Albania, l’ultima mossa della macchina anti-italiana della sinistra e dei giudici militanti. La Sicilia insegna
I numeri parlano chiaro e la strategia di una parte, minoritaria ma rumorosa, della magistratura è lampante. Sul terreno minato dell’immigrazione clandestina, deflagrata con il caso Albania, la sinistra cavalca la sua crociata contro il governo Meloni da sempre. Non si contano le manovra per osteggiare le politiche migratorie di Palazzo Chigi con una strategia deliberata a tavolino. Le più recenti sono in cima alle cronache giornalistiche: prima l’attacco del Tribunale di Roma sui Paesi sicuri. Poi il ricorso dei giudici di Bologna alla Corte di Giustizia europea del Tribunale di Bologna, infine l’ultimo stop delle toghe di Catania. Ma c’è un filo rosso che unisce la macchina anti-italiana delle opposizioni alleati con le toghe militanti.
L’Albania è solo l’ultimo esempio della sinistra anti-italiana
Questa estate, in appena un mese e mezzo è stata neutralizzata l’apertura (il 15 agosto) di un nuovo Cpr a Porto Empedocle in provincia di Agrigento. La questura aveva deciso per il trattenimento di 74 migranti irregolari. Ma il 28 settembre i giudici di Palermo hanno deliberato che ben 64 trattenimenti erano illegittimi e quindi liberato i clandestini. Insomma il 90% delle decisioni prefettizie sono state buttate via dai magistrati, a favore dei migranti senza documenti. E la manina è sempre lo stessa. A capo della sezione immigrazione del Tribunale di Palermo c’è il giudice Piergiorgio Morosini, guarda il caso ex segretario generale di Magistratura democratica. Protagonista indiscusso delle lotte pro immigrazione al fianco dei colleghi militanti Albano e Apostolico.
Motivazioni copia e incolla delle sentenze dei giudici militanti
Le motivazioni sono sempre le stesse “copia e incolla”. Le sentenze recitano tutte più o meno la stessa formula: la presunta mancanza della “dovuta motivazione sulla necessità del trattenimento”. In una delle tante sentenze sul rilascio dei 64 migranti, i giudici palermitani scrivono infatti che esiste una «discrezionalità nell’esercizio del potere”. Identico il meccanismo che riguarda un migrante tunisino, dove si ribadisce “il potere discrezionale”. Sul terreno dell’immigrazione clandestina le toghe rosse agitano sempre la bandiera della discrezionalità per far naufragare la strategia del governo e le scelte del Parlamento.
A Porto Empedocle la sinistra si è allenata
L’esempio del centro di Porto Empedocle è una cartina al tornasole delle mosse future contro il protocollo Italia-Albania. Anche qui, le mancate convalide del Tribunale dei migranti di Roma poggiano sulla presunta decisione autoritaria del governo sulle procedure accelerate di frontiera. Il copione non cambia: basta scorrere le 8 sentenze, sempre del Tribunale di Palermo nell’ambito dei trattenimenti nel Cpr siciliano, dove sono stati rilasciati 8 tunisini. Secondo i magistrati bisognava “non considerare il paese sicuro per le persone della comunità Lgbtq”. Esattamente ciò che è successo per i primi uomini del Bangladesh e dell’Egitto arrivati in Albania. Insomma la macchina delle toghe per boicottare il trasferimento in Albania è al lavoro da tempo, con la grancassa dei giornali che ogni giorno coccolano i paladini dell’accoglienza senza se e senza ma.