Giuli smonta le polemiche sul cinema italiano: “Nessun sovietismo sta espropriando il settore”
“Non corrisponde al vero dire che è stata massacrata la filiera del Cinema”: la posizione del ministro della Cultura Alessandro Giuli è categorica e fa giustizia delle tante polemiche costruite dalla sinistra nella fase di transizione tra Sangiuliano e il suo insediamento. Giuli ha spiegato come “lo stato acquisisce in misura proporzionale al credito di imposta riconosciuto, una ‘quota’ di proventi dell’opera, spettante al beneficiario” e naturalmente, questo avviene “solo nei casi il cui prodotto audiovisivo percepisca un’utilità nel recuperare i costi sostenuti”. Il titolare del dicastero ha evidenziato che “non c’è nessun sovietismo, la questione dei diritti è già stata scavalcata da un altro provvedimento. Mi sento di rassicurare il settore”.
Giuli: ” Non c’è nessun soviet supremo”
Il ministro della cultura italiano ha ribadito due volte che “non c’è nessun soviet supremo che sta per espropriare il mondo del cinema“. “In questo momento siamo in grado di dire ai piccoli imprenditori che una una parte dei soldi lo stato non li riprende, ma li rimette in circolazione, partecipa al successo dei ricchi per dare ai meno ricchi” ha commentato Giuli, che a sua volta ha specificato che questo è “un punto di equilibrio con cui si incentivano, senza minacce di esproprio, le grandi produzioni”.
“Il decreto tax credit è un bel risultato”
Stando alle parole del ministro della Cultura, il decreto internazionale sul tax credit registrato questa mattina dalla corte dei Conti è un “bel risultato, buon segno, buona notizia per tutti noi, per il Cinema. Fa dell’Italia un grande attrattore di produttori stranieri che vengono a girare le proprie opere in Italia con maestranze italiane e con vantaggi per il Paese”. Alessandro Giuli ha poi spostato l’attenzione sull’impegno del dicastero nell’industria cinematografica, assicurando che il comparto non è stato mai fermo, così come il lavoro del ministero sul cinema con le coprogettazioni finanziate insieme a Paesi che vanno dagli Stati Uniti, alla Francia, alla Spagna, ai Paesi dell’Africa, in particolare la Repubblica Centroafricana, che sono anche chiavi di accesso per fortificare il Piano Mattei”.