Ai governi europei di sinistra i conti non tornano più: bocciati anche dai mercati
Non è più la destra a spaventare i mercati, ma la sinistra. Se un tempo la spinta per la deregolamentazione e le riforme strutturali scatenava ansia nei palazzi della finanza, oggi è la debolezza delle politiche fiscali e l’ambiguità delle promesse di sinistra a far suonare i campanelli d’allarme. I governi progressisti in Germania, Gran Bretagna e altrove, sono l’emblema di un dilemma senza uscita: salvare il bilancio o salvare la faccia? Per il mercato, la risposta è evidente: il pericolo si chiama sinistra.
Quando la sinistra tenta di indossare la maschera di Batman
L’austerità è per i governi di sinistra ciò che una scena d’azione sarebbe per Nanni Moretti: un ruolo che non calza e che lascia insoddisfatti sia il pubblico sia la critica. Se la sinistra prova infatti a indossare il mantello del supereroe economico, ecco che il risultato è un disastro annunciato. Un po’ come se l’acclamato attore italiano, introspettivo e malinconico, tentasse di impersonare Batman, l’eroe oscuro che salva Gotham. Un’idea che, a dirlo con onestà, non avrebbe mai la forza di convincere. La sua essenza sta nella riflessione, non nel combattimento fisico, e così, quando i governi socialdemocratici tentano di recitare il ruolo dell’austero Batman fiscale, il risultato scontenta tanto la base elettorale quanto gli investitori.
Un disastro al botteghino già annunciato
Vero che, l’austerità è uno di quei film che nessuno vuole vedere. Le misure fiscali pesanti, i tagli alla spesa sociale, le aumentate imposte… e se ad adottarle è un partito che da sempre si professa al fianco dei lavoratori, il pubblico è pronto a disertare. Secondo i ricercatori, infatti, un pacchetto di aumenti fiscali pari all’1% del Pil può costare in media a una forza politica il 7% dei voti nelle elezioni successive. È quanto emerge da uno studio recente dell’economista Alberto Alesina e del suo team.
Germania: Una leadership allo sbaraglio e i mercati spazientiti
Un esempio concreto? La Germania di Olaf Scholz. Il Paese un tempo simbolo di stabilità fiscale e disciplina di bilancio, oggi si trova in balia di una crisi politica e istituzionale. Il crollo della coalizione “semaforo” di Scholz, già appesantita da compromessi e divisioni interne, ha lasciato il cancelliere senza una solida maggioranza e con un bilancio lacunoso. Il licenziamento del ministro delle Finanze, il liberaldemocratico Christian Lindner, ha rimosso l’ultimo freno alla spesa pubblica, gettando il governo nel caos. Friedrich Merz, leader dei conservatori dell’opposizione e attualmente in testa nei sondaggi nazionali, ha chiesto che il voto di fiducia avvenga «al più tardi all’inizio della prossima settimana», un appello sostenuto anche da altri partiti d’opposizione e dall’industria tedesca, alle prese con costi elevati e una concorrenza asiatica sempre più agguerrita. Così, i mercati hanno reagito con un aumento dei rendimenti dei Bund decennali, segnalando inequivocabilmente che la pazienza è finita. Uno scenario che si ripete: nel 2003, quando il cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder tentò di interpretare il ruolo del “politico serio” attraverso una serie di riforme economiche dolorose, alle urne subì una débâcle, con Angela Merkel che vinse le elezioni due anni dopo e rimase al potere per oltre un decennio, senza pagare alcun prezzo per l’austerità.
I progressisti violano il contratto con la base
Quando, come nel caso della Norvegia, il partito laburista riesce a evitare l’austerità grazie alla ricchezza petrolifera, non c’è un problema. Ma se le risorse scarseggiano e un governo di centrosinistra è costretto a stringere la cinghia, gli elettori non sono affatto entusiasti. Un’altra ricerca dice che, una riduzione dei benefici di welfare sotto un governo di centrosinistra fa scendere la fiducia degli elettori del 2,4%. Per i partiti di destra? Un colpo simile non è pervenuto. Il cambiamento di approccio fiscale diventa per la sinistra dunque una “violazione del contratto” con la sua base.
Il rompicapo della sinistra senza soluzione
Ma la situazione è destinata a peggiorare. Il Fondo Monetario Internazionale prevede che il debito pubblico globale supererà i 100 trilioni di dollari entro la fine di quest’anno, con un aumento significativo nei prossimi anni. I governi, per ridurre o stabilizzare il debito, dovranno adottare misure di austerità più rapide e incisive. Ma il punto è questo: se non lo fanno, i mercati non glielo perdoneranno.
La politica fiscale non è una commedia
Gli investitori sono sempre più nervosi. I mercati del debito sovrano stanno iniziando a rispondere in modo più severo ai governi di sinistra che non riescono a tenere i conti in ordine. Nel Regno Unito, i titoli di Stato a 30 anni sono ormai vicini al 5% di rendimento, un segnale che i mercati non accettano più incertezze fiscali.
I mercati si fidano della destra italiana e temono la sinistra
Domenico Lombardi, economista esperto, sottolinea come l’Italia di Giorgia Meloni abbia aperto una nuova strada in Europa, guadagnando la fiducia dei mercati grazie a una politica economica solida e stabile, «senza cercare scorciatoie». A suo avviso, l’esecutivo di centrodestra si è dimostrato capace di coniugare prudenza fiscale e stabilità politica, esportando fiducia in un contesto europeo in crisi. «I mercati – afferma Lombardi – non hanno ideologie ma apprezzano e “prezzano” la solvibilità dei loro debitori». «In questi due anni, l’economia italiana ha beneficiato di una inedita stabilità politica e di una postura politica-economica incentrata inequivocabilmente sulla prudenza», dice al Secolo. Lombardi ritiene che, per mantenere questa fiducia, sarà cruciale puntare sul dinamismo economico, specialmente ora che le principali economie, come la Germania e la Francia, arrancano. «L’Italia ha subito colto quest’oppurtunità strategica», ma «guardando in avanti, si tratta di impostare una relazione privilegiata con la nuova amministrazione Trump da cui il Belpaese emerga come l’interlocutore più affidabile e strategico in Europa, nel rispetto del nostro interesse nazionale».
Il governo Meloni ha tracciato la rotta
Il governo Meloni ha tracciato una rotta. E se ora i mercati vedono la destra come modello da seguire, guardano invece di cattivo occhio alle ricette della sinistra. Un cambio epocale certo, ma che per l’Italia potrebbe essere la chiave per un nuovo film di successo sul palco internazionale.