D’Agostino spiega perché Dagospia è contro il governo: “Va contro i poteri forti e non scende a compromessi”

20 Dic 2024 13:52 - di Carlo Marini

Roberto D’Agostino, in una lunga intervista a The Post Internazionale, sferra l’ennesimo violento attacco contro il governo Meloni. Non è una novità che il giornalista fondatore del sito Dagospia sia ferocemente contro l’esecutivo di centrodestra, ma le motivazioni vanno lette con attenzione. Perché, al di là degli appellativi coloriti che D’Agostino riserva agli esponenti del governo, in particolare a quelli di Fratelli d’Italia, quelle accuse suonano invece come complimenti.

Sollecitato dal giornalista Giulio Gambino, D’Agostino spiega perché a lui il governo Meloni non piace proprio. La premessa è piuttosto scontata. E parte dai tempi di Berlusconi: “Una volta quando era presidente del Consiglio, gli chiesi del capo dei Servizi Segreti. Lui neanche si ricordava il nome. Disse: L’unica carica di cui mi interesso è quella del comandante della Guardia di Finanza. Il motivo lo possiamo immaginare no?”, ironizza l’ex opinionista di Quelli della notte.

Oggi, invece, per D’Agostino il problema è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari: “Lui ha un’idea muscolare del potere, una idea che a Roma è impossibile da attuare”. E perché? Secondo D’Agostino, che cita Giulio Andreotti come modello: “Il nemico non si combatte, lo si seduce o lo si compra”. A Roma l’idea di un uomo solo al comando non regge se non ha rapporti con il mondo degli apparati, sei destinato alla sconfitta. Ti sei mai chiesto – prosegue il padre padrone di Dagospia – perché a Roma ci sono oltre venti circoli nautici, sono tutti canottieri?”. La spiegazione è presto detta: “Ogni circolo è una loggia. Il Circolo della caccia è quello degli aristocratici, il Circolo degli Scacchi è quello della borghesia. Sono logge in cui c’è una sorta di stanza di compensazione: tu hai bisogno di me, io avrò bisogno di te”.

Insomma, la colpa del governo Meloni, in particolare di Giambattista Fazzolari, secondo D’Agostino è di non essere al centro di queste dinamiche di potere: nessun aggancio con il deep state e gli apparati (tradotti in italiano: poteri forti) né tantomeno scambi di favore con le “logge” che usano criteri para-massonici o, per dirla con il termine coniato da Fulvio Abbate, non usano criteri dell’amichettismo. Viva la franchezza di Roberto D’Agostino, che nell’intervista si definisce “stronzo”, ma “libero. Come quando evidenzia con un messaggio che suona come un inquietante avvertimento: “Il problema è che se tu ti metti contro un potere, anziché allearti con esso, si crea una situazione per cui tu sarai anche al volante della macchina del potere ma il motore è nelle manine degli apparati. E se loro mettono l’acqua nel motore questo si ingolfa”.

D’Agostino vorrebbe che Meloni fosse come Andreotti

Detto ciò, D’Agostino aggiunge pure che “nessun governo nell’Italia repubblicana ha mai avuto un consenso pari al loro anche in termini mediatici”. Eppure, dice il 76enne giornalista romano, “i fratellini d’Italia continuano a fare le vittime di persecuzioni quasi fossero sotto assedio, vedi anche le continue polemiche contro le toghe rosse”.

E qui l’intervistato si perde per strada: da una parte riconosce che il governo si è messo contro gli “apparati” e il “deep state”, dall’altra sostiene che fanno male a vedere persecuzioni e a sentirsi “sotto assedio”. Anzi, l’intervista finisce con lo stesso fondatore di Dagospia a fare la vittima. Ed è proprio lui a fare il piagnisteo postsessantottino: “Sono reattivo a qualsiasi autoritarismo destrorso attualmente in auge: “Con noi o contro di noi”.

Manca solo una canzone degli Intillimani come colonna sonora e il ritratto del partigiano D’Agostino è completo. A corredo abbiamo cercato una foto di D’Agostino con il pugno chiuso in piazza il 25 aprile: ricerca vana. I lettori dovranno accontentarsi di una foto di una prima alla Scala di Milano.

 

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