Arresto per Netanyahu, Meloni: “No equivalenze tra Israele e Hamas”. E porta la questione al G7
“Un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas”. Giorgia Meloni ha commentato così la decisione della Corte penale internazionale di emettere un mandato di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, insieme a quello per il capo del braccio armato di Hamas, Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, noto anche come Mohammed Deif, che Israele tempo fa ha annunciato di aver ucciso senza però che vi fosse mai una conferma da parte di Hamas. Il premier ha chiarito che “approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale. Motivazioni – ha aggiunto – che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”. Inoltre, Meloni ha fatto sapere che “la Presidenza italiana del G7 intende porre il tema all’ordine del giorno della prossima ministeriale Esteri che si terrà a Fiuggi dal 25 al 26 novembre”.
Meloni investe il G7 del mandato di arresto per Netanyahu
La sentenza ha spiazzato le cancellerie europee, strette tra le valutazioni politiche sul conflitto in Medio oriente e la necessità di tenere fede agli impegni assunti con la Cpi. Un’eco del dibattito si è avuta anche in Italia. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e il ministro della Difesa, Guido Crosetto, prendendo le distanze dal merito della sentenza hanno entrambi sottolineato, sostanzialmente, che non è possibile ignorarla. Tajani, parlando di “sentenza sbagliata” ha chiarito anche che “noi sosteniamo la Corte, ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico. Valuteremo insieme ai nostri alleati cosa fare e come interpretare questa decisione”. Discorso simile per Crosetto, mentre Matteo Salvini in mattinata è sembrato fare una fuga in avanti, dicendo che se il primo ministro israeliano “venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri”. Più tardi, però, anche il vicepremier leghista ha precisato le sue parole, sottolineando che sulla questione del mandato di arresto per Netanyahu “sono convinto che Giorgia Meloni troverà una sintesi, ma il problema è a livello internazionale” e ringraziando il premier e tutto il governo “che stanno cercando di portare pace ed equilibrio”.
La Germania farà un “esame coscienzioso”, la Francia “prende atto”
Fra i grandi partner europei, la Germania ha annunciato un “esame coscienzioso” del caso. “Esamineremo attentamente” le misure da adottare, ha dichiarato in una nota il portavoce del governo Steffen Hebestreit, sottolineando che “la Germania ha partecipato all’elaborazione dello statuto della Cpi ed è uno dei suoi maggiori sostenitori”, ma non garantisce l’applicazione della sentenza e, dunque, un eventuale arresto nel caso Netanyahu dovesse recarsi nel Paese, anche alla luce della sua storia, che determina “relazioni uniche e una grande responsabilità nei confronti di Israele”. La Francia, si legge in una nota del ministero degli Esteri, “prende atto” dei mandati d’arresto e “fedele ai suoi impegni di lunga data a sostegno della giustizia internazionale, ricorda il suo attaccamento al lavoro indipendente della Cpi”.
Londra, Dublino e Amsterdam pronte a eseguire l’arresto
Londra ha fatto sapere che “la Gran Bretagna rispetta sempre i suoi impegni giuridici così come previsto dalle leggi nazionali e anche da quelle internazionali”. Il portavoce premier Keir Starmer, che ha rilasciato questa dichiarazione, però, non è voluto entrare nel merito del caso specifico. L’Olanda, invece, si è detta subito pronta ad agire in linea con il mandato di arresto, se necessario. E lo stesso ha fatto l’Irlanda. “Sì, assolutamente. Sosteniamo i tribunali internazionali e applichiamo i loro mandati”, ha risposto il Taoiseach (il capo del governo irlandese, ndr), Simon Harris alla domanda dell’emittente Rte se Netanyahu verrebbe arrestato nel Paese.
Orban: “Inviterò Netanyahu in Ungheria”
Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, è stato invece altrettanto chiaro nel dire che “non abbiamo altra scelta che sfidare questa decisione”. “Inviterò Netanyahu a venire in Ungheria, dove posso garantirgli che la decisione della Cpi non avrà alcun effetto”, ha aggiunto Orban ai microfoni della radio ungherese.
L’ira degli Usa, che però non sono membri della Cpi
Di vicenda “scandalosa” hanno parlato subito anche gli Usa. “Vorrei essere chiaro ancora una volta: qualunque cosa la Cpi possa insinuare, non c’è equivalenza, nessuna, tra Israele e Hamas. Saremo sempre al fianco di Israele contro le minacce alla sua sicurezza”, ha fatto sapere il presidente Joe Biden con una nota. Gli Usa, però, non sono tra i Paesi membri della Corte.