paese designato come sicuro con decreto ministeriale, possa essere effettivamente considerato tale in base a quanto stabilito dalla legge…”.

La giudice Albano aveva già messo in guardia il governo Meloni in una intervista a Repubblica. “Immagino che ci sarà una pioggia di ricorsi su cui dovremo pronunciarci. E se non ci sarà una legge di ratifica che definisca le deroghe al quadro normativo nazionale previste da questo protocollo non potremo che prenderne atto”, aveva dichiarato lo scorso 10 dicembre, sottolineando che, in ogni modo, «le variazioni di legge devono essere compatibili con le direttive europee» e che «l’extraterritorialità necessita di una legge, non si dichiara con un protocollo».

Ieri hanno verificato, seguendo le premonizioni…

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *