Giulia Tramontano, è il giorno della sentenza: ergastolo a Impagnatiello. Familiari in lacrime
La sentenza per l’omicidio di Giulia Tramontano per mano del suo compagno Alessandro Impagnatiello arriva nel giorno simbolico per eccellenza: quello della giornata contro la violenza sulle donne, e il verdetto parla chiaro: ergastolo con isolamento per l’ex barman che il 27 maggio 2023 a Senago, nel Milanese, uccise la fidanzata convivente con 37 coltellate. Giulia, 29 anni, era incinta al settimo mese, e con lei è morto anche il piccolo Thiago, il figlio della coppia che la giovane donna portava in grembo. I pm avevano chiesto l’ergastolo. La sentenza della Corte di Assise al termine del processo di primo grado nei confronti del 31enne condannato per omicidio volontario pluriaggravato, interruzione di gravidanza non consensuale e occultamento di cadavere.
Omicidio Senago, per Impagnatiello la Corte sentenzia l’ergastolo
Il 31enne ha assistito quasi impassibile alla lettura del verdetto che ci si aspettava accanto alle sue legali e a pochi passi dalla famiglia di Tramontano. I giudici gli hanno inflitto anche tre mesi di isolamento diurno. Non solo. La Corte ha dichiarato per Impagnatiello l’interdizione dai pubblici uffici e la decadenza della potestà genitoriale nei confronti di un figlio avuto da una precedente relazione. L’ex barman, al termine della lettura della sentenza è tornato nel carcere di San Vittore, dove è detenuto dal giugno del 2023. E ancora, nelle more del verdetto, la Corte ha anche condannato Impagnatiello a risarcire subito con 700mila euro di provvisionale la famiglia di Giulia, oltre a un risarcimento da stabilirsi in sede civile: 200mila euro a testa per madre e padre della 29enne, 150mila euro a testa per la sorella e il fratello.
Impagnatiello in aula, il pianto e l’abbraccio dei familiari in aula
I familiari della povera Giulia, trucidata senza pietà dal compagno che poi ha fatto scempio dei suoi resti provando a dare fuoco al corpo a più riprese nel tentativo –fallito – di ridurlo in cenere e occultarlo. Salvo poi sbarazzarsene brutalmente abbandonandolo in un angolo nei pressi del condominio dove i due convivevano, alla lettura della sentenza si sono abbracciati, abbandonandosi a un pianto corale che non può e non potrà mai esaurire il dolore per la fine violenta e assolutamente inaccettabile della loro congiunta. Una giovane donna, una figlia, una sorella e una madre che non ha mai potuto esserlo fino in fondo… E quella stretta tra la madre della 29enne, Loredana Femiano, il marito Franco. La sorella di Giulia, Chiara, e il fratello Mario, è una delle immagini più toccanti di quella che si è rivelata – a ogni udienza – una incursione nell’orrore sconvolgente.
I genitori di Giulia: «Non esiste vendetta, quello che abbiamo perso non lo riavremo mai»
Eppure, ancora oggi i familiari di Giulia insistono a dire: «Non abbiamo mai parlato di vendetta, non esiste vendetta. Abbiamo perso una figlia, un nipote, abbiamo perso la nostra vita», ha ribadito mamma Loredana. «Io non sono più una mamma, mio marito non è più un papà, i nostri figli saranno segnati a vita da questo dolore», ha tenuto a sottolineare la madre di Giulia Tramontano. «Quello che abbiamo perso – le ha fatto eco il padre della vittima, Franco Tramontano – non lo riavremo mai. Oggi non abbiamo vinto, abbiamo perso in tutto».
E il legale della famiglia ribadisce: «Soddisfatti, ma non è una vittoria»
La famiglia Tramontano, presente al completo nell’aula della corte d’Assise di Milano, si è stretta in un forte abbraccio, senza riuscire a trattenere le lacrime, quando la giudice Antonella Bertoja ha letto la sentenza che condanna all’ergastolo Alessandro Impagnatiello. Un «pianto consolatorio perché, al di là del dolore, quando la giustizia degli uomini prevale ci si sente più sollevati, ma per loro – sottolinea il legale della famiglia Giovanni Cacciapuoti – non è una vittoria. Loro sono stati sconfitti quando Giulia ha smesso di vivere per la bieca e malvagia responsabilità di quello che doveva essere il suo compagno e il padre di suo figlio».
La sorella di Giulia nel giorno della sentenza: «Oggi non ti lasciamo andare»
E ancora. «Oggi non ti lasciamo andare, ti stringiamo più forte», scrive su Instagram Chiara Tramontano, sorella di Giulia, quando ancora la Corte d’Assise di Milano si è ritirata in camera di consiglio, prima di emettere la sentenza nei confronti del barman, imputato per omicidio pluriaggravato, occultamento di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza.
La sentenza su Impagnatiello in un giorno dal valore simbolico
Chiara, che insieme ai genitori e al fratello ha assistito in aula alla lettura del verdetto. Ha pubblicato la foto di una spilla che ritrae la sorella incinta puntata sul petto e adornata da un fiocco rosso. L’immagine dell’oggetto – che è insieme simbolo della lotta alla violenza contro donne, nella Giornata internazionale per la sua eliminazione, e della battaglia per avere giustizia per Giulia e il piccolo Thiago di cui era incinta – è stata pubblicata sui social anche dai genitori della vittima, Franco Tramontano e Loredana Femiano, accompagnata dalla scritta “Con voi sempre per sempre”.
Legale dei Tramontano: «Ergastolo unica sanzione possibile»
Infine, un ultima osservazione: quella che arriva dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti, legale di parte civile dei familiari di Giulia Tramontano, che commentando la sentenza ha commentato: «Abbiamo sempre ritenuto l’ergastolo l’unica sanzione possibile», ha sottolineato il legale di parte civile dei familiari di Giulia Tramontano commentando la sentenza. Il legale ha spiegato ai cronisti che la madre della 29enne è scoppiata «in un pianto liberatorio dopo il verdetto perché, aldilà del dolore immenso che prova, ricevere formalmente il riconoscimento del massimo della responsabilità, secondo quella che è la giustizia degli uomini, per lei e gli altri familiari è una consolazione relativa, perché evita almeno una beffa». Beffa «che noi – ha aggiunto l’avvocato – non abbiamo mai preso in considerazione, perché sia le indagini che il processo deponevano in maniera univoca verso la condanna all’ergastolo».