Kamala Harris non ride più: il flop in roccaforti storiche da oltre un secolo in mani democratiche

6 Nov 2024 18:08 - di Adriana De Conto
Kamala Harris

Kamala Harris non ride più. Le presidenziali 2024 hanno visto il flop di storiche roccaforti democratiche. Donald Trump ha vinto nettamente le elezioni contro la rivale democratica.  A certificare la portata del trionfo del tycoon anche alcuni ‘scalpi’ storici in contee che per decenni, se non addirittura secoli, sono state roccaforti democratiche. Kamala chiamerà Trump a breve per ammettere la sua sconfitta e riconoscere la vittoria del candidato repubblicano. Lo ha reso noto l’emittente Nbc News citando due assistenti di Harris a condizione di anonimato.

Il flop di Kamala Harris in roccafdorti storiche dei democratici

Trump è diventato il primo repubblicano dal 1892 a vincere nella contea di Starr, in Texas: la più ispanica degli Usa con oltre il 97% di popolazione latina, dove i repubblicani non vincevano da oltre un secolo. Kamala non è riuscita a leggittimare un primato storico per i democratici. Con il 99% dei voti già scrutinati, Trump ha vinto con il 57,7% dei voti contro i 41,8% di Harris. E’ stato un calando progressivo, sua pure mantendendo il primato: nel 2020, Biden aveva ottenuto il 52%, già decisamente inferiore al 79% di Clinton nel 2016.

Il caso clamoroso del Texas

Mentre i risultati finali continuano ad arrivare, appare chiaro che Trump abbia già ampiamente superato i risultati del 2020 su tutta la mappa, anche nella contea di Starr, in Texas, dove è diventato il primo candidato repubblicano alla presidenza a vincere dal 1892; anche se in quel caso Benjamin Harrison perse a livello nazionale contro il democratico Grover Cleveland. La contea è considerata la più ispanica d’America, poiché circa il 97% della sua popolazione è ispanica, secondo i dati di TexasCounties.net. Con il 99% dei voti già scrutinati, Trump ha vinto nella contea di Starr con il 57,7% dei voti contro i 41,8% di Harris. Nel 2020, Biden aveva ottenuto il 52% dei voti, già decisamente meno del 79% di Clinton nel 2016.

La straordinaria vittoria in Texas: i repubblicani non vincevano da oltre un secolo

La svolta repubblicana della ‘Valle del Rio Grande’, nel Texas meridionale, una regione storicamente democratica, è un fenomeno che va avanti da diversi anni. Tra le cause principali c’è la percezione che le amministrazioni dem abbiano trascurato la regione. Molti residenti, soprattutto di origini latine, sentono che sia stato dato per scontato il loro sostegno e non si sia risposto adeguatamente alle loro preoccupazioni, specialmente in tema di sicurezza e sostegno economico. In particolare, la retorica repubblicana incentrata sulla sicurezza dei confini e sul sostegno alle forze dell’ordine ha risuonato con gli elettori, visto che il ‘Border Patrol’ è anche tra i principali ‘datori di lavoro’ nella regione. Inoltre, l’economia della zona, in gran parte basata sul settore energetico, si è trovata in difficoltà negli ultimi anni, portando molti a vedere le politiche repubblicane, considerate più favorevoli all’industria petrolifera, come una soluzione alle incertezze occupazionali.

La contea di Carlton, in Minnesota

Trump è anche il primo candidato repubblicano alla presidenza dal 1928 a vincere nella contea di Carlton, in Minnesota, seppur con un ristrettissimo margine su Harris. Nello Stato cuore del ‘Blue Wall’ e patria del candidato alla vicepresidenza dem Tim Walz, dove i repubblicani non hanno la maggioranza da Richard Nixon nel 1972 (e in cui Harris ha vinto con il 51,2%), Trump è riuscito a ‘strappare’ quattro contee senza perderne nessuna rispetto al 2020. Insomma, una débacle su tutta la linea. Kamala non ride più. La sua risata, spesso oggetto di critiche o di esaltazione a seconda, non la vedremo per un bel pezzo. Sta lavorando al suo discorso che terrà più avanti nel corso della giornata dalla Howard University (a tarda notte per noi). Anche il presidente americano uscente Joe Biden ha in programma di chiamare Trump e di parlare pubblicamente dell’esito delle elezioni presidenziali, come ha dichiarato un funzionario della Casa Bianca citato dalla Nbc. Anche in questo caso sono ancora da definire gli orari della telefonata a Trump e del discorso pubblico di Biden.

La nota del comitato pro Trump: il filo diretto con gli italo-americani

Dal comitato pro Trum costituitosi a Roma per iniziativa del senatore Domenico Gramazio erano trapelate voci che si sono dimostrate veritiere: lo spostamento dell’elettoraato italo-americano da posizioni democratiche a posizioni repubblicane. Così è stato e la perdita di alcune roccaforti storiche della sinistra americana lo attestano. Il comitato pro Trump presideuto da Pietro Giubilo aveva da tempo “annusato” l’aria attraverso il filo diretto con molte famiglie italo-americane. E presto si annuncia una grande festa proprio al Cis, (viale Etruria/piazza Tuscolo) con molti rappresentati italiani negli Usa in visita in Italia.

Di Giuseppe (FdI): Meloni ponte tra Europa e Usa

“Trump ha vinto anche grazie all’apporto comunità italoamericana, che conta 16 milioni di anime e cha votato in maniera compatta per Trump. Gli italoamericani vedono un’affinità con Giorgia Meloni. Un legame culturale, di radici. Noi italoamericani ci siamo sentiti per la prima volta fieri e ben rappresentati da Meloni e questo ha un link sostanziale con Trump”. Queste le parole  all’Adnkronos del deputato di Fdi eletto nella circoscrizione Nord America, Andrea Di Giuseppe; è membro del partito repubblicano Usa che ha seguito da vicino, dal comitato di Trump in Florida, l’esito delle presidenziali negli States. Il comitato romano che ha seguito tutte le fasi della maratona elettorale ha diramato una nota in cui si plaude alla vittoria di Trump e ci si complimenta con Di Giuseppe.

“Prepariamoci a chiudere in bellezza domani”: le rovinose parole della responsabile della campagna di Kamala

L’asse perverso dello star system con i sondaggisti falliti avevano convinto la Harris di un testa a testa foriero di buone notizie. Con il successo di Trump in Pennsylvania, le ultime speranze per Kamala Harris sono evaporate e poi sono svanite definitivamente con le notizie dal Wisconsin alle prime luci dell’alba. Perdono valore le parole sciagurate di Jen O’Malley Dillon, responsabile della sua campagna elettorale, convinta che la corsa alla Casa Bianca non sarebbe entrata nel vivo prima della mattina americana del 6 novembre. “Dormiamo un po’ e prepariamoci a chiudere in bellezza domani”, il messaggio di Dillon smentito dai fatti. 

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