Nazione & finanza. Rimetti a noi i nostri debiti: il Vaticano e il problema del deficit
8 Ott 2024 12:46 - di Villy De Luca
Il 16 settembre scorso Papa Francesco ha scritto ai cardinali. Obiettivo deficit zero. Ed è una lettera importante non soltanto per i cardinali e i credenti, ma per chiunque segua le vicende finanziarie. Una premessa: la popolazione cattolica invecchia e diminuisce. Come quella occidentale. Queste due tendenze portano a una diminuzione delle entrate da parte dei contribuenti fisici. Come in Occidente. La tentazione, in anni di interessi delle Banche Centrali molto bassi, era coprire la cosa col debito. Come per ogni nazione occidentale. Ma la tentazione è figlia di Satana e va combattuta. Quindi il Papa fa una revisione della spesa. A differenza di alcuni Paesi, però, è una revisione vera.
Ed è vera nel senso che l’obiettivo non è ridurre il deficit. È quello di azzerarlo. Perché a differenza delle classi politiche progressiste, l’orizzonte di pensiero della Chiesa è l’eterno. E nel vasto orizzonte dell’Eternità, non esistono deficit buoni. È una lezione finanziaria, oltreché spirituale, per un Occidente che si bea del proprio cinismo e poi finisce a credere a maghi e imbonitori. Siccome non esistono pasti gratis, perché un povero in più mangi, qualcuno deve rivedere i libri contabili e scoprire dove sono gli sprechi. Deve ottimizzare il patrimonio e deve smettere di fare debiti. I soldi che mancano vanno trovati. Dove? Il Papa chiede di trovare nuove entrate, cioè la Chiesa deve tornare in strada a portare il proprio “prodotto”: la fede. E a chiedere che qualcuno sostenga quest’opera.
“La Santa Sede ha un deficit strutturale, da sempre, che si aggira tra i 50 e i 60 milioni di euro l’anno. Se dovessimo coprire questo deficit soltanto tagliando le spese, dovremmo chiudere 43 delle 53 entità che fanno capo alla Curia romana, e questo non è possibile”. Dice il prefetto della Segreteria per l’Economia dottor Ledo. Quindi tagliare la spesa primaria non è possibile, si devono aumentare le entrate. Al momento i conti li fa quadrare l’Obolo di San Pietro. Nel 2021 il report finanziario sull’Obolo di San Pietro riportava che «le spese totali dei 70 dicasteri ed enti considerati insieme nel gruppo “Sostegno alla Missione Apostolica” del Santo Padre sono ammontate a 237,7 milioni, di cui 55,5 milioni (23 per cento) sono stati finanziati dall’Obolo». Mentre nel 2023 “sono ammontate a 370,4 milioni di euro, dei quali circa 90 milioni (pari al 24 per cento) sono stati coperti dall’Obolo”.
Come si vede esiste un problema di spesa e uno di entrate. Però il Vaticano ha, quanto meno, capito quale sia la direzione giusta. E proprio come nella fede, anche in economia per trovare soluzioni corrette si deve passare prima da un momento di epifania. Ovvero il rendersi conto che tutti gli artifici, i magheggi, i palazzi di Sloan Avenue e le idee creative nella scrittura dei bilanci non intaccano alcuni dogmi. Il primo dei quali è che i soldi che spendi in più di quelli che hai si accumulano e avvelenano la Nazione. Lottare contro il debito non è una fissazione da nordici freddi e privi di immaginazione, è la base per far prosperare le Nazioni (e in questo caso anche la Chiesa). La grande lezione che possiamo apprendere da tutto questo è che nella finanza non esiste alcunché di sovrannaturale. E nemmeno i miracoli possono sistemare i conti. Ci vuole responsabilità e buona volontà. Parola di Papa Francesco.