Barnier destinato a cadere: “Assente dalla politica francese per troppo tempo”, voci di palazzo
La politica francese sembra consumarsi con la stessa rapidità con cui i primi ministri di Emmanuel Macron scivolano fuori scena. La parabola discendente di Michel Barnier, in carica da soli due mesi e 29 giorni, potrebbe essere l’epilogo più veloce nella recente cronologia del potere a Matignon. Un record che non è motivo di vanto ma l’ennesima conferma di una crisi politica senza precedenti, aggravata da un popolo francese che, ormai, non crede più a nulla.
L’emittente Bfmtv, tracciando l’elenco dei premier macroniani, evidenzia una tendenza preoccupante: durate sempre più brevi, governi sempre più deboli. Da Edouard Philippe a Gabriel Attal, passando per Jean Castex ed Elisabeth Borne, l’inquilino di turno di Matignon sembra destinato a resistere sempre meno. Se Barnier cadrà – come i numeri lasciano supporre – il suo sarà un mandato effimero, concluso nell’indifferenza dei francesi che, secondo gli ultimi sondaggi, si sentono sempre più traditi.
L’incognita Le Pen: strategia audace o azzardo calcolato?
Eppure, all’Eliseo, pochi avrebbero scommesso su un gesto così deciso da parte del Rassemblement National. Marine Le Pen, che è ormai senza dubbio la Destra per eccellenza in Francia, ha deciso di spingersi fino alla mozione di censura, sorprendendo amici e nemici. «Razionalmente, il Rn non ha alcun interesse a provocare una crisi politica», dichiarava solo pochi giorni fa un collaboratore di Macron. «Non vogliono essere considerati gli artefici del disordine», diceva appena una settimana fa un altro ministro, secondo le indiscrezioni di Le Figaro. Eppure, un politico non può mai apparire prevedibile: deve essere sempre un passo avanti a suoi avversari, soprattutto quando il malcontento popolare tocca l’82%. I macroniani non sembrano ancora averlo imparato.
Marine, percependo l’insofferenza dei francesi, ha scelto di rappresentarli ancora una volta scegliendo di presentare una mozione di sfiducia e sostenere anche quella della sinistra radicale. Una scelta che, almeno per ora, le sta garantendo il consenso di una parte crescente dell’elettorato, stanco di un primo ministro descritto come «intransigente e incapace di adattarsi».
Barnier, il negoziatore smarrito
Il ritratto che emerge di Michel Barnier è quello di un leader incapace di calarsi nei panni del mediatore. L’uomo che aveva guadagnato fama come artefice dei negoziati sulla Brexit si è rivelato sorprendentemente inadatto a gestire il caos politico interno. «Sembra fuori tempo massimo», ha dichiarato un deputato. «Come se fosse rimasto troppo a lungo lontano dalla politica francese».
La sua strategia, basata su una rigidità che in Europa poteva funzionare, ha lasciato increduli persino i suoi stessi alleati. Un ministro, sotto anonimato, ha confidato: «Non trovi che sia completamente fuori strada?». E all’Eliseo il distacco nei confronti del governo Barnier è palese: «Questo è il bilancio Barnier, non il nostro bilancio», avrebbe detto il segretario generale dell’Eliseo durante una riunione di gabinetto.
Bardella: «Basta paura, c’è un percorso possibile»
Se Michel Barnier sembra destinato alla capitolazione, il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, rilancia: «Smettiamola con la strategia della paura. Non sarà il caos per la caduta di un governo del quale nessuno sa citare i nomi di più di tre ministri!». La provocazione, affidata a un post su X, rispecchia il clima che si respira nel paese: sfiducia totale verso un esecutivo che, secondo i critici, non ha mai davvero governato.
Bardella guarda già al dopo-Barnier: «Esiste una via, un percorso possibile. Ma bisogna mettere tutti i gruppi attorno a un tavolo e rispettare le opinioni di ciascuno».