Spioni e dossier dalle banche dati: prime ammissioni. Il Copasir convoca il procuratore di Milano Viola
Nel fitto labirinto delle indagini sui presunti dossieraggi illeciti che hanno investito il cuore della sicurezza italiana, emerge una storia di potere e accessi riservati, intrecciata con un uso distorto delle informazioni. Le dichiarazioni spontanee di Giulio Cornelli, giovane informatico e tra gli arrestati ai domiciliari, sembrano dare il tono di una vicenda che sembra ormai intricata. «Chiarirò tutto quello che potrò chiarire, voglio uscire da questa storia e tagliare con ambienti che non mi riguardano», ha dichiarato al giudice per le indagini preliminari di Milano, Fabrizio Filice. Difeso dall’avvocato Giovanni Tarquini, Cornelli si è avvalso della facoltà di non rispondere, lasciando però aperta la porta a ulteriori spiegazioni future davanti al pm della Dda, Francesco De Tommasi.
Il doppio fronte: organizzativo e politico
In un quadro che già vede diverse incrinature, si solleva una questione di responsabilità istituzionali e organizzative. L’eurodeputato azzurro Massimiliano Salini, ospite a Coffee Break su La7, ha posto interrogativi taglienti sull’efficacia dei controlli interni: «Perché questi comandanti non hanno effettuato i controlli oppure, se li hanno effettuati, perché i provvedimenti della magistratura stanno riguardando solo gli agenti e non i controllori?» A complicare il tutto, Salini ha poi sottolineato la nomina di Enrico Pazzali, figura chiave nella società coinvolta, Equalize, evidenziando l’aspetto politico della sua selezione da parte del Presidente della Regione Lombardia in intesa col milanese Beppe Sala, sindaco del Pd.
Silenzi e crepe tra le indagati
Al settimo piano del Palazzo di giustizia di Milano, il copione sembra seguire uno schema già noto: silenzi strategici, dichiarazioni vaghe, e qualche spaccatura che inizia a emergere. Samuele Nunzio Calamucci, informatico accusato di partecipare all’organizzazione illecita, ha scelto di non rispondere, pur mantenendo l’intenzione di chiarire la propria posizione, come Cornelli, in un secondo momento. «Ci sono delle esagerazioni, rappresentano fatti che sono impossibili dal punto di vista empirico», ha affermato Calamucci rispetto alla possibilità di “bucare il sistema”, in un velato tentativo di minare la credibilità dell’accusa.
Anche l’ex superpoliziotto Carmine Gallo, tra i principali sospettati, si è avvalso della facoltà di non rispondere, ribadendo solo di aver sempre rispettato la legge e di voler affrontare le accuse una volta completata la lettura degli atti. La sua reputazione come esperto di criminalità organizzata e precedentemente membro della squadra Mobile aggiunge un livello di complessità alle indagini, portando i riflettori su un individuo che, per anni, è stato un protagonista nella lotta alla criminalità. «È la vita», pronuncia a fatica senza fuggire dalle telecamere che ben conosce.
Legami pericolosi
Eppure, tra gli interrogati qualcuno a parlare c’è. Il poliziotto Marco Malerba sembra scuotere maggiormente il caso, ammettendo apertamente le imputazioni. «Sì, ho fatto gli accessi, ci scambiavamo favori». La giustificazione? «Era il mio ex capo e non sono riuscito a dire di no». Un’ammissione diretta che lascia intendere un sistema di accordi sottobanco tra ex colleghi e pone un ulteriore peso sulla figura di Gallo, proprio suo ex superiore.
A lasciar intendere che dietro alla facciata di Equalize potesse nascondersi un complesso gioco di potere è tuttavia l’investigatore privato Massimiliano Camponovo. «Sono preoccupato, temo per la mia incolumità e quella della mia famiglia – ha detto l’uomo al gip Filice – Avevo percepito che dietro a questo sistema c’era qualcosa di oscuro quindi a un certo punto sono stato al mio posto. Mi passavano i dati e facevo i report». Per i quattro arrestati, e per qualche altro indagato, la procura ha chiesto al riesame un inasprimento della misura, ma l’udienza non è ancora stata fissata.
L’intervento del Copasir
Nel tentativo di comprendere la portata e le ramificazioni di questa vicenda, il Copasir ha deciso di convocare il procuratore di Milano, Marcello Viola, il prossimo 7 novembre alle ore 14. L’audizione, prevista a porte chiuse, getta un’ulteriore ombra sul caso e alimenta i sospetti su eventuali complicità esterne di servizi segreti stranieri. Il giorno precedente, il direttore dell’Agenzia informazioni per la sicurezza esterna(Aise), Giovanni Caravelli, sarà anch’egli sentito dal Comitato, a conferma che la questione della sicurezza delle banche dati italiane è diventata una priorità di stato.
Il caso resta aperto
Come già ribadito dalla premier Giorgia Meloni, «esiste un mercato delle informazioni, come si rubavano i gioielli, oggi accade con le informazioni. Prima in banca, poi a Milano, poi a Roma… Avevamo già varato un tavolo», ma ciò che preoccupa davvero è «l’infedeltà dei funzionari che usano il loro potere per fare altro». Tra dichiarazioni, silenzi e ammissioni, la questione resta aperta.