Cremaschi stronca Landini: “Fa sparate che contano zero, non ha il coraggio di attaccare gli Elkann”

11 Nov 2024 10:01 - di Luciana Delli Colli
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Una Cgil priva di qualsiasi credibilità, “corresponsabile” insieme alla sinistra della crisi dei salari. L’attacco a Maurizio Landini arriva da una voce storica del sindacato, quel Giorgio Cremaschi che fu segretario nazionale della Fiom e oggi è portavoce di Potere al popolo. Per Cremaschi le minacce di “rivolta sociale” lanciate dal leader della Cgil “sono solo sparate”, che “contano zero se non si ha il coraggio di rompere con gli Elkann, e costringerli a pagare il conto”. Ma, ed è questo il punto, la Cgil ha compiuto “scelte politiche” che sono andate nella direzione opposta e rispetto alle quali non emerge né la volontà né la possibilità di puntare i piedi a tutela dei lavoratori.

Cremaschi: “Da Landini solo sparate, non è credibile”

“La Cgil non ha lavorato per la rivolta sociale: semmai per la pace sociale. Non litiga più con la Confindustria, non litiga più con le aziende, firma contratti per pochi euro: al massimo litiga soltanto con il governo, in termini più di immagine che di sostanza. Dunque non è credibile”, ha spiegato Cremaschi, intervistato da La Verità. Per l’ex leader della Fiom si tratta del frutto di “una scelta politica, quella della concertazione, che non ho mai condiviso”. “Noi siamo l’unico Paese occidentale nel quale i salari negli ultimi 30 anni sono calati. Dappertutto i lavoratori hanno perso terreno, ma mai come in Italia. E di questo bisogna chiedere conto non solo alla destra. Il centrosinistra e sindacati – ha chiarito Cremaschi – sono corresponsabili. Le peggiori leggi contro il lavoro le ha fatte il centrosinistra, con il pacchetto Treu e con il Jobs Act: leggi criminali. Il centrodestra si è trovato il lavoro già fatto”.

Le responsabilità della sinistra e del sindacato nella crisi dei salari

Per questo motivo, le critiche di sinistra e sindacati a Stellantis che chiede soldi allo Stato sono irrilevanti. “I guai della Fiat non cominciano oggi. Qualsiasi politica sull’auto va fatta, tanto per cominciare, presentando il conto agli Agnelli, perché lo smantellamento della Fiat lo hanno voluto loro. Tavares è solo il continuatore della linea Marchionne. È per questo che John Elkann oggi è stupito di tanto clamore: ‘Ma come, avete portato in trionfo Marchionne, e non siete d’accordo con Tavares?’. Dal suo punto di vista, è una posizione coerente”, ha sottolineato Cremaschi, che a proposito della timidezza di Landini nei confronti degli Elkann, ha ricordato che “Landini divenne segretario della Fiom rompendo violentemente con la Fiat. Ero con lui, e subimmo la rottura sindacale, perché eravamo gli unici a dire no agli accordi firmati dalle altre sigle. Mi incazzai a morte con Bersani, allora segretario del Pd, che poneva l’aut aut: rinunciate al contratto nazionale oppure delocalizzano tutto. Insomma, c’era la Fiom contro il resto del mondo”.

La Cgil incapace di puntare i piedi con gli Elkann

E poi però “dev’essere successo qualcosa”, perché “la rottura è rientrata, i rapporti si sono ammorbiditi, Landini è diventato segretario della Cgil, che è un’altra cosa”. “Ripeto, io ho vissuto una stagione di scelte coraggiose, che dividevano il fronte sindacale. Adesso son tutti uniti, e persino la Fiom si è accodata agli altri. Questo è stato il segno della gestione di Landini”, ha commentato ancora Cremaschi, per il quale le promesse di lotta del leader della Cgil “non saranno mai realtà, se non rompono con Confindustria e Fiat”. Anche sulla questione dei fondi per l’elettrico, di cui Landini chiede il ripristino: “Sono contrarissimo. I soldi per incentivare gli investimenti non si devono concedere. O meglio: si possono concedere a due condizioni. Numero uno: gli Agnelli devono cedere una parte del pacchetto azionario, perché anche loro devono cacciare qualche soldo. Numero due: lo Stato deve controllare l’azienda con potere di veto. Se si apre una fase di controllo pubblico, come in Francia, se ne può parlare: ma dare soldi per incentivare l’acquisto di auto elettriche, per giunta fabbricate all’estero, è un ricatto da rispedire al mittente”. “Sull’elettrico Cremaschi si attesta sulla linea di Confindustria?”, ha chiesto quindi Federico Novella, che firma l’intervista. “Non lo nascondo. Persino durante il fordismo gli operai producevano macchine che potevano acquistare. Oggi producono auto elettriche che non possono permettersi. Se si vuole affrontare la riconversione dell’industria senza ritoccare i salari, si fa un gigantesco buco nell’acqua”.

 

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