Pompei, uno studio sul dna dei resti ossei riscrive l’identikit delle vittime dell’eruzione e la mappa dei loro legami

7 Nov 2024 19:25 - di Redazione
Pompei

Pompei, uno studio sensazionale porta a nuove valutazioni, a diverse conclusioni, e a un ampliamento delle conoscenze fin qui acquisite sulla storia dell’eruzione e la mappa dei legami tra le vittime: uno studio sul dna dei resti ossei riscrive l’identikit delle vittime e parte del volto culturale e sociale della popolazione antica. Ebbene , in un servizio particolarmente dettagliato, Italpress come si è arrivati a queste recenti acquisizioni che rimettono in discussione parte delle conclusioni fin qui acclarate. Vediamo come.

Pompei, una sorpresa continua

Nel 79 d.C. il Vesuvio produsse una delle maggiori eruzioni della sua storia seppellendo la città romana di Pompei e i suoi abitanti sotto uno spesso deposito formato da lapilli e ceneri. Molti pompeiani furono uccisi dal crollo dei tetti dovuto al carico dei lapilli che cadevano da decine di chilometri d’altezza mentre altri, sopravvissuti a questa prima fase, trovarono la morte a causa dai flussi piroclastici che avvolsero e inglobarono i corpi in un compatto deposito di cenere, preservandone le fattezze. Lo studio dell’antico Dna estratto dai resti ossei, intrappolati nei famosi calchi realizzati colando il gesso all’interno dei vuoti lasciati da quei corpi, cambia la storia scritta a partire dalla riscoperta della città nel 1748.

Lo studio che apre a nuovi scenari

In una ricerca internazionale pubblicata su Current Biology, guidata dall’Università di Firenze, dall’Università di Harvard, dal Max Planck Institute di Lipsia, su istanza scientifica del Parco Archeologico di Pompei, le prove del Dna mostrano che i sessi e le relazioni familiari degli individui non corrispondono alle interpretazioni tradizionali che erano state formulate. Il team, spiega un comunicato stampa, ha estratto il Dna dai resti scheletrici, assai frammentati e mescolati al gesso, traendolo da 14 degli 86 calchi che erano all’epoca in fase di restauro.

L’analisi del dna estratto dai resti scheletrici

Questo metodo ha permesso di determinare con precisione le relazioni genetiche, il sesso e l’ascendenza. E ciò che è stato scoperto è in gran parte in contrasto con le ipotesi basate esclusivamente sull’aspetto fisico e il posizionamento dei calchi. «Questo studio – ha affermato David Caramelli, docente di Antropologia all’Università di Firenze – dimostra quanto l’analisi genetica possa arricchire notevolmente narrazioni elaborate sulla base di dati archeologici. Queste scoperte sfidano interpretazioni di lunga data, come l’associazione dei gioielli alla femminilità o l’interpretazione della vicinanza fisica come indicatore di relazioni biologiche».

I dati genetici complicano le semplici narrazioni di parentela

«Ugualmente – continua Caramelli – i dati genetici complicano le semplici narrazioni di parentela: nella Casa del Bracciale d’Oro, che è l’unico sito per il quale abbiamo dati genetici di più individui, i quattro individui comunemente interpretati come genitori e i loro due figli, in realtà non sono geneticamente imparentati». E ancora. «I dati scientifici che forniamo non sempre sono in linea con le ipotesi comuni – ha spiegato a sua volta David Reich dell’Università di Harvard –. Un esempio degno di nota è la scoperta che un adulto che indossava un braccialetto d’oro e il bambino che teneva in braccio, tradizionalmente interpretati come madre e figlio, sono risultati essere un maschio adulto e un bambino non imparentati. Allo stesso modo, una coppia di individui che si pensava fossero sorelle, o madre e figlia, in realtà include almeno un maschio genetico. Queste scoperte sfidano le ipotesi tradizionali».

La natura cosmopolita della società pompeiana

Ma i dati genetici hanno offerto anche informazioni sull’ascendenza dei pompeiani, che avevano background genomici diversi. La scoperta che essi discendevano principalmente da recenti immigrati dal Mediterraneo orientale evidenzia la natura cosmopolita dell’Impero romano. «I nostri risultati hanno implicazioni significative per l’interpretazione dei dati archeologici e la comprensione delle società antiche», ha affermato Alissa Mittnik, del Max Planck di Lipsia.

«Evidenziano l’importanza di integrare i dati genetici con le informazioni archeologiche e storiche per evitare interpretazioni errate basate su ipotesi moderne. Questo studio sottolinea anche la natura diversificata e cosmopolita della popolazione di Pompei, che riflette modelli più ampi di mobilità e scambio culturale nell’Impero romano“.

Riscrivere la storia delle vittime dell’eruzione…

«Inoltre – ha aggiunto David Caramelli – è possibile che lo sfruttamento dei calchi come veicoli per la narrazione abbia portato alla manipolazione delle loro pose e del loro posizionamento da parte dei restauratori in passato. I dati genetici, insieme ad altri approcci bio-archeologici, offrono l’opportunità di approfondire la nostra comprensione delle vite e dei comportamenti delle persone che furono vittime dell’eruzione del Vesuvio».

 

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