Pioggia di bombe sul Libano, lancio di razzi su Israele: ucciso in un raid il capo del braccio armato di Hamas

5 Ott 2024 8:50 - di Redazione
Israele Libano

Mentre gli allarmi e le sirene antiaerei, che indicano il lancio di razzi contro lo Stato ebraico, stanno risuonando in tutto il nord di Israele, compresi Nazareth, Yokneam, Migdal HaEmek, e nelle pianure di Esdraelon e di Wadi Ara, con Hezbollah che riferisce di scontri con le truppe israeliane al confine con il Libano, Hamas conferma l’uccisione in Libano di Saeed Atallah Ali, un comandante del braccio armato del gruppo, le Brigate al-Qassam ucciso, secondo quanto confermato da Hamas e riportato dalla tv satellitare al-Jazeera, in un raid di un drone israeliano che ha colpito il campo profughi palestinesi di Beddawi, nella zona di Tripoli, nel nord del Paese dei Cedri.

Israele, ucciso in un raid in Libano il comandante delle brigate al-Qassam

Nell’operazione, stando a quanto riferisce un comunicato dei miliziani palestinesi, sono rimasti uccisi anche la moglie e due figlie di Atallah Ali. E il messaggio si conclude con la “promessa” «al nostro popolo di vendicare il sangue puro versato e di confermare che la nostra prossima serie di risposte sarà nei fatti prima che nelle parole», afferma Hamas.

Israele punta a chiudere gli scontri in Libano entro 2-3 settimane

Intanto, dal fronte delle Idf, continuano i bombardamenti di Tel Aviv contro le roccaforti di Hezbollah nel Paese. Raid che segnano la «campagna aerea più intensa» al mondo al di fuori di Gaza degli ultimi due decenni. Una intensità e una continuità d’azione con cui Israele punta a chiudere gli scontri in Libano contro Hezbollah entro due o tre settimane.

Pioggia di bombe sul Libano: l’attacco record non è finito

Secondo il ministero della Salute libanese, i raid di Israele hanno ucciso in meno di tre settimane oltre 1.400 persone, ferendone circa 7.500 e costringendo più di un milione di persone a lasciare le proprie case. Non solo. Secondo il gruppo di monitoraggio dei conflitti Airwars, i bombardamenti di Tev Aviv contro le roccaforti di Hezbollah nel Paese, segnano la «campagna aerea più intensa» al mondo al di fuori di Gaza degli ultimi due decenni.

L’analisi della Cnn: «Un’intensità offensiva mai registrata negli ultimi 20 anni»

Gli attacchi dello Stato ebraico avvengono a «un livello e a un’intensità che gli stessi alleati di Israele non avrebbero mai effettuato negli ultimi 20 anni», ha dichiarato alla Cnn Emily Tripp, direttrice del gruppo con sede nel Regno Unito, che citato la campagna militare guidata dagli Stati Uniti contro l’Isis nel 2017, dove, al culmine della battaglia per Raqqa – la capitale de facto del gruppo terroristico – sono state impiegate 500 munizioni in un solo giorno.

Nello specifico, ad esempio, secondo i dati di Airwars analizzati dalla Cnn, nell’arco di due giorni, il 24 e il 25 settembre, l’esercito israeliano ha dichiarato di aver utilizzato 2.000 munizioni e di aver effettuato 3.000 attacchi. In confronto, per la maggior parte dei 20 anni di guerra in Afghanistan, gli Stati Uniti hanno effettuato meno di 3.000 attacchi all’anno, a parte il primo anno dell’invasione, in cui sono stati effettuati circa 6.500 attacchi.

Blinken annuncia 157 milioni di dollari in nuovi aiuti umanitari per le popolazioni libanesi

Intanto, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha annunciato che gli Usa forniranno «quasi 157 milioni di dollari in nuovi aiuti umanitari per supportare le popolazioni colpite dal conflitto in Libano e nella regione». Un «finanziamento che affronterà le esigenze nuove ed esistenti degli sfollati interni, delle popolazioni di rifugiati all’interno del Libano e delle comunità che li ospitano», ha spiegato Blinken in un comunicato pubblicato dal Dipartimento di Stato americano.

Allerta Fbi per il 7 ottobre

E negli Usa scatta l’allerta Fbi e Dipartimento per la sicurezza interna per possibili minacce alla sicurezza o violenze in vista del 7 ottobre. Quando sarà passato un anno dall’attacco di Hamas in Israele e l’anniversario, è la valutazione nel contesto del conflitto in corso, potrebbe essere «un fattore motivante per estremisti violenti o autori di crimini d’odio a commettere atti di violenza o minacciare la sicurezza pubblica».

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