Commissione Ue, l’Europa entra in una nuova fase. Fitto: “Sfide cruciali, insieme le vinceremo”

27 Nov 2024 21:05 - di Agnese Russo
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Con il voto del Parlamento europeo, riunito in plenaria a Strasburgo, è ufficialmente nata la nuova Commissione Ue, la von der Leyen bis. Il collegio ha incassato 370 voti a favore, 282 contrari e 36 astenuti su 688 votanti. Si tratta del consenso più basso mai registrato da una Commissione, ma la presidente ha comunque salutato il risultato parlando di “una buona giornata per l’Europa”. Dopo il braccio di ferro delle scorse settimane, la Commissione può iniziare a lavorare, ed è questo, ha lasciato capire Ursula, ciò che conta.

Fitto: “Per l’Ue sfide cruciali, lavorando insieme le vinceremo”

Si apre una nuova fase per l’Ue, che per la prima volta vede un vicepresidente esecutivo espressione della destra: Raffaele Fitto. “L’Unione europea – ha detto Fitto – si trova di fronte a sfide cruciali da cui dipende il suo futuro e quello dei suoi cittadini. Nei prossimi anni sarà fondamentale lavorare tutti insieme e dare prova di unità perché solo in questo modo saremo in grado di vincere queste sfide, rilanciare il progetto europeo e difendere con forza i valori su cui esso si fonda. Questi obiettivi potranno essere raggiunti solo con il contributo di tutti. Ogni mia energia e tutto il mio impegno dei prossimi cinque anni saranno dedicati a questo scopo, nel pieno rispetto dei Trattati ed a difesa dell’interesse comune europeo”.

Il voto della plenaria per la nuova Commissione Ue

Tra le delegazioni italiane, M5S, Lega e Avs hanno votato contro. FdI, FI e Pd hanno votato a favore, ma i dem hanno registrato due defezioni eccellenti: Cecilia Strada e Marco Tarquinio, che hanno votato no. La Lega sui propri social ha comunque sottolineato che, nonostante il voto contrario alla Commissione Ue, “sostiene il vicepresidente esecutivo italiano, Raffaele Fitto”. In generale, il voto si è svolto più per delegazioni nazionali che per gruppi. Particolarmente eclatante il caso dei popolari spagnoli, che hanno votato no a causa della vicepresidenza esecutiva assegnata alla connazionale socialista Teresa Ribera, nonostante il Ppe sia il perno dell’aggregazione che ha sostenuto la rielezione di von der Leyen alla presidenza. La circostanza è significativa perché conferma che l’idea di una maggioranza rigida, sul modello delle maggioranze nazionali, in sede europea non ha senso. Checché ne vada dicendo la sinistra, indisponibile ad accettare la fine di una Ue a trazione di centrosinistra e il probabile inizio di un’era in cui sarà la destra a contare sempre di più. Perché poi è sui dossier, dunque sui temi, che si determinano le maggioranze e il discorso di von der Leyen prima del voto è stato rivelatore, dal Green deal, che diventerà Green industrial deal, al dossier migranti, basato su “difesa delle frontiere esterne e rafforzamento della sicurezza interna”.

Procaccini: “Meloni detonatore dei nuovi equilibri”

Nicola Procaccini, eurodeputato di FdI e co-presidente di Ecr, spiegando perché il fatto che la destra italiana a luglio abbia votato contro la rielezione di von der Leyen non sia in contraddizione col fatto che ha votato a favore della Commissione, ha chiarito che “sono due voti diversi. Il primo si esercita su un programma politico, che noi abbiamo ritenuto troppo in continuità con il precedente. Il secondo voto si esprime sulla composizione del Collegio, che è determinante nell’attuazione del programma”. “Ognuno ci arriva con i propri valori ed è chiaro che Raffaele Fitto metterà a disposizione della Commissione le sue idee, quindi non avremmo potuto votare contro un vicepresidente conservatore, peraltro italiano, con il quale condividiamo lo stesso patrimonio di valori”, ha detto Procaccini, sottolineando che “sono cambiati alcuni equilibri politici al Parlamento europeo, ma in generale anche nel Consiglio europeo e quindi nella Commissione. E credo che vada dato atto che il detonatore di questi equilibri credo sia Giorgia Meloni”.

Il voto manda ancora più in tilt la sinistra

Col voto in plenaria, dunque, la destra porta a casa un risultato che apre nuove, proficue prospettive, all’interno di un percorso che rimanere coerente. L’esatto opposto di quanto accade a sinistra, dove l’appoggio finale alla Commissione e a Raffaele Fitto, arrivato sulla scorta di un pressing che ha coinvolto anche il presidente della Repubblica, invece di sanarle, ha fatto esplodere nuove contraddizioni. Col Pd in prima fila a denigrare quella Commissione per la quale pure ha votato.

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