Conversazioni secolari, Busacca: “Viviamo nell’epoca della Fasciofobia: l’intolleranza tutta antifascista”

3 Nov 2024 11:12 - di Lorenzo Cafarchio

E diciamolo subito: viviamo nell’epoca della Fasciofobia. Ecco il titolo della prima fatica letteraria vergata dallo storico caporedattore di Libero Alberto Busacca ovvero Fasciofobia. Bugie e follie dei nuovi antifascisti (256 pp.; 20,00€), con la prefazione di Daniele Capezzone, edita dalle frizzanti produzioni Signs Publishing di Marco Carucci. Un viaggio nel trash della long-partigianeria che a distanza di, quasi, 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale riempie le pagine dei giornali, i salotti televisivi e invade la rete. Dall’Anpi, alla questione morale, passando per la Costituzione, i martiri delle Foibe e un primato culturale che è generato, spesso e volentieri, dell’inettitudine dell’altra barricata. Il testo di Busacca inserisce i suoi appunti su questo filone ed è una preziosa cassetta degli attrezzi per scardinare la retorica scuratiana di questi tempi. Tra una riunione redazionale e l’altra ci siamo seduti al tavolo dell’autore per analizzare il testo.

Spesso erroneamente, solitamente in cattiva fede, si parla del Fascismo degli antifascisti. La sua ultima pubblicazione mette ordine davanti a questo tipo di confusione intellettuale…

«La definizione di confusione intellettuale mi sembra purtroppo perfetta. Tante volte, di fronte ad antifascisti che ad esempio impediscono di parlare a chi non la pensa come loro, magari usando pure le maniere forti, qualcuno dice “ecco, i veri fascisti sono loro”. Così i cattivi sono sempre fascisti. E invece bisognerebbe ammettere che esistono, da decenni, anche una violenza e un’intolleranza di matrice antifascista».

In vent’anni da cronista avrà visto moltiplicarsi la narrativa che vede fascisti in ogni anfratto della società. Alcuni passaggi li racconta nel testo. Ci porti in quelli che più l’hanno colpita…

«Negli ultimi anni abbiamo visto davvero di tutto. Il pastificio messo sotto accusa per un formato di pasta giudicato nostalgico, l’inchiesta sulla torta con la faccia del Duce, l’orso trasformato in nuovo partigiano, il babbo Natale messo a testa in giù perché secondo qualcuno aveva il braccio teso… un delirio che ha danneggiato in primo luogo proprio l’antifascismo, facendolo percepire come una cosa grottesca».

Il revisionismo di sinistra quanto è pericoloso?

«La parola revisionismo non deve fare paura. Diceva Renzo De Felice che “per sua natura lo storico non può che essere revisionista, dato che il suo lavoro prende le mosse da ciò che è stato acquisito dai suoi predecessori e tende ad approfondire, correggere, chiarire la loro ricostruzione dei fatti”. Il problema è quando il revisionismo ha un fine politico. E l’uso politico della storia è un “vizietto” che riguarda molto più la sinistra che la destra».

Almirante, Costituzione, saluti romani e Foibe: la mistificazione è diventata un’arte senza regole…

«Alcune bugie che raccontano sono clamorose. Una in particolare che mi ha colpito: Almirante è responsabile della strage di Niccioleta del 1944, in cui morirono 83 persone. Una tesi che gira sui social e che poi è stata ripresa anche da alcuni giornali e da alcuni guru della sinistra. Peccato sia una bufala colossale, smentita anche dalla storiografia antifascista più seria».

Quali sono le colpe della politica del “patentino antifascista”?

«Se vuoi uno spazio pubblico devi firmare una dichiarazione di antifascismo, se vuoi ricoprire un ruolo istituzionale devi dirti antifascista… il giochino è chiaro: c’è chi crede di poter decidere chi può parlare e chi no. C’è chi crede, appunto, di poter dispensare patenti di presentabilità. Una logica assurda, anche perché sappiamo bene che tanto per qualcuno l’esame non sarà mai completamente superato».

Busacca, siamo arrivati alla fine, per lei è possibile da cronista una nuova narrativa scevra dal razzismo ideologico figlio del 25 aprile?

«Alcuni anni fa sembrava che le cose potessero cambiare. Ricordiamo il celebre discorso di Luciano Violante sui ragazzi di Salò o le parole di Giorgio Napolitano su Almirante e sul suo “superiore senso dello Stato”. Adesso siamo tornati indietro, perché la sinistra ha deciso che l’antifascismo deve tornare a essere uno strumento di propaganda elettorale, senza nemmeno rendersi conto che se continua a perdere è anche per questo motivo…».

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