L’intervento. Il mio “noi” è quel 26 ottobre di settant’anni fa: quando Trieste tornò all’Italia

26 Ott 2024 7:00 - di Roberto Menia*

E’ il giorno del “settantesimo” del ritorno di Trieste all’Italia. Trieste, che era stata il simbolo della vittoria nella Prima guerra mondiale, fu invece, al termine della Seconda, protagonista di un interminabile dopoguerra: i quaranta giorni di occupazione jugoslava, le stragi delle foibe, il diktat di pace, l’amministrazione angloamericana della zona A del “Territorio Libero”, la zona B dell’Istria sotto Tito…

Trieste, città contesa tra Italia e Jugoslavia, Occidente e Oriente, mondo libero e mondo comunista. Trieste e la rivolta dei suoi ragazzi nel novembre del ’53, gli ultimi caduti del nostro Risorgimento. Trieste, di nuovo all’Italia il 26 ottobre 1954. Ma l’Istria perduta. E poi il trattato di Osimo, infame, nel 1975, a trent’anni dalla fine della guerra.

Mentre scrivo, mi ritrovo a baciare una bandiera. E’ il tricolore che mi regalò mia mamma, quello che lei portava alla manifestazioni per Trieste italiana negli anni ’50, quando finì sotto i cavalli degli inglesi. Oggi lo porterò con me, in piazza Unità d’Italia, a Trieste. All’alzabandiera. E’ ingiallito e un po’ scolorito, ma tornerà lì, come settant’anni fa, quando tanti cuori palpitavano sotto la pioggia e il vento di bora scura che strappava gli ombrelli…

Mi rileggo una poesia, scritta in dialetto, che descriveva quel giorno: “Un mar de ombrele, un mar che se moveva/ e soto tanti cuori che bateva, i nostri cuori, là che li spetava… (…) ecoli che i riva, i nostri bersaglieri, benedeti, viva l’Italia ! (…) El sol iera nei cuori, el ne scaldava / cossa importava el ziel che iera nero? Cossa fazeva l’acqua che cascava? Viva l’Italia, no se lo vedeva el nostro sol/ ma zerto che ‘l sbrovava!”

Sono pochi ormai quelli che c’erano quel giorno. Il tempo attenua le passioni, scolorisce i ricordi, attenua i palpiti del cuore. Le cerimonie diventano sempre più stanche e ripetitive. Molti non capiscono e non sanno. Le scuole spesso non insegnano. Passano le generazioni. Cambiano le genti. Tutto fluisce, eppure un filo corre e ti lega e ci lega

Oggi non parlo di politica. Parlo solo di me. Di noi. Il mio noi che è la mia identità, la mia storia, la mia terra, la mia Patria. Il mio noi è quel giorno di 70 anni fa.  Io quei palpiti, l’acqua che corre lungo la schiena, quel sole che ti scalda anche se non lo vedi lo sento. Ieri, oggi, domani.

 

*Senatore di Fratelli d’Italia. Triestino.

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