Hamas e seguaci inneggiano a Sinwar, che ha passato il 90% della guerra nascosto. Ecco i papabili alla successione
Mentre i sostenitori di Hamas celebrano il martirio e omaggiano “il macellaio”, mente diabolica che ha ideato il massacro del 7 ottobre, il resto del mondo punta con vigore sul cambio di marcia che l’uscita di scena di Sinwar potrebbe aver innescato, chiedendo a viva voce la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani dei miliziani palestinesi. Quelli sopravvissuti a torture e guerra, rimasti sotto sequestro dei feroci carcerieri che continuano a usarli come merce di scambio per la fine delle ostilità.
I sostenitori di Hamas inneggiano a Sinwar. L’Iran: «Fonte di ispirazione»
Il leader di Hamas Yahya Sinwar, ucciso ieri dalle Idf a Gaza, è stato «una fonte di ispirazione per chiunque combatte nella regione» del Medioriente contro Israele, ha dichiarato esplicitamente il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi. Aggiungendo che «la causa per la liberazione della Palestina dall’occupazione israeliana in questo momento è più viva che mai».
Khalil al-Hayya, leader di Hamas: «Gli ostaggi non torneranno finché non si fermerà la guerra a Gaza»
Una dichiarazione a cui si aggiunge quella resa nelle scorse ore da Khalil al-Hayya, leader di Hamas nella Striscia di Gaza, che in un discorso trasmesso dalla tv satellitare al-Jazeera ha a sua volta rilanciato: «La morte di Sinwar non fermerà la battaglia». «Hamas – ha assicurato Hayya – prosegue il suo percorso per fondare uno Stato palestinese nella totalità dei Territori Palestinesi con Gerusalemme come capitale. E gli ostaggi israeliani non torneranno finché non si fermerà l’aggressione contro la Striscia di Gaza e fin quando l’esercito non si ritirerà completamente» dall’enclave palestinese.
E gli Houthi rilanciano: «Gaza e causa palestinese vinceranno»
Nel mezzo, tra una dichiarazione di lutto e un tributo al martirio e una minaccia di guerra a oltranza, anche gli Houthi dello Yemen danno l’ultimo saluto a Yahya Sinwar: «Le mie più sentite condoglianze ad Hamas e al caro popolo palestinese dopo che il grande leader Sinwar ha ricevuto la medaglia del martirio», scrive su X un portavoce degli Houthi, Mohammed Abdulsalam. Aggiungendo in calce: «Gaza e la causa palestinese sono destinati alla vittoria, non importa l’entità dei sacrifici».
Anche l’Olp “piange” Sinwar e rilancia: «Restiamo uniti contro Israele»
E ancora: la posizione dell’Olp, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina, con sede a Ramallah, che asserisce di «piangere il martirio di Yahya Sinwar». E che in una nota del consiglio esecutivo esorta poi ad «andare avanti con il rafforzamento della nostra unità nazionale… A restare uniti per contrastare il piano israeliano, volto a cacciare il nostro popolo dalla propria terra, sia nella Striscia di Gaza. Che in Cisgiordania».
Mentre il resto del mondo crede nel cambio di marcia, per i talebani afghani la morte di Sinwar «rafforzerà la resistenza»
E se ancora non bastasse arrivano pure le condoglianze dei talebani afghani, che hanno espresso «profondo dolore» per l’uccisione di Yahya Sinwar, «eliminato» due giorni fa a Rafah dai soldati israeliani. «È con profondo dolore che abbiamo ricevuto la notizia del martirio di Yahya Sinwar», ha dichiarato in un comunicato il portavoce del governo Zabihullah Mujahid. Sottolineando che la sua uccisione «servirà a intensificare e fortificare la resistenza contro le forze israeliane».
Idf: Sinwar un leader? È stato nei tunnel per il 90% guerra…
Insomma, i sostenitori di Hamas a lutto sostengono i suoi eredi e inneggiano alla prosecuzione delle ostilità. E dire che il loro idolo, Yahya Sinwar, ha trascorso nei tunnel il 90 per cento del periodo della guerra con Israele, dal 7 ottobre dello scorso anno. Ed è stato ucciso quando è uscito per trasferirsi nel nord della Striscia di Gaza, nell’area di al-Muwasi.
Ucciso mentre si spostava verso nord
Perché questo è quanto sostengono le Forze di difesa israeliane, le Idf, che ne hanno seguito le orme dandogli la caccia. E che lo hanno stanato, convinte che l’assedio al quartiere di Tel al-Sultan a Rafah, dove Sinwar è stato ucciso, gli abbia impedito di fuggire verso nord. Un convincimento suffragato, come scrive il sito di Haaretz, dal fatto che l’esercito israeliano era a conoscenza della presenza di Sinwar nella zona di Tel al-Sultan grazie a tracce del suo Dna raccolte alcune settimane fa nel complesso sotterraneo in cui alloggiava, a poche centinaia di metri dal tunnel in cui sei ostaggi erano stati assassinati ad agosto.
Hamas e il dopo-Sinwar: come funziona la successione e chi sarà l’erede
Ma tant’è: mentre Houti, Talebani e iraniani rimpiangono l’illustre scomparso, il resto del mondo ritiene l’uccisione di Sinwar abbia inferto un «colpo morale significativo». E così Hamas prova a serrare a ranghi. Eliminato Yahya Sinwar, si apre la corsa alla successione ai vertici del gruppo islamista. Secondo la tv saudita Al Sharq, allora, è attesa a Doha, in Qatar, una riunione della leadership del gruppo all’estero per scegliere il successore di Sinwar. Ma Hamas potrebbe anche optare per un “consiglio direttivo”: ovvero una guida collegiale. Ma allora, chi sono i possibili eredi di Sinwar?
Hamas, tra i nomi in lizza per il dopo Sinwar, svetta quello di Khalil al-Hayya
In pole position ci sarebbe Khalil al-Hayya. Nato a Gaza nel 1960, è il leader del gruppo a Gaza, ma vive in Qatar. Ad agosto è stato scelto come numero due dell’ufficio politico di Hamas. I media israeliani ricordano come mantenga stretti legami con l’Iran e come abbia lasciato la Striscia di Gaza prima dell’attacco del 7 ottobre 2023 di Hamas in Israele. Ha avuto un ruolo di primo piano nei mesi di negoziati, tuttora in stallo, per un cessate il fuoco. E un accordo per la liberazione degli ostaggi trattenuti da oltre un anno nell’enclave palestinese.
Tutti i papabili alla successione
Subito dopo, verrebbe Khaled Meshal: l’uomo di punta considerato una delle figure più potenti all’interno del Politburo di Hamas. Nato in Cisgiordania nel 1956, è il responsabile di Hamas all’estero, e ne ha guidato per 21 anni l’ufficio politico (1996-2017) di cui ancora oggi fa parte. Ha vissuto in Kuwait, per poi trasferirsi in Giordania, dove nel 1997 è sopravvissuto a un tentativo di avvelenamento.
Chi sono e quali ruolo rivestono
“Fuggito” in Qatar, ha poi vissuto in Siria dal 2000 al 2012, prima di tornare in Qatar, dove vive ancora oggi. Nell’ultimo anno è stato coinvolto nei negoziati indiretti tra Israele e Hamas. Fonti israeliane sottolineano la divergenza di opinioni tra Meshal e Sinwar, soprattutto in merito ai rapporti con l’Iran. Secondo notizie mai confermate diffuse ieri sera dalla libanese Lbci, che citava fonti non meglio precisate, potrebbe aver già assunto la guida “ad interim” del movimento, anche per quanto riguarda i contatti con le parti coinvolte nei negoziati.
Hamas, caccia al successore di Sinwar: tra i possibili eredi anche suo fratello minore
In terza posizione ci sarebbe invece Mohammad Sinwar: il fratello minore di Yahya Sinwar. Nato a Khan Yunis, oggi 49enne, è considerato un veterano del braccio armato del gruppo. Apparso raramente in pubblico, secondo la stampa israeliana, sarebbe il “candidato” con meno possibilità di raccogliere l’eredità di Yahya Sinwar. Inoltre, per Channel 13, Israele avrebbe tentato per ben cinque volte di ucciderlo.
Il Politburo di Hamas e i candidati alla successione di Sinwar
A breve distanza, si troverebbe Mousa Abu Marzouk: nato nel 1951 a Rafah, ha contribuito alla fondazione di Hamas nel 1987. È uno degli esponenti dell’ala politica del movimento, e al momento siede nell’ufficio politico. Infine, in coda a questa lista di papabili, figurano i nomi di Muhammad Ismail Darwish (il capo del Consiglio della Shura di Hamas dall’ottobre dello scorso anno).
E nelle retrovie avanzano le possibilità di “promozione” di…
Il suo nome era circolato ad agosto, dopo l’uccisione di Ismail Haniyeh. Secondo la tv saudita Al Sharq, sarebbe sotto la sua presidenza un eventuale “consiglio direttivo” per il dopo-Sinwar. Quello di Husam Badran, poi, sarebbe l’ultimo nome in lizza. Nato a Nablus nel 1996, vive a Doha ed è nel Politburo di Hamas. In passato era uno dei leader di spicco del braccio armato di Hamas in Cisgiordania. Dopo di lui, vanterebbe solo poche speranze di «promozione» Mohammed Nasr: è nell’ufficio politico di Hamas e secondo i media sauditi potrebbe aspirare al rango di erede. Al vertice di Doha l’ardua sentenza.