Europa sovrana o succube? La destra sfida Bruxelles e punta all’autonomia strategica
Visto da Bruxelles
Il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump potrebbe rappresentare un’opportunità per l’Europa, spingendola ad accelerare il percorso verso un’autonomia strategica. Per il nostro continente è il momento di assumersi pienamente le proprie responsabilità e di investire risorse adeguate per garantire la propria indipendenza nel campo militare, energetico e industriale. Mentre le sinistre guardano alla politica estera attraverso un prisma ideologico, la destra italiana sta costruendo relazioni internazionali basate sul rispetto reciproco e sulla difesa dell’interesse nazionale. In questo contesto, Fratelli d’Italia e i Conservatori europei possono diventare protagonisti del rilancio politico ed economico dell’Ue, costruendo con gli Usa un rapporto non di sudditanza, ma fondato su valori e interessi condivisi.
Bruxelles e la sfida dell’influenza internazionale
Uno dei principali dibattiti ricorrenti a Bruxelles è proprio come rendere l’Unione Europea una forza in grado di contare anche sulla scena internazionale. Per raggiungere questo obiettivo, si confrontano le due visioni classiche: quella federalista e quella confederale. Il principale oggetto del contendere, oltre alla ridefinizione delle competenze, è il processo decisionale in seno all’Ue. I federalisti continuano a chiedere la riforma dei Trattati e l’abolizione dell’unanimità in politica estera. I sostenitori della visione confederale, invece, chiedono di rispettare i trattati vigenti e di utilizzare tutto il loro potenziale inespresso. In sintesi, essi ritengono che per fare in modo che l’Ue sia capace di agire a livello globale non serva cambiare i Trattati.
Politica estera e sovranità nazionale: il nodo dell’unanimità
La politica estera e di sicurezza è una delle principali attribuzioni della sovranità nazionale. È per questo motivo che nell’Ue le decisioni in materia di Pesc (Politica Estera e di Sicurezza Comune) vengono prese dal Consiglio dell’Ue (composto dai governi degli Stati membri). Nonostante la regola dell’unanimità sia al centro del sistema decisionale della Pesc, il Trattato di Lisbona prevede diversi meccanismi al fine di consentire una maggiore flessibilità.
Astensione costruttiva: una via per superare i veti
Lo strumento più interessante, che andrebbe approfondito ed esteso, è quello relativo all’astensione costruttiva. Quando uno Stato membro fa una dichiarazione formale di astensione, può decidere di non bloccare una decisione comune e di essere esonerato dall’obbligo di applicarla. Questo meccanismo consente di superare il diritto di veto, garantendo al contempo la tutela dei diversi interessi nazionali.
Cooperazione rafforzata: agire senza obblighi per tutti
Un’altra possibilità è quella offerta dalla cooperazione rafforzata. Sebbene l’autorizzazione a procedere richieda una decisione unanime del Consiglio, gli atti adottati vincolano solo gli Stati membri partecipanti. L’Ue può così agire senza obbligare tutti i suoi membri a farlo, lasciando da parte chi, volontariamente, decide di non aderire a una determinata azione comune.
Pesco: alleanza per la difesa e sicurezza europea
Più specifica è la Cooperazione Strutturata Permanente (Pesco), che permette agli Stati membri di collaborare più strettamente nel settore della sicurezza e della difesa. La Pesco consente di sviluppare capacità di difesa, investire in progetti comuni e accrescere il livello operativo delle rispettive forze armate. Per attivarla, è sufficiente che gli Stati interessati ne facciano richiesta al Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata (il 55% degli Stati membri, con un minimo di 15, che rappresentino almeno il 65% della popolazione).
Clausole passerella: maggiore flessibilità senza cambiare competenze
Infine, le clausole passerella sono meccanismi previsti dai Trattati per rendere più flessibile il processo decisionale dell’Ue. Non possono aumentare o ridurre le competenze dell’Ue né autorizzare missioni militari, ma possono solo modificare le modalità decisionali, consentendo il passaggio dal voto all’unanimità al voto a maggioranza qualificata. Esistono due tipi di clausole passerella: le generali, che richiedono l’autorizzazione unanime del Consiglio europeo e l’approvazione del Parlamento, e le speciali, relative a sei settori politici specifici, che necessitano dell’autorizzazione unanime del Consiglio europeo o del Consiglio e vedono un ruolo marginale del Parlamento.
Esempi concreti: il sostegno all’Ucraina e la missione Aspides
Sia il sostegno economico e militare all’Ucraina sia la missione navale nel Mar Rosso, Aspides, sono stati decisi con le regole vigenti, senza bisogno di modificare i Trattati. Il mantenimento dell’unanimità, soprattutto nelle questioni di politica estera e di sicurezza, rafforza la solidarietà tra gli Stati membri e conferisce all’Ue un mandato più forte per le sue iniziative. Viceversa, l’estensione eccessiva del voto a maggioranza qualificata rischierebbe di aumentare le tensioni interne e di acuire la divisione tra gli Stati.
Più della teoria: serve volontà politica
In caso di disaccordo unanime, come abbiamo visto, esistono diverse opzioni. Tuttavia, a fare la differenza tra la teoria e la realtà non sono le regole e le procedure, ma la strategia e la volontà politica. Uno degli obiettivi principali della destra italiana è sempre stato quello di rendere l’Unione europea un gigante politico, non solo commerciale o burocratico. Giorgia Meloni ci crede da sempre e sta provando a realizzarlo.