L’intervista. Buttaroni (Tecnè): “La sinistra è un campo distopico, i centristi promuovono l’agenda Meloni”
«In questo momento il centrosinistra è un “campo distopico”…». La fotografia è del presidente dell’istituto di ricerca Tecnè, Carlo Buttaroni, a margine delle ultime lezioni in Liguria che hanno visto la vittoria della coalizione di centrodestra con Marco Bucci su Andrea Orlando. Qualche giorno fa, proprio a proposito delle regionali ligure, l’Istituto Cattaneo ha mostrato dei grafici che riconoscerebbero il notevole “apporto di voti dall’elettorato centrista verso il centrodestra”. In tutto questo è interessante chiedersi quali siano stati i problemi che hanno allontanato (per sempre?) gli elettori moderati e centristi da ogni intesa col centrosinistra, analizzando la prevedibilità di questa scelta e le lacerazioni interne del “campo largo” che hanno decretato la sconfitta della coalizione progressista. Buttaroni lo ha analizzato così col Secolo d’Italia.
Presidente, l’Istituto Cattaneo ha rilevato che del 4% di elettori del Terzo Polo nella regione Liguria, il 2,4% ha deciso di votare a destra, mentre lo 0,9% ha preferito votare a sinistra. Questa scelta da parte degli elettori era prevedibile?
«Sì, perché il centro sinistra non è una coalizione: Orlando ha fatto una campagna elettorale con le ‘gambe legate’, perché questo centrosinistra continua a non essere un’offerta politica coerente. Invece gli elettori centristi e moderati si sono rivolti a destra. E’ così anche a livello nazionale. In questo momento il centrosinistra è un ‘campo distopico’, non è un’offerta politica mentre il centro destra lo è, non a caso ha vinto tutte le ultime elezioni regionali che si sono svolte. Tranne la Sardegna dove invece ha perso per 3000 voti».
Questo spostamento di voti dal Terzo polo verso destra secondo lei è legato a fattori territoriali o dinamiche nazionali?
«Sicuramente è legato a dinamiche nazionali che poi si riflettono anche nell’offerta locale. Quello che è successo in Liguria non stupisce più di tanto: la cacciata di Renzi dalla coalizione, messo alla porta, fa parte delle dinamiche di livello nazionale».
Gli elettori moderati possono riconoscersi nel campo largo o è più probabile che alla luce dello sbilanciamento a sinistra, si riconoscano di più nel centrodestra?
«Si riconoscono di più nel centrodestra, proprio perché sono elettori moderati. Il ‘campo largo’, in questo momento, è una formula politica che è tale soltanto sulla carta ma non nella realtà. D’altra parte non può definirsi una coalizione qualcosa che non ha un programma politico comune e che riesce a stare insieme soltanto perché è all’opposizione. La Liguria è stata proprio la cartina tornasole di tutto questo: una coalizione è tale non se pensano tutti allo stesso modo, ma se le visioni diverse possono essere messe insieme in modo coerente, dove ciascuno conferisce una parte di sé al bene della coalizione e a una mediazione positiva. Il centrosinistra non è tutto questo, non è nemmeno un campo. In questo momento, non soltanto il Pd ma anche l’intera coalizione, ha scelto una posizione molto radicale su alcuni temi. E’ un’area politica in cui prevale un movimentismo di sinistra che non riesce a diventare proposta politica alternativa. Sono dei soggetti che si mettono insieme e che trovano il comune denominatore nell’essere opposizione, nel non-stare al governo, però è troppo poco per gli elettori».
Quanto incide l’agenda Meloni sulle scelte dei cittadini a livello elettorale?
«L’agenda Meloni in questo momento, persino nella parte dei sacrifici sembra che non crei eccessivi conflitti. Quello che registriamo da settembre in poi è una continua crescita del consenso al governo, è una continua crescita del consenso proprio a Giorgia Meloni oltre che alle forze della coalizione. Quello che manca all’opposizione è un’idea di paese che in qualche modo sia coerente e che tenga insieme. Invece in questo momento il governo, pur nelle difficoltà, riesce a formulare proposte economiche e di governo: lo fanno all’interno di una visione del paese che si declina meglio con l’idea di sviluppo, di crescita e di stabilità. D’altra parte il taglio del cuneo fiscale, reso strutturale, è un’infrastruttura economica importante: perché nel momento in cui si abbassano le tasse si stimola la domanda interna».