Sanità, i conti che svergognano Schlein e Conte: tagli e sperperi li hanno fatti loro, ma accusano Meloni
Al grido di “il governo taglia, noi chiediamo investimenti” nell’opposizione è gara a chi offre di più sulla sanità. Elly Schlein spiega che si possono tirare fuori 5,5 miliardi in più per il fondo sanitario nazionale dai Sussidi ambientali dannosi (Sad), vale a dire dalla rimodulazione delle accise su benzina e gasolio; Avs che se ne possono trovare 10 con una patrimoniale; Giuseppe Conte che tassando i più ricchi si può arrivare a 15 miliardi, l’equivalente in termini assoluti della sua proposta di portare la spesa sanitaria al 7% del Pil. Tutto molto bello. E molto poco credibile da parte di chi oggi si sveglia puntando l’indice contro i presunti tagli del governo, ma è l’artefice della situazione in cui si trova la sanità pubblica.
I conti che smascherano Schlein & Co sulla sanità
A smascherare le “incoerenze” e le responsabilità della sinistra ci ha pensato il Foglio, in un articolo dal titolo “Schlein chiede i soldi per la sanità, ma dimentica i tagli del Pd”. “Nell’ultima Nadef del governo Draghi – ricorda Luciano Capone, che firma l’articolo – il ministro della Salute Roberto Speranza – esponente di spicco del Pd – prevedeva una spesa che non solo scendeva in rapporto al Pil, ma anche in valore assoluto: da 134 miliardi nel 2022 a 129,5 nel 2025. Con un calo della spesa in rapporto al pil dal 7,1 al 6,1 per cento, ma su un pil nominale 2025 che era previsto molto più basso: oltre 100 miliardi in meno (2.136 miliardi allora, 2.255 adesso). Ciò vuol dire che la spesa prevista da Speranza sarebbe stata, nel 2025, pari al 5,7 per cento del pil. Mentre quella prevista ora dal governo è al 6,3 per cento del pil”.
Dalla patrimoniale alle Sad: la sinistra ora se le inventa tutte
Oggi però Schlein & co si svegliano con l’asta al rialzo dei fondi per la sanità. Con un emendamento unitario firmato da Pd, M5S, Avs, Azione e +Europa Firmato da Pd, M5S, Avs, Azione, +Europa chiedono che il fondo sanitario nazionale, a partire dal 2025, venga aumentato ogni anno di 5,5 miliardi, attingendo a quei Sad che sono stati oggetto di un intervento del governo contro il quale hanno fatto fuoco e fiamme (benché somigliasse molto a una proposta che loro stessi avevano avanzato in precedenza). A questo si aggiunge la patrimoniale sopra i 5 milioni di euro, che è oggetto di un emendamento di Avs e che dovrebbe “liberare 15 miliardi l’anno a investire per la maggior parte, oltre 10 miliardi l’anno, per la sanità e i restanti per la scuola”, rivendicato Fratoianni. Quanto a Conte, fra le sue proposte, c’è quella di prendere i soldi “dalla corsa al riarmo per accentrarle sulla sanità, sui pronto soccorso, sulle liste d’attesa, sugli stipendi e le indennità di medici e infermieri”.
Non solo tagli: lo sperpero giallorosso che vale più della finanziaria
Presentando la manovra ai sindacati, Giorgia Meloni ha iniziato la sua relazione introduttiva dando due numeri per “chiarire il quadro” nel quale il governo opera: 30 e 38. Trenta miliardi è il valore complessivo della manovra; 38 miliardi sono quello che il superbonus costerà allo Stato nel 2025. “Il ministero della Salute – si legge ancora nell’articolo del Foglio – è stato governato dal 2013 al 2022 dal Pd, intramezzato da un anno di gestione del M5s (suo partito alleato) nel governo Conte. Se la sanità è sottofinanziata, la principale responsabilità è dei governi di centrosinistra. Dopo il Covid, senza Patto di stabilità e con ampia possibilità di spendere in deficit, c’era un consenso trasversale (anzi, una convinzione) sulla necessità di rimettere al posto il sistema sanitario che aveva mostrato tutte le sue criticità durante la pandemia. C’erano anche i fondi del Mes sanitario a disposizione, per indebitarsi con un tasso agevolato. Si è preferito, come politica industriale e scelta strategica per il paese, non spendere 37 miliardi del Mes per la sanità ma 220 miliardi di Superbonus e altri bonus per l’edilizia”.