Stellantis Pomigliano, “viaggio al termine della notte” tra paure e speranze. Quello che pensa la Fim Cisl
La storia dello stabilimento Stellantis di Pomigliano d’Arco è sempre stato un incrocio tra paura per il futuro, incertezza del presente e resistenza tratta dal passato. “Pomigliano non si tocca” è il claim che resiste a decenni di lotta, a scontri ma anche accordi tra gli Agnelli e i sindacati. Perché questa fabbrica, fin da quando è nata, nel 1968, per la città era ed è un codice identificativo di un popolo e di una città, Pomigliano d’Arco, “la città operaia”, la “Stalingrado del Sud” poi ribaltata dal longevo sindaco Lello Russo (tuttora in carica), che nel 2010, inventandosi il centrodestra in un contesto di potere logorante in mano agli ex comunisti, portò un vento di libertà per le strade, abbracciando sin da subito un convinto Sì al referendum lanciato da Sergio Marchionne sul piano di rilancio dell’azienda (Giambattista Vico) e sui rapporti sindacali.
Giuseppe Terracciano e gli operai della Fim Cisl
E attorno al Sì della politica locale si ritrovarono anche gli operai della Fim Cisl. Ricorda quei giorni di suspance Giuseppe Terracciano, all’epoca segretario regionale dei metalmeccanici iscritti alla Cisl. “Quando tutti si scandalizzavano e si preoccupavano della sfida alla modernità lanciata da Sergio Marchionne e Rebaudengo, che si impegnavano sul mercato americano investendo non tanto capitali ma credibilità personale e del marchio, noi, come Fim di Napoli, insieme alle altre sigle firmatarie, raccoglievamo il guanto di sfida e ci lanciavamo in una contrattazione nella quale non siamo stati solo sterili spettatori, ma protagonisti con idee e proposte, anche accettando sacrifici per mantenere l’occupazione”.
Terracciano: “nei fatti abbiamo vinto la scommessa”
“Nei fatti abbiamo vinto la scommessa”, dice soddisfatto Terracciano: “Fiat ha fatto un grosso balzo in avanti in Italia e nell’intero mercato, facendo ripartire lo stabilimento di Pomigliano visto oggi come un modello tecnologico e organizzativo da prendere a riferimento grazie ai lavoratori che hanno cancellato la stereotipata immagine di Alfasud”. Poi ci fu la morte inaspettata di Sergio Marchionne e l’abbrivio di un nuovo piano strategico con Tavares a capo del gruppo Fiat, che negli anni subiva cambiamenti di proprietà e cambi di rotta strategici.
Stellantis, Federico Uliano: “Una situazione preoccupante negli stabilimenti, anche se…”
Fino ad oggi, in cui l’attuale Stellantis con John Elkann sulla tolda di comando, è ad un bivio. Il passaggio di mano è stato traumatizzante per i lavoratori. Dice il segretario nazionale della Fim Cisl, Ferdinando Uliano: “La situazione in generale di tutti gli stabilimenti del gruppo è preoccupante anche se Pomigliano, a vedere i dati, continua a essere l’unico stabilimento di assemblaggio auto che sviluppa più volumi e con meno perdite rispetto al dato del 2023: nei primi nove mesi del 2024 segna un -5,5%. Ma la preoccupazione in mezzo ai lavoratori è alta. Il sito grazie alla Panda anche quest’anno rispetto al 2023 cresce di un +17%; preoccupano invece le linee dell’Alfa Romeo Tonale e del Dodge Hornet che subiscono un calo del 45%, con una flessione in peggioramento rispetto a quella riscontrata nei primi tre mesi dell’anno. Ciò ha portato nel corso di quest’anno al ricorso, anche se saltuario, alla cassa integrazione con ricadute importanti anche sull’indotto. Per questo è sempre più urgente per il sito campano l’assegnazione di un nuovo modello popolare come la Panda che saturi le linee e l’occupazione”.
Aniello Guarino: “Marchionne e Tavares sono responsabili di cambiamenti epocali…”
Per il responsabile del settore auto Fim Cisl Napoli, Aniello Guarino, sia Marchionne che Tavares “sono stati entrambi responsabili di cambiamenti epocali del settore automotive, ma in due momenti seppur storici e senza precedenti uno diverso dall’altro, Marchionne è subentrato in una svolta con obbiettivi ben precisi, come Tavares, ma diversi allo stesso tempo”. “Nel 2010”, continua Guarino, “Marchionne si confrontò con tutte le parti senza rifiutare confronti per un piano di salvaguardia degli stabilimenti e di risanamento del gruppo investendo 800 milioni di euro, rivoluzionando il modello organizzativo facendo riacquistare autonomia commerciale ai vari marchi italiani. Diversamente con Tavares, (ricordo che dal 16 gennaio 2021 subentra Stellantis, nata dalla fusione di Fca e Psa), non è stato assegnato e poi prodotto nessun nuovo modello negli stabilimenti italiani, anzi i nostri marchi, “fiori all’occhiello da sempre”, sono stati assegnati in altri Paesi al di fuori dello stivale. Inoltre, dalla gestione Tavares negli stabilimenti italiani siè solo portato avanti l’efficienza a tutti i costi, cessioni di rami d’azienda e la vendita di pezzi di stabilimenti e in alcuni casi per interi”.
Secondo Uliano, Marchionne ha preso “un’azienda decotta”
Dice il segretario nazionale Uliano: “Marchionne ha preso un’azienda decotta che stava portando i libri in tribunale e l’ha rilanciata. Noi come Fim sostenemmo le scelte di Marchionne e sottoscrivemmo le intese, a partire da Pomigliano, che permisero il salvataggio, rilancio e l’occupazione. Tavares ed Elkann hanno preso in mano un’azienda in buona salute ma in un momento complicato come quello della transizione, che ha rimesso in discussione le regole del gioco e a cui nessun produttore europeo era preparato: si sono divisi gli utili delle trimestrali ma non hanno investito come invece fece Marchionne. Ora devono fare di più, per mettere in sicurezza impianti e occupazione”.
La ‘nuvola grigia’ su Pomigliano
In questi mesi sta tornando su Pomigliano una nuvola grigia a minacciare le speranze e le certezze degli operai e delle loro famiglie. Pendono sulla testa dei lavoratori ricorsi massicci alla cassa integrazione, probabili licenziamenti e sogni da realizzare infranti. Così come succede anche all’indotto, che assieme allo stabilimento di Pomigliano, sono il vessillo occupazionale più grande della Regione Campania.
Terracciano e il pericolo che Stellantis lasci l’Italia
Terracciano, ora in pensione, guarda da lontano le criticità ma ha un sentore forte: “C’è il pericolo che Stellantis possa lasciare l’Italia: hanno ragione chi sostiene che l’auto in Italia scompare con l’uscita di Sergio Marchionne. Se non è così, dove sono i progetti industriali di rilancio del settore auto? In un quadro di nuove alleanze mondiali? Guarino vive da dentro i timori dei suoi amici lavoratori di Stellantis Pomigliano: “Le lavoratrici e i lavoratori, dalla fusione di Fca e Psa, stanno vivendo in un clima di forte
incertezza per il proprio futuro, perché nessun nuovo modello è stato assegnato e prodotto negli stabilimenti italiani, tranne il Tonale e Hornet che facevano parte del piano industriale Fca. Dalle dichiarazioni dell’AD Carlos Tavares, in audizione al Parlamento, l’incertezza per i lavoratori è aumentata al tal punto di aderire in massa alle uscite incentivate che scadono per accordo il prossimo dicembre facendo esaurire tutte le 360 quote assegnate allo stabilimento, e allo stesso tempo mettendosi alla ricerca di
un’alternativa lavorativa seppur poche sul nostro territorio”, dice preoccupato.
La preoccupazione di Uliano e ‘l’invito’ del Parlamento a John Elkann
Per Uliano “la preoccupazione è che all’uscita di produzione della Panda e della nuova Pandina, che resteranno in linea fino al 2029 senza essere sostituite da modelli di largo consumo, si rischi il ridimensionamento del sito: una prospettiva che non possiamo assolutamente permetterci. Per questo motivo stiamo chiedendo l’assegnazione della piattaforma small in Italia”. Intanto, qualche giorno fa, Jonh Elkann, invitato dal Parlamento a riferire sullo stato dell’arte della Stellantis, si è rifiutato. “Un gesto gravissimo”, sottolinea Guarino “irrispettoso non solo nei confronti di migliaia di lavoratrici e di lavoratori alle sue dipendenze, ma anche verso il Paese intero non accettare l’invito in Parlamento sulla crisi dell’automotive e sugli investimenti di Stellantis. Ancor più grave è stato giustificarsi attraverso una lettera inviata al presidente della commissione Attività Produttive di Montecitorio, che il suo rifiuto è legato al fatto che non ci sarebbero stati aggiornamenti rispetto all’audizione dell’ad Carlos Tavares dell’11 ottobre e quindi dichiarando di non avere nulla da aggiungere rispetto a quanto già illustrato dall’amministratore delegato. Siamo convinti che il presidente aveva l’obbligo di presentarsi ed essere garante di un piano industriale serio e certo nel rispetto e a tutela di tutte le maestranze del gruppo e del paese Italia, anche perché lo Stato italiano ha supportato l’azienda per decenni e non con pochi spiccioli”.
Uliano: “Elkann doveva andare in Parlamento”
Dice il segretario Uliano: “Elkann, come invece ha fatto Tavares alla richiesta di essere audito in Parlamento, doveva andare, quantomeno per rispetto del Paese che tanto ha dato all’azienda Fiat. Ma, polemiche a parte, da Elkann come presidente di Stellantis ci aspettiamo una maggior attenzione e responsabilità verso tutti gli stabilimenti e le società del nostro Paese, a partire anche dalla decisione di vendita di importanti aziende del gruppo come Comau. Certo, che a fronte di ciò il governo risponda tagliando il fondo per l’automotive dirottando 4.5 mld agli armamenti, siamo all’assurdo. Il fondo automotive va ripristinato e potenziato. Il settore sta vivendo una crisi profonda dovuta a scelte politiche;ora la politica e le aziende devono collaborare per risolverle e non scaricarle sui lavoratori”.
La paura dei lavoratori di Pomigliano è la perdita del lavoro
Avanza nelle case dei lavoratori di Pomigliano lo spauracchio di un futuro incerto per se e per i propri cari. Guarino, che è a contatto con loro tutti i giorni racconta che “la paura più grande per i lavoratori del plant di Pomigliano, avendo un’età media di circa 45 anni, di trovarsi in età più avanzata senza lavoro e quindi perdere anche la possibilità di ricercarlo altrove. Il nostro territorio non offre molte alternative lavorative e quindi si rischia solo di regalare manodopera all’illegalità dopo numerosi anni di sacrifici e di professionalità acquisite prima in Fiat e oggi Stellantis. Purtroppo, è agli occhi di tutti il disimpegno e il disinteressamento totale nel nostro paese che impatta drasticamente anche sull’intera filiera. Ci sono uomini e donne in questi giorni in preda al panico perché non solo vivono con la paura della perdita del posto di lavoro ma anche perché a fine mese si vedono lo stipendio decurtato, per effetto di numerose fermate produttive, con la copertura della cassa integrazione causate da un forte calo di richieste di mercato”.
Uliano: “Landini non vide chiaro all’epoca di Marchionne”
Ma su questa vicenda le tre sigle sindacali più importanti sono compatte? Ad esempio, convince la posizione di Landini e della CGIL?
“A noi convince la nostra posizione”, risponde il segretario Uliano. “Landini già all’epoca di Marchionne non vide chiaro e, se non fosse stato per noi, l’allora Fca avrebbe già chiuso da anni. Oggi è necessario un piano industriale serio che sostenga a livello europeo la transizione del settore. È inutile, dopo che le aziende hanno investito miliardi di euro, chiedere di fare marcia indietro sull’elettrico, forse sarebbe utile parlare di neutralità tecnologica sul fronte della transizione green della mobilità, ma poco cambia. Piuttosto quello che servirebbe è la modifica del regolamento (UE) 2019/631 per quanto riguarda il rafforzamento dei livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi per evitare il completo collasso delle aziende europee. Conseguentemente sono indispensabili politiche industriali che mirino non solo a finanziare l’acquisto delle auto ecologiche, ma finanzino la riconversione dell’intera filiera dell’auto investendo anche sulla formazione di nuove competenze e robusti ammortizzatori per gestire la fase di riconversione”.
Guarino: “Servirà il lume della politica”
Serve la mano ferma della politica a questo punto che intervenga per scongiurare il collasso dell’automotive italiano da sempre fiore all’occhiello mondiale. “Siamo convinti -dice Aniello Guarino – che servirà il lume della politica: le istituzioni e la politica tutta devono comprendere la necessità di una messa a disposizione del settore automotive, non serve gridare alle orecchie dell’imprenditore per giustificare le proprie mancanze, serve invece la più forte azione diplomatica messa in campo dal governo italiano per
salvaguardare l’intero settore italiano”. “C’è bisogno – secondo Guarino – che incalzi Stellantis e gli imprenditori affinché si crei un accordo di programma che salvaguardi il 4% del PIL italiano e il 14% in Campania e accompagni la transizione all’elettrico”. Su questo i sindacati sono compatti: “Pomigliano non si tocca”. Al termine della “notte”, Stellantis Pomigliano potrà essere ancora il faro dell’industria delle auto di tutto il Mezzogiorno.