Fake e ricatti: il Pd pronto a tutto per boicottare la nomina di Fitto a vicepresidente esecutivo Ue
Il posizionamento politico della Commissione, la distribuzione delle deleghe, le (presunte) posizioni politiche di Ecr. Mentre a Bruxelles si sta ancora giocando la partita a scacchi sulle valutazioni dei vicepresidenti esecutivi, il Pd se le inventa tutte, anche propagandando vere e proprie mistificazioni, pur di giustificare la propria scelta anti-italiana di mettere i bastoni tra le ruote a Raffaele Fitto. Arrivando a chiedere alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen di derubricarne il ruolo da vicepresidente esecutivo a commissario.
Il ricatto politico a Ursula von der Leyen
Intervistato dal Corriere della Sera, è stato Dario Nardella a chiarire, o meglio, ribadire che la priorità del Pd non è che l’Italia abbia una posizione di peso all’interno della Commissione, ma che la Commissione non sia sbilanciata a destra. Nardella ha confermato il giudizio positivo sull’audizione di Fitto, ma ha sottolineato che “resta il problema dell’assetto politico della Commissione, che ha un asse molto spostato sulle posizioni conservatrici” e che “noi dobbiamo anche considerare l’impostazione complessiva della Commissione”. “Von der Leyen – ha aggiunto l’eurodeputato dem – sta giocando con il fuoco: se i nodi non vengono sciolti ne trarremo le conseguenze anche sul voto finale del collegio”. Dunque, i maggiorenti del Pd, anche a dispetto di alcune voci interne più aperturiste, si stanno giocando una partita tutta politica in seno all’Ue, nella quale l’interesse dell’Italia arriva dopo l’interesse dei socialisti, a difesa del quale lanciano anche ricatti politici a von der Leyen.
La richiesta di togliere la vicepresidenza esecutiva all’Italia
Più esplicito ancora di Nardella è stato il collega Brando Benifei. “La richiesta prevalente in S&D (Socialisti & democratici, il gruppo di appartenenza del Pd al Parlamento europeo, ndr) è togliere la vicepresidenza a Fitto. Ursula ci dia ascolto o in aula rischia”, ha detto l’esponente dem a Repubblica, in un’intervista in cui ha accampato una serie di giustificazioni politiche basate su falsità per spiegare la contrarietà del partito a che Fitto mantenga l’incarico cui è stato designato. Il problema, ha sostenuto anche Benifei, non è l’esponente di FdI, che “è serio, rispetta i patti, ci si può discutere”, ma il fatto che sia “esponente di una forza politica che ad esempio non vuole il rafforzamento dell’Ue e nemmeno una minima tutela dell’ambiente”. “Sono sicuro che una maggioranza netta di nostri europarlamentari sia contraria al riconoscimento politico di Fitto come vicepresidente esecutivo. Questo non ha nulla a che vedere con l’Italia. Il punto è il ruolo attribuito ai conservatori di Ecr”.
Le mistificazioni del Pd per giustificare il no a Fitto
Una serie di falsificazioni buttate lì con naturalezza, per cercare di rendere potabile un atteggiamento altrimenti ingiustificabile. Intanto, la nomina di Fitto ha totalmente a che vedere con l’Italia, per motivi così evidenti che non ha senso neanche stare a lì a elencarli. Poi c’è il tema dell’ambigua sovrapposizione tra partito, famiglia di appartenenza e ruolo di Fitto. Il vicepresidente esecutivo designato l’ha detto chiaramente nella sua audizione: “Non sono qui per rappresentare un partito, ma per affermare il mio impegno nei confronti dell’Europa”. Ma anche volendo assumere i panni degli avvocati del diavolo, mettendo in dubbio le parole di Fitto, la questione non cambierebbe. Perché – nell’ambito di una famiglia politica che come tutte le famiglie politiche europee esprime posizioni articolate – Fitto è espressione di un partito che da sempre rivendica un’Europa più forte. Una posizione la cui sintesi sta nella frase più volte ripetuta da Meloni per cui “l’Ue deve fare meno, ma deve fare meglio” e che, tra l’altro, emerge con estrema forza anche nel dibattito – attualissimo e stringente – sul ruolo che l’Europa deve nei confronti degli Usa e sullo scenario internazionale.
Anche sul tema dell’ambiente Benifei mistifica, presentando come “contro l’ambiente” un partito non solo di solide cultura e tradizione ambientalista, ma che sempre rilancia sulla necessità di una tutela che possa essere davvero efficace e che, per questo, non può prescindere né dal ruolo dell’uomo e delle sue attività, né soprattutto dalla realtà. Una posizione che oppone il buon senso alle ideologie e che, dunque, come ribadito anche oggi da Giorgia Meloni nel suo intervento a Cop29, ha possibilità di riuscita assai superiori ai proclami di quelli del Green deal a qualsiasi costo: sociale, economico e, dunque, alla fine di tutto anche ambientale.
L’incapacità della sinistra di accettare idee diverse dalle sue
“Non possiamo accettare di mettere nel cuore dell’amministrazione europea chi rappresenta un partito contro lo Stato di diritto, contro l’ambiente, contro l’integrazione europea”, ha detto ancora Benifei. Ma il messaggio di fondo è sempre lo stesso che vizia i ragionamenti della sinistra: non possiamo accettare di mettere, ovunque sia, qualcuno che la pensa diversamente da noi. E fa niente che quel qualcuno rappresenti l’Italia nella sua declinazione di nazione.