L’intervento. La questione Italia-Albania spiegata bene: il governo ha sanato i paradossi giudiziari
Da mesi ormai l’Europa guarda con interesse e favore alle politiche migratorie intraprese dal governo italiano, che stanno portando dei risultati concreti sotto il profilo del calo degli sbarchi. Nel 2024 hanno registrato un importante -64% e un aumento dei rimpatri del 20%. Nazioni a trazione non propriamente sovranista, poi, come la Germania del socialdemocratico Scholz, hanno espresso considerazione proprio per il progetto Italia-Albania, con cui il governo ha esternalizzato la gestione dei flussi migratori. Dello stesso avviso ben 15 ministri dell’Interno dei 27 Paesi membri, per non tacere del primo ministro laburista del Regno Unito Starmer, che nella sua visita a Roma ha espresso ammirazione per il modello Meloni.
Italia-Albania: la decisione del Tribunale di Roma in un tempo record
Ebbene, in questo quadro più che confortante si è materializzata la distopia. Arrivano i primi migranti in Albania, che avrebbero dovuto essere trattenuti per l’espletamento delle procedure accelerate di frontiera e dunque i rimpatriati, ed ecco che il Tribunale di Roma decide in un tempo record di 12 ore di non convalidare nessun trattenimento e di far tornare tutti i migranti irregolari in Italia. La motivazione addotta dai giudici in questione risiederebbe nel fatto che sulla base della recente sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre scorso, i trattenimenti disposti dalle autorità italiane sarebbero stati illegittimi, perché i Paesi di provenienza, recte presunta provenienza, Egitto e Bangladesh, a differenza di quanto disposto dall’Italia, non sarebbero “Paesi Sicuri”.
Quei decreti in ciclostile per fermare i rimpatri
I giudici, con decreti invero redatti in ciclostile e che non effettuano alcuna valutazione di merito sulle condizioni soggettive dei singoli migranti, hanno ritenuto di poter stabilire questi Stati come Paesi non sicuri. Per comprendere appieno l’abnormità di questa decisione, senza scendere nei tecnicismi, occorre rappresentare che l’Italia aveva individuato in un decreto interministeriale, cui partecipano il ministero dell’Interno, della Giustizia e degli Affari esteri, 22 paesi definiti sicuri a mente della normativa italiana ed europea.
Il tema dei Paesi sicuri
Per definire la sicurezza di un Paese, i predetti ministeri hanno effettuato delle verifiche sulle informative presentate dai servizi, ma anche da organizzazioni internazionali come Unhcr. Dunque le determinazioni assunte erano ben corroborate da solidi elementi di fatto e di diritto. Il Tribunale di Roma, tuttavia, per non procedere alle convalide dei trattenimenti, ha richiamato una recente sentenza della Corte di giustizia europea, intervenuta tra Repubblica Ceca e Moldavia, in cui si diceva che la Moldavia non poteva essere considerata sicura perché veniva esclusa l’area geografica della Transnistria. E nel merito qui emerge la prima incoerenza: come è stato possibile fare un mero richiamo a questa sentenza se, nel caso dell’Italia, Egitto e Bangladesh erano stati ritenuti Paesi integralmente sicuri? Ma a questo assillante dubbio si è purtroppo aggiunto il legittimo sospetto dell’assoluta parzialità dei giudici che hanno deciso la questione. La dott.ssa Albano, infatti, una delle giudici che ha steso i decreti in questione, è un’esponente di spicco di Magistratura democratica, la corrente di sinistra della magistratura, che negli anni aveva ampiamente espresso il proprio convincimento politico contro le politiche migratorie restrittive, si era espressa in favore delle Ong e contro il memorandum Italia-Libia, fino a contestare pubblicamente lo stesso accordo Italia-Albania.
L’intervento tempestivo del governo
Quindi, il giudice non solo non è, ma neanche appare imparziale. Stesso schema lo avevamo visto con i decreti di trattenimento dei migranti a Pozzallo, con il giudice Apostolico, e poi anche in altre numerose occasioni. Dunque, per porre rimedio a quello che eufemisticamente posso definire un “inceppo” giurisdizionale, il governo ha tenuto il punto. Per non incorrere nel paradosso per cui nessuno Stato avrebbe più potuto essere considerato sicuro, con l’impossibilità di procedere alle espulsioni, il governo ha adottato in Consiglio dei ministri un decreto legge, in cui ha inserito 19 Paesi sicuri, tra cui Egitto e Bangladesh, espungendone tre dalla lista contenuta nel decreto interministeriale. Questo garantisce che la lista dei Paesi sicuri sia un atto normativo di rango primario, dinanzi al quale il giudice avrà un dovere di applicazione più forte e sicuramente un dovere di motivazione rispetto alle singole posizioni dei migranti a cui non si potrà sfuggire. Distopie e paradossi, dunque, che questo governo ha affrontato rapidamente e con presenza, perché non siano vanificati gli sforzi compiuti in questi ultimi due anni che tanti risultati hanno prodotto.
*Deputato di FdI – Responsabile dipartimento immigrazione