Dl flussi e toghe ignoranti: attaccano FdI ma non hanno letto l’emendamento. E prendono un granchio
Con l’ultima crociata sui migranti stavolta i giudici hanno preso un granchio. Parliamo della battaglia, inaugurata dall’Anm e poi sposata dai presidenti di tutte le 26 Corti d’appello contro l’emendamento al decreto flussi presentato da Fratelli d’Italia che sposta le competenze per la convalida dei trattenimenti nei Cpr alle Corti d’Appello. Come per un riflesso pavloviano è partita la scomunica del testo tanto da impugnarlo, per così dire, davanti alla presidenza della Repubblica. Lo dimostra la vibrante lettera indirizzata a Mattarella con l’intenzione di bloccare la norma. Quell’emendamento, a prima firma Sara Kelany, a detta delle toghe, avrebbe determinato un terremoto nel sistema giudiziario per un presunto ‘aggravio’ di lavoro insostenibile. E, addirittura messo a repentaglio la realizzazione del Pnrr. Un “disastro” di proporzioni bibliche che i presidenti delle Corti d’appello hanno chiesto al Colle (ma hanno scritto anche ai ministri Nordio, Giorgetti e ai presidenti delle Camere) di bloccare.
La ridicola crociata dei giudici contro l’emendamento di FdI sui flussi
Eppure ai giudici indignati bastava semplicemente leggere con attenzione il testo dell’emendamento, come dimostra diffusamente oggi il Dubbio, per capire che l’intervento va nella direzione opposta a quella paventata dalle toghe. Che hanno preferito affidarsi all’interpretazione della grancassa mediatica pronta a impallinare il governo. “Si sono affidati a notizie di stampa – scrive il quotidiano – eppure sono magistrati. Leggere gli atti è il loro mestiere. Conoscere le norme, e leggerle prima di interpretarle, è il presupposto, del loro mestiere”.
Vanno alla battaglia senza aver letto il testo
Il nodo della questione sarebbe un aggravio di lavoro in capo agli uffici per il ripristino del reclamo in Appello per il diniego della “protezione internazionale”, cioè dell’asilo politico. Questo, unito allo spostamento delle competenze, secondo le toghe, manderebbe a carte quarantotto l’intero sistema. Peccato che non sia così. Il ripristino dei ricorsi contro il respingimento delle domande d’asilo in Corte d’Appello erano presenti nella versione originaria del decreto Flussi, il 145 del 2024. Ma l’emendamento presentato da FdI, proprio per evitare quel sovraccarico lamentato, interviene cancellando quella possibilità, quel ripristino. Infatti la proposta del partito di Meloni dà priorità al trasferimento alle Corti d’appello della competenza sui Cpr. Alleggerisce gli uffici di secondo grado della prima materia in modo da rendere sostenibile l’assegnazione della seconda.
Nessun aggravio di lavoro ma il contrario
In estrema sintesi non solo non si va ad aggravare di lavoro le Corti d’Appello ma si va a sgravare di numerose pratiche l’impegno degli uffici. E i magistrati se ne sarebbero resi conto se avessero pazientato per leggere tutto prima di partire all’attacco. Non si sono neppure fidati del ministro Carlo Nordio che, intervistato dal Corriere della Sera, aveva esplicitamente spiegato come il ripristino dell’appello sui richiedenti asilo fosse stato cancellato.
Qualcuno soltanto ieri si è accorto del granchio preso dai colleghi. Parliamo del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, che di ingranaggi normativi se ne intende, che ha ammesso l’errore parlando genericamente di “confusione”. Sarebbe stato ben difficile per il numero uno del sindacato unitario delle toghe riconoscere la figuraccia di una crociata basata sul nulla. “Certo – conclude il Dubbio – ci sarà, un po’ di confusione. Ma non nell’emendamento Kelany. Casomai a livello mediatico. E la netta sensazione è che i magistrati, i presidenti delle Corti d’appello innanzitutto, si siano comportati come un qualsiasi partito d’opposizione, non come giuristi”.