Umanesimo 4.0: cosa ci sta apparecchiando la modernità? Oltre l’intelligenza artificiale

3 Nov 2024 6:30 - di Felice Massimo De Falco

“Non è l’intelligenza artificiale che avanza, ma l’altra che retrocede”. Sarà la nostalgia inconscia del non vissuto, sarà che la modernità ti trascina inesorabilmente e ci devi stare dentro per preservare uno status quo. Poi guardi alcuni scatti in bianco e nero, e ti sovviene una gran voglia di passato, dove la spensieratezza era il motore della società: ci si divertiva con poco tra le ristrettezze e si aveva gran fame di arrivare oltre qualcosa che prima poi sarebbe arrivato.

Umanesimo 4.0: la noia, il consumo e l’educazione

Abbiamo tutto e non sappiamo che farcene. Soldi, sesso facile, tecnologia, persino l’intelligenza artificiale e fra poco vivremo su Marte. Appaltiamo il tempo libero dei nostri figli a dispositivi elettronici che sfornano a ripetizione contenuti privi di educazione e dei quali diventano ossessivi custodi. Abbiamo sospeso il ruolo di genitori che riempiono di significati-simbolo la vita dei nostri bambini. I laboratori e le librerie per bambini sono semivuote. Dicono: “ Nasce così quello che è stato definito Umanesimo 4.0, una corrente sociologica che si propone di mettere al centro l’uomo con i suoi doveri, i suoi talenti e i suoi bisogni dove la tecnologia va intesa soprattutto come evoluzione/rivoluzione digitale al servizio di un miglioramento della vita, non una sostituzione.

Umanesimo 4.0: il tramonto dell’empatia

Non si intuisce bene cosa voglia dire. Si parla di Umanità 4.0, (Confindustria spinge in tal senso) come di un trailer in cui viene disvelata la robotizzazione di massa, in cui l’uomo avrà sempre meno voglia di sentirsi parte della società, avulso dalle sue primordiali intuizioni, in balìa di una digitalizzazione delle emozioni. L’empatia tramonta al posto del talento che viene randomizzato. Si mette in naftalina la coscienza di esser utili. Di recente si è parlato di un boom di dimissioni volontarie da parte di giovani neo-assunti in mansioni impiegatizie, specie in aziende del Nord.

Umanità senza uomini

Le occasioni e le offerte di lavoro con migliori condizioni economiche non mancano, grazie alla ripresa del mercato. Si cercano posti di lavoro maggiormente soddisfacenti da un punto di vista umano e in grado di garantire più equilibrio tra vita privata e lavoro. I settori che maggiormente rimangono scoperti sono Informatico e Digitale (32%), Produzione (28%) e Marketing e Commerciale (27%). Ne consegue un Umanesimo vissuto senza coscienza civile, in cui l’uomo dismette i panni del fautore del suo destino. Fa tutto la tecnica, compreso indirizzare l’interiorità dell’anima dell’uomo. Un Umanesimo senza uomini.

Umanesimo 4.0 e la politica dimezzata

Di conseguenza, avremo sempre più una classe politica dimezzata e supplita dalla grande economy. Beppe Grillo, approfittando del “trono vuoto” lasciatogli dalla Politica, è stato il grimaldello dei mediocri, la negazione delle competenze che ha dato la stura all’autodeterminazione della deficienza. Col risultato disastroso di una società spezzata dalla disillusione e dalla disperazione. Già c’è stata un imponente sperimentazione di socialità digitale: ha partorito “una legione di imbecilli” e non ci sarà welfare virtuoso a mettere una pezza quando il sistema sociale cederà alle vertigini della tecnica.

Il nuovo mondo e le conseguenze per l’anima

La Cina, ci indica la sua nuova via della seta e punta ai Pianeti, facendoci credere che potremmo fra 100 trasmigrare lì. Il mondo deve andare avanti, siamo d’accordo. Ma con quali conseguenze per l’anima? Con quale base culturale a sostegno? Senza luomo con la sua identità e la consapevolezza delle proprie origini non si va lontani. Il Papa emerito Benedetto XVI e il respinto discorso di Ratisbona (l’illuminata ma protezionista Francia si scandalizzò) in cui sottolineava come il cristianesimo fosse la nostra radice ineluttabile è stato sterilizzato dallideologia woke. Ma senza un substrato etico comune, ci si perderebbe in mille rivoli di illusioni. Se oscuriamo la via da dove veniamo, oscuriamo noi stessi, la credibilità di diventare uomini capaci non solo di produrre ma di “sentire”. Non è pessimismo, è timore.

Il rischio del modernismo e l’informazione

Non sarà difficile cadere sotto la scure di questo modernismo meccanizzato. Servirà una visione alternativa che metta al centro l’Uomo. Servirà la Politica, quella che si riappropria del suo significato autentico e detta le regole della società. Oggi, tra le variabili che regolano il mondo, la politica è agli ultimi posti. È facile superarla anche con un riff dei Maneskin. Una loro estrosa mise vale più di discorso di un autorevole politico. E su questo pecca anche l’informazione che va a caccia di numeri e non di contenuti educativi. Senza una politica che accompagni per mano la modernità facendo “star bene tutti”, sarà incendio dell’etica.

Come sarà la futura classe dirigente?

Ma come allevare una classe dirigente capace? Con un passo indietro: riaprire le sezioni di partito, creare attrazione per la Politica per i più giovani, metterli a contatto col società reale e lanciare i più meritevoli. C’erano le Frattocchie, la Camilluccia, la Gioventù almirantiana: da lì fiorivano i migliori talenti che hanno guidato l’Italia nelle fasi più critiche. Forse bisognerebbe fare un bagno nel passato: è la via per il futuro.

 Nuovo Umanesimo 4.0: la riflessione e la disillusione

Umberto Galimberti diceva: “Della disillusione siamo responsabili noi adulti, che, aderendo incondizionatamente al “sano realismo” del pensiero unico incapace di volare una spanna oltre il business, il profitto e l’interesse individuale, abbiamo abbandonato ogni vincolo di solidarietà, ogni pietà per chi sta peggio di noi, ogni legame affettivo che fuoriesca dallo stretto ambito familiare. Inoltre abbiamo inaugurato una visione del mondo che guarda alla terra e ai suoi abitanti solo nell’ottica del mercato”. Finis mundi. “La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà. La scienza ci ha trasformato in cinici, l’avidità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità. Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità, la vita è violenza e tutto è perduto”, affermò un tempo Charlie Chaplin.

 

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