La festa dei morti in Sicilia e la “trovatura”: quel confine con l’aldilà annullato dall’amore e dalla gioia
Pubblichiamo il ricordo che il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha condiviso sui propri profili social a proposito delle celebrazioni siciliane del 2 novembre: la “festa dei morti”.
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Non ho nulla contro la festa di Halloween, angloamericana ma ormai entrata anche nel nostro costume ogni sera tra il 31 ottobre e il 1° novembre, con molta gioia dei bambini (e non solo) felici di avere il dolcetto piuttosto che lo scherzetto e di travestirsi in un anticipo del nostro italico carnevale. Ma ho nostalgia di una festa tutta siciliana nel giorno dei morti, il 2 novembre, che, sia pure con molta difficoltà, resiste ancora nelle case dei siciliani.
Ero molto piccolo ma ricordo con chiarezza che nella notte tra Ognissanti e il giorno dedicato ai defunti, appunto il 2 novembre, in Sicilia si rinnovava un miracolo in ogni famiglia con bambini, che ci avvicinava senza paura, anzi con amore, ai parenti più prossimi che erano scomparsi. Mamma e papà ci avevano spiegato che durante quella notte sarebbero venuti a trovarci, purché fossimo regolarmente addormentati, i “nostri” morti. Per me e per mia sorella Emilia, di poco più piccola, erano in particolare due nonni che non avevo conosciuto e un altro scomparso da poco, come anche zia Pidda, dolce zitella che avevo amato e conosciuto.
Ci avrebbero prima solleticato le palme dei piedi per assicurarsi che non fossimo ancora svegli e poi, dopo una carezza, ci avrebbero lasciato i regali che avevamo desiderato e richiesto loro con una preghierina. Andavamo a letto emozionati e un po’ agitati dall’attesa, ma senza alcun timore. Qualche volta cercavamo anzi di resistere al sonno, ma senza successo: i morti, i “nostri” morti, venivano regolarmente ma non si fecero mai vedere da noi. Vedevamo invece al mattino i loro regali, belli e numerosi, ed era la mamma che, al nostro risveglio più mattutino del solito, condivideva la nostra felicità.
Un cesto vicino al letto era pieno di giochi, regalini e dolciumi, ma poi cominciava la parte più eccitante: la “caccia al regalo”, perché i morti si erano divertiti a nascondere parte dei giocattoli in diversi angoli della casa. Ogni trovatura era un inno alla felicità e un pensiero grato e affettuoso a quei defunti che, oggetto per oggetto, la mamma ci indicava. Spero davvero che, senza nulla togliere ad Halloween, questa tradizione della festa dei morti dedicata ai bambini rimanga, anzi torni a crescere e contamini il resto d’Italia.
Sarebbe bello che, come capitava a noi bambini delle prime classi della scuola elementare, i ragazzini di oggi, all’indomani del 2 novembre, si scambiassero la fatidica frase che mi risuona ancora nelle orecchie: “Chi ti lassanu i morti? Cosa ti hanno lasciato?”, davvero convinti, almeno per qualche anno, che il confine tra la morte e la vita il 2 novembre fosse annullato dall’amore e dalla gioia.