Migranti, Nordio: “Sentenza abnorme. Se le toghe esondano i loro poteri, la politica deve intervenire”
“Non può essere la magistratura a definire uno Stato più o meno sicuro, è una decisione di alta politica“. Il punto della decisione del Tribunale di Roma di non convalidare i trattenimenti dei migranti in Albania è tutto qui e a spiegarlo con chiarezza è stato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha definito quella sentenza “abnorme”. Precisando anche, con nettezza, che “la reazione della politica non è stata contro la magistratura, ma contro il merito di questa sentenza. Non è una polemica contro la magistratura, ma contro un tipo di sentenza che non solo non condividiamo, ma riteniamo addirittura abnorme“. “Da ex magistrato riterrei quasi sacrilego pensare che il governo a cui appartengo dichiari guerra alla magistratura. Cosa che peraltro non è e non sarà mai”, ha aggiunto Nordio, in un intervento non fraintendibile, ma comunque completamente travisato dalla sinistra. Pd in testa, le opposizioni hanno iniziato a parlare di attacco alla magistratura, arrivando a chiedere le dimissioni del ministro. Italia viva e M5S inoltre hanno annunciato un esposto alla Corte dei conti sui centri in Albania.
Nel suo intervento Nordio ha anche dato un’indicazione implicita su quello che ci si può aspettare dal Consiglio dei ministri convocato dal premier Giorgia Meloni per lunedì, dopo la sentenza contro i trasferimenti, alla quale è già stata data esecuzione: i migranti sono arrivati a Bari su una motovedetta della Guardia costiera, per essere trasferiti nel Cara locale. Contro la sentenza il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha anche annunciato un ricorso: ”Noi la battaglia la faremo all’interno dei meccanismi giudiziari per l’affermazione di quella che è la nostra visione in punta di diritto”.
Le ipotesi sul provvedimento che arriverà in Consiglio dei ministri
Secondo quanto emerso, nel Cdm il governo potrebbe varare un provvedimento che chiarisca senza margini di interpretazione chi ha la competenza per definire un Paese sicuro. L’ipotesi su cui si lavorerebbe è quella di un decreto che non solo ribadisca che il compito è della Farnesina, ma che ne blindi le indicazioni inserendo nella legge l’elenco stilato dal ministero degli Esteri. Contemporaneamente si lavora anche sul fronte europeo per anticipare l’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo sui rimpatri nei Paesi parzialmente sicuri, in modo che il diritto europeo non diventi il bastone tra le ruote per il nuovo corso al centro di decisioni politiche già assunte dall’Ue (il regolamento è stato approvato, ma allo stato attuale è previsto che entri in vigore nel 2026). E che, insieme, non diventi la foglia di fico dietro cui si possono mascherare alcune decisioni ideologiche assunte dalla magistratura, come accaduto da noi. Un passaggio sul quale l’Italia ha il supporto di altri Stati membri.
Nordio: “Se la magistratura esonda dai suoi poteri, la politica deve intervenire”
“Se la magistratura esonda dai suoi poteri, come in questo caso, attribuendosi delle prerogative che non può avere, come quella di definire uno Stato sicuro, allora – ha spiegato – deve intervenire la politica perché la politica esprime la volontà popolare. Noi rispondiamo al popolo: se il popolo non è d’accordo con quello che facciamo andiamo a casa. Ma la magistratura, che è autonoma e indipendente, non risponde a nessuno e quindi proprio per questo non può assumersi delle prerogative che sono squisitamente ed essenzialmente della politica”.
Perché il tema dei Paesi sicuri non può essere appannaggio delle toghe
Il tema dei Paesi sicuri, del resto, come chiarito ancora da Nordio, ha effetti che travalicano la stretta pratica dei rimpatri, per sfociare direttamente nel terreno diplomatico. “Queste decisioni – ha sottolineato il ministro – rischiano di creare degli incidenti diplomatici perché definire non sicuro un Paese amico come il Marocco può anche creare dei problemi. Se noi ritenessimo che non sono sicuri Paesi dove vigono regole che noi abbiamo ripudiato, come la pena di morte, allora neanche gli Stati Uniti sarebbero un Paese sicuro. Oppure dove vigono le pene corporali. Allora questi Paesi dovrebbero essere espulsi dalle Nazioni Unite. Queste sono questioni di alta politica che non possono, non devono e non saranno lasciate alla magistratura. Prenderemo provvedimenti legislativi”.
Piantedosi annuncia il ricorso: “La decisione nega il diritto dell’esecutivo di attivare le procedure accelerate”
”Qui non è che è stata giudicata la decisione amministrativa del riconoscimento o meno al diritto all’asilo di queste 12 persone, sono successi casi analoghi negli ultimi tempi anche a Porto Empedocle. Qui si nega il diritto dell’esecutivo, del governo, di attivare procedure accelerate, ovvero fare in un mese quello che altrimenti avviene in tre anni e questo a beneficio anche delle persone”, sono state le parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, subito dopo la divulgazione della mancata convalida dei trattenimenti dei migranti in Albania da parte del Tribunale di Roma. Quindi non ”è colpa dei giudici”, ha chiarito, ”è colpa di una evoluzione dell’applicazione del diritto che si è fatta in Italia”. ”Noi ricorreremo – ha spiegato – arrivando fino alla Cassazione. Qua nessuno mette in discussione le prerogative dell’ordine giudiziario”.