La storia è finita andate in pace? Niente affatto, il mondo è un vulcano esplosivo
La democrazia liberale, lo stile di vita occidentale e il capitalismo prevarranno definitivamente, scrisse dopo la caduta del muro di Berlino il politologo Francis Fukuyama, profetizzando la “fine della storia“. A distanza di oltre trent’anni da quella terminale profezia, oggi, come disse Manuel Fantoni nel film Borotalco a un attonito Carlo Verdone, egli potrebbe candidamente affermare: “Nun è vero niente, t’ho raccontato un sacco de fregnacce“.
L’illusione del paradiso liberal-capitalista e il mondo in ebollizione
Tuttavia, la franca e disincantata ammissione non è avvenuta (non almeno in questi termini), e dunque, in attesa che Fukuyama ne prenda atto, la storia va avanti impetuosa e nella direzione opposta a quella ipotizzata. Sì, perché nonostante i ripetuti tentativi statunitensi di intervenire (soprattutto militarmente, ma anche politicamente e finanziariamente) ovunque ve ne fosse necessità per tentare di andare in quella direzione, il paradiso liberal-capitalista non ha trionfato sui destini del mondo. E così, il pianeta terra, fra guerre, invasioni, pandemie, terrorismo, crisi economiche, criptovalute, nuovi organismi multinazionali e nuove alleanze, più che assomigliare a una gigantesca city newyorkese, ricorda semmai un vulcano in piena attività esplosiva.
Dalla fine dell’URSS all’11 settembre: la storia riprende il suo corso
In una prima fase, dopo gli anni seguiti alla fine dell’Urss, in cui parve che Usa, Russia, mondo arabo ed Europa andassero a braccetto tutti insieme appassionatamente, in un mix festaiolo fra Coca Cola, fiumi di wodka, sushi, riso cantonese, harem e falafel, nel 2001 l’eccidio terroristico delle Torri Gemelle rimescolò le carte in modo cruento, scoperchiando il pentolone islamico che ribolliva da tempo, con le sue ideologie più fanatiche e violente: da allora, per circa un ventennio, la scena e la geopolitica mondiale sono state polarizzate su questa emergenza planetaria (non ancora placata) che ha avuto implicazioni praticamente in tutti i continenti del globo, funestati negli anni da episodi terroristici di inaudita brutalità.
La pandemia di Covid-19: un capitolo inatteso nella storia mondiale
La pandemia da coronavirus, esplosa misteriosamente in Cina a fine 2019, dalle cause non ancora chiarite e diffusasi rapidamente in tutto il mondo, ha poi fatto la sua parte nel successivo svolgimento della storia, catalizzando su di sé l’attenzione per alcuni anni. Su ciò che accadde nel periodo dell’emergenza da Covid19 vi sarebbe molto da scrivere, ma non è questa la sede, perché non basterebbe un articolo. Basti qui citarlo come ulteriore scossone rispetto alla profetizzata fine pacifica della storia, sussurrando solamente che, pur non accarezzando facili e improbabili tesi complottiste, nei film degli 007 le guerre batteriologiche sono spesso presenti: e nonostante la realtà non sia un film, non di rado il cinema si ispira alla realtà stessa, ingigantendola o, talvolta, strizzandole l’occhiolino.
Ideologia woke e riscrittura della storia: verso una nuova fine?
Ma ecco che, terminato il virulento periodo Covid (e in attesa di nuove pandemie), il diffondersi dell’ideologia woke soprattutto oltreoceano sembrava avesse riannodato i fili per una sua personale declinazione della fine della storia, lavorando in tale direzione, reinterpretando (e cancellando) soprattutto la storia del passato per demolire quegli aspetti ritenuti non in linea con il politically correct e con il sol dell’avvenire liberal-individualistico da costruire. Il fine ultimo? Muovendo dalle rivendicazioni che a partire dal 2017 presero piede negli Usa con il movimento Black Lives Matter, i fautori del woke vorrebbero farsi portavoce e fautori di un futuro-presente di uguaglianza, diritti, fluidità, green, pace, ovviamente secondo la loro parzialissima e forzata visione. Per raggiungere lo scopo prefissato, il politicamente corretto, sostenuto dalla cancel culture, non deve lasciare sul campo prigionieri, ma semmai distruggere tutte quelle visioni del mondo che, a proprio unilaterale ma insindacabile giudizio, non siano funzionali alla nuova ideologia del relativismo globale da costoro etichettate semplicisticamente ma abilmente come “fasciste”, così da poterle facilmente incasellare nella categoria del male assoluto, per meglio colpirle e neutralizzarle.
L’eredità culturale sotto assedio: tra cancel culture e bigottismo retroattivo
Come fa giustamente notare Marcello Veneziani, “l’effetto complessivo” non è magari “l’adesione alle assurde mutazioni transgeniche della storia, ai suoi travestimenti; ma certo la nausea, il disinteresse, il rifiuto della memoria storica e dei suoi approfondimenti. E in questa ignoranza di ritorno pesa il moralismo che condanna il passato, quella forma di bigottismo retroattivo applicato alla storia. Per certi versi, l’uso woke della storia e la cancellazione del nostro presente è il termine di quella parabola, il punto più basso”. In pratica, costoro vorrebbero contribuire a modo loro alla fine della partita, pardon della storia umana, riscrivendo il passato a proprio uso e consumo e definendo l’orizzonte del futuro secondo un preciso schema ideologico, molto in voga nei circoli neodem americani e ovviamente, tra i sostenitori della sinistra di casa nostra, sempre più snob ed elitaria e sempre meno attratta dalle istanze sociali e popolari, non a caso divenute da anni cavalli di battaglia dei partiti di destra, in Europa come negli Usa.
L’ascesa dei BRICS e la sfida all’ordine unilaterale occidentale
E l’ideologia woke, sostenuta da imponenti campagne mediatiche e da quasi tutti i social (eccezion fatta per X e pochi altri), avrebbe in teoria un’autostrada davanti a sé, se non fosse, però, che la storia non passa sempre e soltanto dai lussuosi appartamenti di TriBeCa e dai salotti bene di Roma o Parigi, ma si muove in maniera complessa e con dinamiche sempre meno orizzontali. Prova ne è il rafforzamento dei Paesi cosiddetti Brics, ovvero di quell’alleanza economica alternativa a Fmi e Banca mondiale, composta da molte nazioni orientali e del Sud del mondo, (non più soltanto Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), che rappresenta oggi il 35 % del Pil mondiale, avendo superato i Paesi del G7. Alleanza, peraltro, che negli ultimi tempi sta assumendo sempre più una connotazione anche geopolitica, come testimoniato dal recente vertice a Kazan, che ha posto fra i propri obiettivi in chiave strategica anche quello dell’abbandono progressivo del dollaro quale perno dell’economia mondiale e perciò, la messa in discussione dell’unilateralismo atlantico rispetto all’assetto geopolitico globale. Prospettive che, indipendentemente dal giudizio che ciascuno possa averne, vengono condivise da un raggruppamento di Paesi sempre più ampio, esteso già adesso a molte nazioni asiatiche e africane, che potrebbe a breve inglobare anche tradizionali alleati dell’occidente come Arabia Saudita e Turchia (Paese Nato): dunque, uno stravolgimento ulteriore della storia, degli equilibri consolidati e delle certezze ritenute un tempo inossidabili.
Un Ko alla fine della storia: la frammentazione geopolitica in atto
In pratica, un altro Ko, assestato ai teorici della fine della storia, poiché le pagine del futuro, in una realtà in così rapido movimento, sono tutt’altro che già scritte, ma tutte da decifrare e scrivere di sana pianta, in uno scacchiere planetario che si va rapidamente frammentando, non più dominato dagli Stati Uniti (e con l’Europa a trazione Nato che segue a ruota), ma con il frenetico attivismo di quello che un tempo era chiamato il “resto del mondo“, che sta oggi ponendo le basi per un rimescolamento totale di carte. In più, la situazione tesissima del Medio Oriente, nella quale il solco fra Israele e Onu si fa sempre più ampio, non fa che accrescere le nubi e le incertezze.
La tensione in Medio Oriente e il divario tra Israele e Onu
In questo scenario internazionale, il recupero delle quotazioni di Donald Trump fra gli elettori americani, con una eventuale vittoria sulla Dem Kamala Harris, metterebbe ulteriormente in subbuglio lo schema tradizionale in maniera imprevedibile, rimescolando ancora di più le carte in un mondo in fermento, rispetto al quale la prevista fine della storia risuona oggi quasi come una battuta da bar.