Elezioni regionali, illusioni a sinistra, Elly&co ci sperano: ma la spallata al governo resta un miraggio
Luci e ombre della vittoria del centrosinistra. Sì, perché nel day after dell’affermazione dem in Umbria ed Emilia Romagna l’analisi del voto non può limitarsi a una mera lettura dei numeri che, se da un lato asseverano con l’attendibilità della matematica percentuale l’affermazione di Pd e compagni – con i dovuti distinguo di peso elettorale naturalmente – dall’altro, al netto del convitato di pietra dell’astensionismo, confermano la fragilità degli equilibri che tengono precariamente in piedi il campo largo. E di contro, la solidità della coalizione del centrodestra, per quanto sconfitta alle urne.
Elezioni regionali, luci e ombre sulla vittoria del centrosinistra: editoriali a confronto
Già, perché se in ossequio alla sintesi ma con grande significatività politica – e con buona pace di prefiche e menagramo, tra gli Donzelli in un’intervista al Corriere della sera commenta: «Doveva essere una batosta, invece…», dallo stesso pulpito mediatico in un editoriale di analisi sul post regionali Antonio Polito rileva nell’incipit: «Il centrosinistra batte un doppio colpo, finisce bene l’anno e tira un grande sospiro di sollievo. Il girone di andata della legislatura si conclude infatti con un 11 a 3 a vantaggio del centrodestra. Negli ultimi due anni lo schieramento guidato da Giorgia Meloni aveva vinto sempre alle Regionali tranne che in Sardegna nove mesi fa. Ieri invece, proprio come era avvenuto in Sardegna, il cosiddetto «campo largo» è riuscito a riconquistare l’Umbria».
Polito sul “Corriere”: «L’opposizione è ancora lontana dal mettere davvero a rischio l’egemonia elettorale del centrodestra»
Ma in chiusura del suo editoriale in prima osserva anche: «Si può dire che gli avvenimenti internazionali e interni di questi due anni, per quanto rilevanti, non hanno finora cambiato l’equazione politica italiana: l’opposizione è ancora lontana dal trovare una credibilità politica e programmatica tale da mettere davvero a rischio l’egemonia elettorale del centrodestra». E nel mezzo osservazioni sui dati dell’affluenza elettorale – che Polito definisce «impressionanti, per una regione di grande tradizione civica come l’Emilia-Romagna, che sono scesi di più di 20 punti percentuali rispetto all’ultima consultazione, precipitando di nuovo sotto la metà degli aventi diritto».
I dubbi e i paletti sul cammino del campo largo alle prossime tornate elettorali regionali
Come anche i dubbi e le incertezze sul «girone di ritorno della legislatura, che comincia il prossimo anno con sei elezioni regionali, Campania, Veneto, Toscana, Puglia, Marche e Valle d’Aosta». E che «si annuncia però anche più difficile per l’opposizione». Stante l’incognita M5S con il suo leader che – scrive Polito nel suo editoriale – «in entrambe le regioni» vede il suo partito farsi «sempre più piccolo, fagocitato dall’alleato Pd in evidente crescita, e ormai troppo più grosso perché Conte possa pretendere di fare accordi tra pari». Per non parlare del 2025 del «campo largo» su cui si proietta sempre più fosca l’ombra del caso Campania, «visto che Enzo De Luca sembra deciso a correre anche senza da solo e contro il Pd; e se questo accadesse il centro sinistra andrebbe diviso alla battaglia elettorale, rischiando di cedere all’avversario una sua roccaforte».
Elezioni regionali, da governo e premier nessun cedimento
E per concludere, come scrive lo stesso Polito, sul bilancio della prima metà della legislatura, «non si può fare poi a meno di dare uno sguardo anche ai sondaggi che rilevano l’orientamento politico nazionale degli elettori: e lì non ci sono segnali di sostanziale erosione del vantaggio del centrodestra, che resta pressoché immutato. Né di cedimento del partito di Giorgia Meloni o della popolarità della premier».
Sechi: guai a scambiare un risultato senza sorprese con un’indicazione “nazionale”
A proposito di riverberi regionali sulla realtà nazionale, allora, dalle colonne di Libero quotidiano in edicola oggi il suo direttore responsabile Mario Sechi sgombera subito dal campo equivoci e voluti fraintendimenti. Tanto che in apertura del suo editoriale sottolinea: «Vincere nella fortezza rossa, dove il comunismo ha cambiato abito di scena ma non è mai morto, per la destra era impossibile; così come era logico per i dem riconquistare il potere dove il Pci e i suoi derivati avevano sempre governato dal 1970 fino al 2019, anno in cui la catena progressista s’era spezzata favorendo una vittoria della destra».
E ancora. «La notizia è un’altra, surreale: scambiare, come fa Elly Schlein, un risultato logico, senza alcuna sorpresa, come un segno di cambiamento, addirittura “un’alternativa” pronta all’uso. Non è solo una questione di propaganda, è il sistema di pensiero del Pd che scambia regolarmente il voto locale come un trend nazionale».
«Il centro? Disperso in galassie lontanissime dagli elettori»
E ancora: «La sinistra ha sempre perso dove la partita era realmente aperta (come in Liguria, dove la candidatura forte di Marco Bucci ha rivelato la debolezza di quella di Andrea Orlando), e ha vinto dove non c’era trippa per gatti (in Emilia Romagna e in Umbria). Se fosse valido quanto sostiene il Pd – cioè che il voto “indica una strada nazionale” – allora dovremmo concludere che il centrodestra è in crisi, uno scenario marziano».
Proseguendo quindi: «C’è un solo dato interessante in prospettiva: Schlein sta costruendo un partito che “mangia” gli alleati, fino a ridurli a minuscoli satelliti». Concludendo poi: «Il futuro di Giuseppe Conte è angusto nei numeri e caotico nella proposta politica. Quello di Fratoianni e Bonelli è ancorato a un’opposizione eterna, catturato dalla forza di gravità dell’estrema sinistra, in competizione con la linea peronista di Elly Schlein. Il centro? Per vederne le polveri serve il telescopio Hubble, è disperso in galassie lontanissime dagli elettori».
Elezioni Regionali, per Minzolini la sinistra ha chances solo se punta su «meno ideologia e più concretezza»
Per Minzolini, infine, editorialista del Giornale, «il campo largo è l’unica proposta politica che la sinistra ha per essere competitiva a patto, però, che il campo sia larghissimo, cioè che non sia inficiato da veti e contro-veti… Tant’è che in Liguria dove ha subito i “niet” di Conte la coalizione ha perso», osserva poco più avanti nella sua disamina sul voto. Ma il punto, per il giornalista, è soprattutto un altro: dalle indicazioni degli elettori che discendono dal risultato delle urne per Minzolini Pd e colleghi di coalizione dovrebbero capire che per essere competitivi e puntare a vincere servono «meno ideologia e più “concretezza”».
La prima cosa che ha chiesto De Pascale? Un incontro con la premier Meloni…
«Basta pensare – argomenta infatti l’editorialista – che la prima cosa chiesta dal nuovo Governatore dell’Emilia, Michele De Pascale, è stato un incontro con la Presidente del Consiglio per proporle un “patto” sugli interventi da realizzare nelle zone alluvionate. Rispetto all’impianto fortemente ideologico che ha accompagnato la campagna elettorale di Andrea Orlando in Liguria, un collage di giustizialismo e lotta di classe imposto dai 5stelle (ormai in caduta libera) e dalla sinistra radicale, in Emilia e in Umbria si è sentita tutt’altra musica. In fondo i due candidati-sindaci, De Pascale e Proietti, hanno replicato lo schema che in Liguria ha garantito al sindaco di Genova, Marco Bucci, la vittoria per il centro-destra».