Mannoni trafigge la sinistra che urla alla lottizzazione: ma che TeleMeloni… TeleProdi e TeleRenzi ve le siete scordate?
La bordata di Maurizio Mannoni, un insospettabile, a tutti gli accusatori che in questi lunghi mesi non hanno fatto altro che coniare uno slogan da usare come gingle anti-governativo, risuonerà a lungo. A partire da oggi: ossia da quando il giornalista in forza al Raitre, oggi in pensione, esprimendosi a tutto campo ha sentenziato al di là di ogni ragionevole dubbio, e in un’intervista al Corriere della sera ha asserito: «TeleMeloni? Così come sono esistite TeleProdi o TeleRenzi. Anche la sinistra ha messo le mani pesantemente sulla Rai, quando era al potere». Parole, quelle del telegiornalista, che inchiodano la sinistra al doppiopesismo giocato fino a ieri, e rivendicato a suon di accuse pretestuose quanto implicitamente autoreferenziali sebbene sconfessate puntando l’indice contro il governo e il suo premier.
Rai, Mannoni inchioda la sinistra: TeleMeloni? “In Rai quasi tutti raccomandati”
E non si è neppure fermato lì, l’ex conduttore di Linea Notte su Rai 3, che in vena di rivelazioni (di fatto ovvie per chi è in grado di valutare con obiettività e spirito critico) ha poi espresso una sua preferenza tra due grandi del piccolo schermo del calibro di Bruno Vespa ed Enrico Mentana: «Mentana tutta la vita – asserisce l’ex volto dell’informazione notturna di Raitre –. Per quanto Bruno sia uno dei pochi anchorman italiani. Anche Emilio Fede lo era. Poteva piacere o meno, però la sua
conduzione aveva stile e personalità. Mi offrì di andare a lavorare con lui», rivela ancora…
«Negli anni della lottizzazione più sfrenata c’erano vicedirettori messi là per piazzare la notizia del loro leader al tiggì»
Sì, perché Maurizio Mannoni ha trascorso la sua vita professionale per lo più nel servizio pubblico. Volto di Linea Notte, ha lasciato la conduzione lo scorso settembre 2023, a pochi mesi dalla pensione. Ma oggi, intervistato dal Corriere della sera, racconta i dietro le quinte del suo percorso in Rai. Acclarando una verità taciuta o ostinatamente rinnegata, per quanto tra le righe sotto gli occhi di tutti. E rivelata a un certo punto dell’intervista rispondendo alla domanda più diretta: la Rai è piena di questuanti? Di raccomandati? Interrogativo netto che prelude a una risposta altrettanto: «Quasi tutti. Raccomandato è un termine lieve. Senza un via libera politico non muovi passo. Infatti non ho fatto carriera. Sarei potuto diventare direttore del Tg3, però mi è mancato lo scatto finale», ha affermato Mannoni. Che poi aggiunge anche: «Durante gli anni ’80 e ’90, quelli della lottizzazione più sfrenata, c’erano vicedirettori messi là con l’unico compito di piazzare la notizia del loro leader al tiggì, senza pudore».
Rai, Mannoni al “Corsera”: «Eravamo tutti lottizzati. Pur non essendo mai stato un militante, rientravo in quota Pci»
Di più, come riporta il sito di Today.it, Mannoni si definì “un lottizzato”: «Lo eravamo tutti. Pur non essendo mai stato un militante, rientravo in quota Pci», ha confermato il telegiornalista nell’intervista al quotidiano di Via Solferino, ricordando anche che rischiò di essere licenziato «quando Rifondazione comunista fece cadere il governo Prodi, e dissi che si trattava di “una crisi assurda”. Bertinotti, o chi per lui, chiese il mio licenziamento. Ho avuto paura, mi guardavano tutti con certe facce preoccupate. Lo ammansirono i miei colleghi di Rifondazione. Curzi? Era navigato, non si agitò». Ma latrei interferenze erano nell’aria: e a sua detta, si sarebbero concretizzate quando Mannoni si trovò in ballo per la conduzione di un programma di approfondimento di prima serata: «Il direttore di rete mi convocò per dirmi che la proposta era stata revocata. “Il Psi non vuole, sei troppo anti-craxiano”. Ci rimasi di stucco».
«Ero in lizza per la direzione del Tg3. Mi scartarono perché “troppo renziano”»…
E non fu neppure “l’unica volta”. «Ero in lizza per la direzione del Tg3 – afferma Mannoni – mi scartarono perché “troppo renziano”». Ciò nonostante, non lesina complimenti ai colleghi di lungo corso. Così, dopo aver encomiato Michele Santoro – «Sì. Michele è stato fin dall’inizio un condottiero. Ribelle e geniale, ha cambiato l’informazione tv. Inarrivabile» –passa a Federica Sciarelli e alla «freschezza con cui trattava la politica paludata di allora. Con quel visetto e un modo di esprimersi diretto, mai sentito fino ad allora». Passando per Giovanna Botteri, («l’avventura, il coraggio. Non amava stare chiusa in redazione, si lanciava sempre nei posti più pericolosi»). E fino alla compianta Ilaria Alpi: «La sua morte è stata l’elemento traumatico della nostra storia, la perdita dell’innocenza».
Rai, Mannoni sul rapporto coi politici: «Con Gasparri avevo un rapporto cordiale. Idem con Marco Pannella»
E su tutti lei, la zarina Bianca Berlinguer: “Tipa tosta” che «applica il metodo duro e autoritario. La diplomazia non sa dove sta di casa» con cui ci «sono stati scontri a distanza». Ma alla fine della fiera coi politici è stato quasi più facile. «Con me sono stati tutti gentili, forse perché non li ho mai aggrediti» rileva Mannoni. Che poi aggiunge: «Con Maurizio Gasparri avevo un rapporto cordiale. Idem con Marco Pannella. Ogni tanto dava buca perché si era addormentato. Berlusconi l’ho incrociato una volta sola, forse al compleanno di un collega. Disse che mi seguiva, mi fece un mezzo complimento». Ma oggi di questo restano ricordi… Il resto è cronaca. E propaganda della sinistra, che Mannoni smonta proprio coi suoi ricordi…