Piero Marrazzo, la trans e lo sfogo contro la sinistra: “Da lì gli attacchi più duri, manco fosse la Chiesa…”

12 Ott 2024 13:04 - di Leo Malaspina

Il crollo, la gogna mediatica, l’addio alla politica, il purgatorio, il ritorno al lavoro da giornalista e la resurrezione: c’è tutto questo nel libro scritto da Piero Marrazzo, volto noto della tv ed ex presidente della Regione Lazio, col centrosinistra, che nel 2009 si trovò al centro di uno scandalo enorme di prostituzione, droga e ricatti, da parte di carabinieri disonesti. Piero Marrazzo, oggi, firma il libro “Storia senza eroi”, un romanzo scritto a otto mani, quelle dell’ex presidente della Regione Lazio e quelle delle tre figlie, nel quale ripercorre la sua vita fatta di successi giornalistici e politici, prima della devastazione della sua vita personale e familiare.

Piero Marrazzo si racconta anche il tradimento subito dalla sua sinistra

In un’intervista di Roberto Gressi sul settimanale 7 del “Corriere della Sera” Marrazzo ripercorre lo scandalo che nel 2009 lo costrinse a dimettersi e eclissarsi dalla scena politica dopo il ricatto di quattro carabinieri, per aver frequentato, in via Gradoli,  a Roma, ka transessuale Natalie e aver utilizzato l’auto di servizio della Regione. “Il frutto di una debolezza della vita privata finita dato in pasto ai giornali scandalistici”, ma anche una vicenda che ha determinato la separazione con la seconda moglie Roberta Serdoz, non senza momenti difficilissimi vissuti con le tre figlie Giulia, Diletta e Chiara. 

Il 3 luglio 2009, in via Gradoli a nord di Roma, Marrazzo venne sorpreso da quattro Carabinieri in borghese irrompono nell’appartamento della prostituta transessuale Natalie, dove trovano anche sostanze stupefacenti. I quattro filmarono tutto, senza farsi notare, e accusarono il politico di far uso di cocaina. Marrazzo decise di non denunciare e di cedere al ricatto. Ma poi la vicenda venne fuori. Fu un complotto organizzato da Carabinieri infedeli, che avrebbero preparato la scena con droghe e la tessera personale della vittima sul tavolino, fu la sentenza della Cassazione, che consentì al giornalista il ritorno al lavoro.  “Il silenzio schiaccia, perché il silenzio non cura anzi: bisogna rendersi conto di cosa vuol dire l’immagine di un uomo che cade e si rialza… Quello che avevo fatto, per un uomo pubblico, non era opportuno. Non avevo adempiuto all’obbligo che avevo nei confronti delle Istituzioni. Mi ero occupato di Sanità e Rifiuti, che chi tocca muore, e mai un sospetto, tanto meno un’inchiesta”.
Poi l’accusa alla sua sinistra:
“Sono convinto che la sinistra non sia una Chiesa, e che la politica non debba entrare nelle mutande delle persone, come principio generale. È frequente l’uso della sessualità per colpire gli altri. Dalla corruzione, che mai mi ha riguardato, si esce. Dalla sessualità no…”.

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