Atreju, scintille tra Nordio e Santalucia. Il ministro: “Il referendum? Un bene che parli il popolo”

14 Dic 2024 13:44 - di Annamaria Gravino
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“Una volta magistrato si resta magistrato per sempre”. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, lo ha detto nel corso del dibattito sulla giustizia ad Atreju, la festa di FdI in corso al Circo Massimo a Roma, al quale ha partecipato tra gli altri il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia. È un concetto che il Guardasigilli ha espresso più volte, per sottolineare che quella parte della sua vita professionale non è alle spalle, ma ancora profondamente radicata in lui. “Se avessi 50 anni di meno – ha ammesso Nordio – tornerei a fare il magistrato”. Una premessa necessaria per arrivare al punto della questione: “Figurarsi se voglio riforma punitiva. Suona non dico offensivo, ma bizzarro pensare che la riforma costituzionale con la separazione delle carriere sia punitiva”, ha detto Nordio, chiarendo poi di non aspettarsi la maggioranza necessaria per far passare la riforma e di augurarsi il referendum perché su un tema così importante è bene che “sia il popolo a esprimersi”.

Il faccia a faccia tra Nordio e Santalucia ad Atreju

Non si è trattato di una excusatio non petita, ma di una risposta puntuale all’accusa mossa da Santalucia, che più volte sul tema si è scontrato a distanza col ministro e che, in apertura del suo intervento, si è detto “felice di essere qui a dibattere, spero che qualche equivoco possa essere risparmiato dall’incontro diretto con il ministro”.

Le accuse del presidente dell’Anm per difendere lo status quo

In realtà, in questo senso il confronto è servito a poco. Le posizioni sono rimaste distantissime: Nordio, citando Kant, ha ribadito la ragion pratica che sta dietro alla necessità della riforma, l’impegno assunto con gli elettori, e la ragion pura, la necessità di portare a compimento la riforma che era stata impostata dall'”eroe della resistenza” Giovanni Vassallo; Santalucia ha ribadito il no alla separazione delle carriere e a ciò che porta con sé, dal doppio Csm eletto per sorteggio all’Alta corte disciplinare. Il presidente dell’Anm, accusando il governo di voler indebolire la magistratura e gettare le basi per “l’asservimento del pm al potere esecutivo”, ha insomma apertamente difeso lo status quo, avvertendo che “quando si altera un equilibrio si va incontro a rischi”.

“La via italiana per una giustizia giusta, più efficiente e più efficace”

Fin qui, tutto già visto, anche i toni tutto sommato pacati a dispetto delle contrapposizioni. Poi è arrivato Alessandro Sallusti a scaldare gli animi del confronto su “La via italiana per una giustizia giusta, più efficiente e più efficace”, al quale hanno partecipato anche il professore di diritto costituzionale Mario Esposito e il magistrato Valerio Gioia, moderati dal direttore dell’Adnkronos Davide Desario e introdotti dal senatore di FdI e presidente della Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama Alberto Balboni.

Sallusti presenta il conto a Santalucia e infiamma la platea

Il direttore del Giornale, richiamandosi evidentemente al tema dell’incontro, ha posto l’accento sull’inefficienza della giustizia; ha chiamato in causa gli errori dei magistrati, che restano quasi sempre impuniti e che comunque non hanno impatto sulla carriera; ha sottolineato che la giustizia così com’è non funziona e che non si può pensare che a riformarla sia, come pure vorrebbe, la stessa magistratura (“Non si fa risanare un’azienda al Cda che l’ha portata in rovina”, ha detto); ha ricordato il no dell’Anm all’istituzione della Giornata per le vittime della giustizia da intitolare a Tortora, che rappresenta l’incapacità del corpo di ammettere i propri errori; ha citato Falcone, dicendo che “prima di essere ucciso dalla mafia è stato ucciso dal Csm e dalla sinistra”, sebbene fosse “essenzialmente comunista”. Ciascuno di questi passaggi è stato accolto dalla platea con ovazioni e una standing ovation tributata a Falcone.

La perdita di credibilità della magistratura

E a quel punto le cose per Santalucia si sono iniziate a fare scivolose, i toni si sono alzati e la posizione difensiva s’è fatta accusa: non si può usare il nome di Falcone per dividere, l’azione disciplinare dipende dal ministro, i soldi non ci sono, è stata in sintesi la sua replica. Nordio ha ribattuto punto su punto, “frigido pacatoque animo”, ammettendo che i fondi sono pochi, ma ricordando come la magistratura spesso indugi in processi show lunghissimi e che poi non portano a nulla, come i casi Moro e Stato Mafia; ha sottolineato che “il 95% delle azioni disciplinati nei confronti dei magistrati finisce in nulla”; ha avvertito che casi come quelli citati da Sallusti, di Davigo, che è ormai “tecnicamente parlando, secondo le sue stesse parole che ha usato nei confronti di Craxi, un pregiudicato”, e di “De Pasquale e di altri colleghi ancora sotto processo” non restituiscono “una bella immagine della magistratura”. “Lo dico con dolore: noi magistrati oggi abbiamo i 2/3 degli italiani che non si fidano di noi. La credibilità della magistratura è scesa sotto il 35%. Quando sono entrato in magistratura e conducevo le indagini sulle Br la nostra credibilità era superiore a quella della Chiesa cattolica. Ci sarà una ragione per la quale oggi i cittadini in noi non credono più”, ha ricordato, ricevendo l’ennesimo applauso.

Nordio: “Auspico il referendum: è giusto che l’ultima parola sia del popolo”

Poi la domanda conclusiva di Desario sulla eventualità del referendum. Per Nordio non c’è la possibilità che la riforma passi senza, ma il fatto che sia il popolo a esprimersi è positivo. “Io lo auspico perché  – ha spiegato Nordio – è un argomento così delicato che l’ultima parola dovrebbe essere attribuita al popolo”. “Certo delle conseguenze ci sarebbero, però attenzione non vorrei che un domani un referendum di questo tipo fosse, come avvenuto in altri casi, personalizzato: governo sì, governo no. Questo non sarà né contro la magistratura né contro il governo, si tratta di vedere se noi vogliamo un assetto costituzionale che sia in linea con quello che è l’ordinamento generale degli stati democratici e liberali”.

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