La lezione di Meloni alla sinistra in panico per Trump: il punto non è cosa faranno gli Usa, ma cosa l’Europa deve fare per se stessa
Giorgia Meloni a Budapest impartisce una sonora lezione alla sinistra anti-Trump. Quella sinistra che dai banchi del Parlamento, esattamente come quella che ne riecheggia allarmi e gesta sui giornali del mainstream, dimostra di non aver ancora capito che urlare al pericolo di un fascismo di ritorno, in casa come oltreoceano, è un boomerang. E un boomerang dagli effetti devastanti… Eppure, dopo le ultime elettorali in Italia e, con proporzioni ed effetti chiaramente diversi, dopo la vittoria plebiscitaria di Donald Trump negli Usa, di cartine di tornasole sotto il naso i dem ne hanno avute tante. E tutte assolutamente significative.
Nonostante ciò, ancora una volta, ci vogliono Mario Draghi e la premier Meloni – e il riconoscimento di Mario Monti in calce – per chiarire come stanno le cose e smorzare i soliti allarmismi deliranti dal ciclico ritorno. Allarmi e moniti che, immancabilmente scattano come un riflesso di Pavlov a ogni nuova affermazione di un avversario in campo…
Meloni e Draghi a Budapest smontano la sinistra in panico per Trump
E allora chissà se e quali effetti avranno le parole pronunciate ieri dall’ex Bce che senza troppi giri di parole ha detto espressamente che «la presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa». Ma «non necessariamente tutto in senso negativo». Anche perché, come scrive oggi Libero in edicola, «qualcuno prima o poi si renderà conto che a bloccare le iniziative comuni della Ue per rilanciare la competitività e difendere le sue imprese non sono i sovranisti o Viktor Orban, perennemente sotto accusa e con margini di manovra assai ristretti. Ma i socialisti di Olaf Scholz o i “liberali” (si fa per dire) di Emmanuel Macron, che hanno finora regnato sul Vecchio Continente».
Il che, tradotto in termini ancora più espliciti, sta a significare che i nemici dell’Europa o dell’Italia non stanno asserragliati dall’altra parte dell’Oceano, ma ce li abbiamo in casa: negli edifici che svettano nel cuore del Vecchio Continente.
Lo schiaffo dell’ex Bce ai dem: «Con Trump cambiamento non per forza negativo nei rapporti con l’Europa»
Così, mentre tutti nelle scorse ore ancora si stracciavano le vesti e si strappavano i capelli ipotizzando il disastro che l’imminente guerra commerciale che Trump dovrebbe scatenare sull’Italia e sull’Unione, snocciolando numeri e proiezioni sui dazi di là da venire da oltreoceano, ieri al Consiglio europeo informale di Budapest Draghi e Giorgia Meloni hanno indotto tutti a un bagno di realtà e di buon senso. «Ci sono grandi cambiamenti in vista. Quello che l’Europa non può più fare è posporre le decisioni», ha spiegato Draghi. In particolare, secondo l’ex premier, l’amministrazione Trump «darà ulteriore grande impulso al settore tecnologico, dove noi siamo già molto indietro» e dove «noi dovremo agire». E «sicuramente Trump proteggerà anche le industrie tradizionali, che sono quelle in cui noi esportiamo di più negli Usa. E lì dovremo negoziare con uno spirito unitario in maniera da proteggere i nostri produttori europei», ha aggiunto.
Meloni: «Non chiederti cosa gli Stati Uniti possono fare per te, chiediti cosa l’Europa debba fare per se stessa»
Mentre Giorgia Meloni, parafrasando Kennedy ha detto: «Non chiederti cosa gli Stati Uniti possono fare per te, chiediti cosa l’Europa debba fare per se stessa». E la domanda non è più tanto cosa possono fare i dazi, ma quanto e cosa deve fare l’Europa per se stessa. «La grande domanda alla quale dobbiamo rispondere adesso», ha detto infatti il premier italiano, «è se davvero vogliamo dare gli strumenti agli Stati membri per centrare gli obiettivi e le strategie che ci poniamo di fronte. E su tutte, la questione delle risorse è certamente la questione da affrontare, perché sappiamo che gli investimenti necessari per fare tutte le cose che vorremmo fare sono molti. Quindi questo è secondo me il vero dibattito».
Da Budapest la lezione di Meloni alla sinistra disperata per Trump
Così, tanto per arrivare alle conclusioni, come sottolinea sempre Libero, «nel criptico comunicato dei 27 è comparsa la frase “nuovi strumenti da esplorare” per finanziare «le sfide della competitività» e «le priorità strategiche« dell’Ue», tra cui quella tutt’altro che trascurabile della difesa.
Europa, la sfida a se stessa è un’opportunità
La partita è aperta e la premier Meloni, ieri da Budapest si è detta «assolutamente convinta che l’Europa e l’Italia debbano riuscire a garantire la loro maggiore indipendenza e autonomia anche investendo di più in difesa». Ma, ha anche messo in chiaro, «servono gli strumenti per poterlo fare. Questo è un grande dibattito che riguarda il Patto di stabilità e che l’Italia ha posto: ci sono nel nuovo Patto delle aperture. Ma va fatto molto di più. Penso che sia un altro di quei dibattiti che bisognerà riaprire». Più risorse alla difesa, dunque, ma con una mano tesa a chi non vuole disattendere gli impegni presi.
«Le risorse vanno trovate, ma non sono disposta a prendermela con i cittadini italiani, i lavoratori»
E con una premessa che per la presidente del Consiglio è d’obbligo: «Al di là della volontà – ha puntualizzato – c’è poi quello che si può fare. E le risorse vanno individuate in qualche modo. L’unica cosa che non sono disposta a fare è prendermela con i cittadini italiani. Con i lavoratori. Noi spendiamo le risorse su priorità reali, non gettiamo soldi dalla finestra. E quindi su scelte strategiche che io condivido bisogna dire anche come si fa ad aiutare gli Stati membri a trovare le risorse». E la sfida diventa un’opportunità. Mentre, con buona pace dei rosiconi di sinistra, al caviale e non, il perno europeo e il fulcro dell’operazione verità sarà proprio Giorgia Meloni.