Libertà di stampa, a sinistra è sacra solo quando pare a loro. Altrimenti scattano le querele

25 Ott 2024 8:00 - di Francesco Nicola Maria Petricone*
tommaso cerno libertà di stampa

Articolo 21. Quante volte è stato invocato questo diritto inviolabile della nostra Costituzione repubblicana. Tante, da farne una bandiera, un vessillo. Un’associazione. A parti invertite, la querela fatta da una parlamentare al direttore del Tempo, Tommaso Cerno, per aver manifestato liberamente il proprio pensiero con lo scritto, quando la Carta costituzionale prevede che la stampa non possa essere soggetta a censure, avrebbe portato girotondi intorno ai Palazzi delle istituzioni, come già accaduto in passato. Oggi, invece, ci si stupisce se il direttore del quotidiano che ha avuto il merito di fare lo scoop sulle dichiarazioni di un magistrato riferite al nostro presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si fa fotografare in prima pagina imbavagliato dalla cravatta rosso scarlatto, proprio come fece il “Vecchio” a suo tempo. Perché “il giornalismo deve svolgere la funzione di sentinella o cane da guardia della democrazia”, diceva Montanelli.

Solo un anno fa si chiamava alla piazza la stampa libera per impedire che fosse messo il bavaglio al diritto di cronaca rappresentato dal divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare. E si invocava il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, di non firmare una legge quale “possibile fonte di immani distorsioni dei diritti”. E oggi? Sempre oggi a distanza di un anno, a parti invertite quelle stesse voci cercano di imbavagliare invece chi esercita il diritto di cronaca. Ma non riescono più a scaldare i cuori, con gli appelli alla piazza. Perché, oggi, le associazioni della stampa libera difendono come allora il diritto di cronaca in solidarietà al Tempo, al suo direttore e ai colleghi della testata romana: “Rivolgersi alla magistratura per sapere quali siano le fonti di un documento pubblicato dai media non è purtroppo una novità”, ricorda l’Associazione stampa romana. Sono le norme deontologiche, oltre alle leggi, a regolare la professione dei giornalisti che hanno il dovere di raccontare i fatti e divulgare gli atti rilevanti nella loro completezza. Senza distorsioni e senza temere l’intervento di alcuna forza politica.

E il presidente Mattarella? Dalle stesse pagine di quel quotidiano “aperto al dialogo e al confronto” proprio lui, a suo tempo tirato per la giacchetta, ha fatto gli auguri per le ottanta candeline spente quest’anno dal giornale di piazza Colonna. “È attraverso la libera informazione che i cittadini acquisiscono elementi di conoscenza per elaborare opinioni e giudizi liberi e consapevoli”, ha scritto nel fondo pubblicato sulla testata per festeggiare la ricorrenza. Chi sa che cosa avrebbe detto oggi leggendo tutto questo il “vecchio Indro”. Per come abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo anche noi oltre trent’anni fa in via Negri a Milano, probabilmente si sarebbe adirato e senza dire una parola avrebbe preso la sua Olivetti lettera 22 per scriverne un fondo. Come sempre partendo dal titolo. L’altro articolo 21.

*Università Lumsa

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