Ue, i socialisti gettano la maschera. Meloni: “Per la sinistra Fitto non merita la vicepresidenza”
Dopo una vigilia di veti incrociati, giochi di prestigio e messaggi cifrati i Socialisti europei gettano la maschera sulle nomine Ue e la designazione di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione Ue. Parola d’ordine: depotenziare il ruolo del ministro italiano a “semplice” commissario per non sbilanciare troppo a destra la Commissione Ue. Oggi la richiesta esplicita, già nell’aria da ieri, alla presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen, con un aut aut che sa di ricatto. Se Ursula non cambia idea potrebbe saltare la maggioranza di Bruxelles, hanno fatto capire i vertici dei socialisti europei. Con buona pace del Pd che, invece di smarcarsi, insiste con il muro contro la deriva troppo a droite della futura commissione. Tutto all’insegna della anti-italianità pur di boicottare il governo di Roma. Lo stallo a Burxelles prosegue: l’incontro tra Ursula von der Leyen e i leader dei Popolari Manfred Weber, dei Socialisti Iratxe García Pérez e dei Liberali Valérie Hayer si è risolto in un nulla di fatto.
Ue, Meloni: ecco la sinistra, a Fitto va tolta la vicepresidenza
Nel primo pomeriggio è la premier Giorgia Meloni a fotografare su X lo scandaloso impasse. “Signore e signori, ecco a voi la posizione del gruppo dei socialisti europei, nel quale la delegazione più numerosa è quella del Pd di Elly Schlein. A Raffaele Fitto, commissario italiano, va tolta la vicepresidenza della Commissione che la Presidente von der Leyen ha deciso di affidare. L’Italia, secondo loro, non merita di avere una vicepresidenza della Commissione. Questi sono i vostri rappresentanti di sinistra”. Così Meloni, al termine di una giornata densa di impegni, mette nero su bianco le assurde richieste della sinistra europea, con il tacito accordo del Nazareno. Richiesta che sanno di ricatto.
I socialisti gettano la maschera con von der Leyuen
“Il problema non è la funzione di commissario ma di vicepresidente”. Parola dell”europarlamentare dem Brando Benifei per il quale chiedere alla presidente della commissione Ue di ritirare a Fitto il ruolo di vicepresidente è la soluzione più corretta. “Non possiamo accettare di mettere nel cuore dell’amministrazione europea chi rappresenta un partito contro lo Stato di diritto, contro l’ambiente, contro l’integrazione europea. Poi ascolteremo le proposte della presidente della Commissione. Per i socialisti, però, non c’è alcuna ragione politica di premiare l’Ecr se non coprirsi le spalle a destra”. E per tutto il pomeriggio si rincorre la stessa tesi. Il disegno è chiaro: cavalcare la crociata contro Fitto per colpire il governo di Roma. E ventilare la possibilità di far mancare i voti necessari alla commissione. In una nota l’S&D ha accusato Weber di “comportamento irresponsabile”. E di avere “rotto lo storico accordo democratico e pro-europeo tra i gruppi conservatori, socialdemocratici e liberali”. In casa socialista la confusione regna sovrana. Divisi tra falchi e colombe i socialisti stanno considerando di non votare in plenaria il nuovo collegio, facendo venire meno la maggioranza europeista che ha sostenuto in luglio la riconferma di von der Leyen. Siamo al ricatto: o Fitto o noi.
Glucksnann: quando c’è una linea rossa, c’è una linea rossa
“Quando diciamo c’è una linea rossa, c’è una linea rossa. Vuol dire molto semplicemente non c’è una coalizione a luglio e una in seguito con l’estrema destra a novembre”. Così il capo delegazione francese dei socialisti, Raphael Glucksmann, al termine della riunione del gruppo. Alla domanda se valga anche per la vicepresidenza di Raffaele Fitto, ha risposto “proprio di questo parlo”. E se Von der Leyen risponde no? “Continueremo a discutere nel gruppo su come reagire. Ma avvertiamo la presidenza della Commissione che sarebbe una scelta molto rischiosa per il futuro della istituzioni europee. Se i gruppi sono maltrattati, lei rischia di perdere molti voti in aula quando si darà la fiducia all’intero collegio. Noi siamo convocati in forma permanente proprio per prendere queste decisioni. A Palazzo Berlaymont lo sanno”.